#StateSereni – Bollettino di guerra n. 8 – Porta S.Anna: una storia assai tribolata – Prima Parte 

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Un vero e proprio paradosso salta subito agli occhi se  guardiamo al parapetto delle Mura che è crollato. Il paradosso è questo: il tratto di Mura che comprende Porta S. Anna si distingue dal resto della cerchia urbana per il fatto di essere stato realizzato poco più di 100 anni fa.

In  altre parole il parapetto che è crollato è di circa 400 anni più giovane della possente cinta muraria che avvolge e protegge Lucca. 

Insomma per effetto della poca e benedetta pioggia di questi giorni non hanno ceduto le Mura vecchie di secoli, ma è crollato  il manufatto che è stato l’ultimo a essere costruito

Per trarne una lezione: onore ai governanti, ai tecnici ed alle maestranze dell’Antica Repubblica che, impegnando ingenti risorse con visione lungimiranti dotarono Lucca di una potente struttura difensiva dalla quale dipendeva tanta della sua libertà. 

Per dirla subito e per confutare uno dei tanti ritornelli che escono dalle bocca dei lucchesi – Le Mura non servirono a niente perché nessuno venne a minacciare la città – è appena il caso di sottolineare che fu proprio la presenza di un così possente sistema fortificato che agì da assicurazione preventiva per la sicurezza di Lucca dissuadendo i potenziali nemici dal muovere guerra alla città con la considerazione che più poteva influire sulle loro decisioni: assalire e assediare una città difesa da mura come quelle di Lucca comportava un così alto costo di mezzi e di uomini che non valeva la pena di affrontarlo. Per secoli è andata così. Se la “picciola Repubblica”, minacciata dalla preponderante potenza fiorentina che la circondava, per secoli ha potuto salvaguardare la sua indipendenza, destreggiandosi fra Papi e Imperatori, in buona parte, lo deve a quella immensa muraglia che le procurò il titolo, coniato da Gabriele D’Annunzio, di “città dell’arborato cerchio”.

Per secoli, dunque, fino a quando la minaccia fiorentina grava su Lucca le Mura vennero considerate dai governanti come una struttura militare che abbisognava di rigide regole e impegnava centinaia di uomini per il suo controllo: di giorno e ancor più di notte. Quando la paura del buio aumentava la sensazione di pericolo. 

Questa condizione, che aveva plasmato il vissuto quotidiano di generazioni di lucchesi, mutò drasticamente quando la sorella di Napoleone, Elisa, fu incaricata dal fratello di governare Lucca. Dal momento che Lucca e Firenze, entrambe inserite nel sistema napoleonico, non avevano più motivi di rivalità, non c’era ragione per perpetuare la militarizzazione delle Mura. Per lo stesso ordine di motivazioni, sempre dietro impulso della principessa Elisa, venne progettata l’apertura di una nuova porta, sul lato Est delle mura dalla quale si dipartiva la strada che, inoltrandosi per la Valdinievole, raggiungeva il confine con lo Stato fiorentino. 

Dopo secoli era quello dell’apertura di Porta Elisa, come venne chiamata in onore della sovrana, il primo intervento che modificava l’impianto originario delle Mura. 

Per vederne un altro bisognerà aspettare più di un secolo e saltare a piè pari nel Novecento, quando veniva progettata l’apertura di Porta S.Anna. 

Intanto erano avvenuti cambiamenti epocali che  avevano riguardato direttamente anche le Mura di Lucca. Con la formazione del regno d’Italia, come tutte le proprietà degli antichi stati ormai spodestati, le Mura di Lucca venivano indemaniate ed entravano a far parte del patrimonio del nuovo Stato unitario. Che, essendo a corto di fondi, e dovendo sostenere le ingenti spese per  realizzare un adeguata sistema di infrastrutture, per iniziativa del ministro delle Finanze Quintino Sella mise in vendita l’immenso patrimonio immobiliare ereditato dai passati regimi. 

Iniziava con quella decisione un periodo assai tormentato per le Mura di Lucca che già nell’aprile del 1862 con la denominazione di “Piazza Forte di Lucca” entravano nel decreto emanato da Vittorio Emanuele II che  forniva l’elenco delle fortezze che cessavano di essere considerate strutture militari. Il passo successivo, di pochi mesi più tardi, era il disegno di legge, a firma del ministro Sella, che fissava le procedure per “l’alienazione dei beni rurali ed urbani posseduti dallo Stato non destinati ad uso pubblico”.

L’operazione commerciale era affidata alla “Società Anonima di Torino” che, allettata  dalla prospettiva di pingui incassi e pingui provvigioni, si buttava  a capofitto nell’impresa. Le cifre parlano chiaro e ci lasciano intendere il ritmo vorticoso con il quale si muoveva la  società piemontese. Iniziata nel 1865 l’alienazione dei beni immobili dello Stato non conosceva  soste e già nel 1895 si potevano contare per avvenuti ben 25.000 cambiamenti proprietà: case, terreni, boschi, caserme passavano dallo Stato ai nuovi proprietari. Questi per lo più erano privati cittadini, che intendevano impinguare i già  consistenti patrimoni e disponendo della liquidità necessaria per far fronte alle spese si accaparravano i pezzi migliori.

Tra le pubbliche istituzioni che entravano in possesso dei beni dismessi figurava anche il Comune di Lucca. Era divenuto proprietario delle Mura per effetto della legge del 19 giugno 1870 che recepiva il contratto di vendita. Quella legge poneva la parola fine ad una trattativa che era in iniziata quasi dieci anni prima. Precisamente nel maggio del 1862 quando il Consiglio Comunale di Lucca aveva manifestato, la volontà di acquistare la “piazzaforte”. Quella prima delibera era adottata con il consenso di tutti i consiglieri, ma questa unanimità  vacillava quando un anno più tardi il Consiglio veniva informato del prezzi fissato dal Ministero delle Finanze: 107.000 lire alle quali andava aggiunta una maggiorazione del 5 per cento, rivendicata dalla Società Anonima di Torino per aver evitato l’asta pubblica in favore della trattativa privata. 

Anche di fronte alla prospettiva di un salasso per le casse comunali i consiglieri, dopo aver a lungo dibattuto la questione, ritrovavano l’unanimità e il 24 novembre del 1865 approvavano la proposta di acquisto di mura, spalti e fabbriche annesse che formavano il complesso del sistema fortificato. È molto interessante rileggere i verbali consiliari perché ci fanno conoscere dal vivo delle loro stesse parole le opinioni addotte dai consiglieri per decidere quell’oneroso acquisto. Sostanzialmente erano di due scuole di pensiero: gli estetici e i materialisti: per i primi, rappresentati dal consigliere Gianni, l’acquisto era giustificato “per non far perdere a questa città il beneficio di possedere uno dei più bei passeggi d’Europa”. I secondi badavano al sodo e decantavano  la possibilità di lauti guadagni con la vendita dei terreni che circondavano le Mura. Della sorte del commercio cittadino si preoccupava il consigliere Scatena che, prendendo lo spunto da quanto accadeva a Pistoia, dove i privati avevano acquistato le mura. Come primo effetto di questa privatizzazione che aveva eliminato il sistema dei controlli si era verificato un vasto afflusso di merci che dalla campagna entravano in città senza pagare il dazio. Con le mura in mano al Comune, era questa l’opinione del consigliere Scatena, era possibile la loro utilizzazione come strutture di controllo del movimento in  ingresso in città trasformando, come poi avvenne, le porte  in barriere daziarie. 

In questa occasione, per una volta, prosa e poesia si trovarono d’accordo e fu per questa provvida intesa che Lucca tornò in possesso delle sue mura. Ma le divisioni tornavano assai presto a farsi sentire provocando contrapposizioni che  laceravano la società cittadina, agitavano il dibattito politico e davano vita ad agguerrite fazioni che si combattevano senza esclusione di colpi. 

Per i governanti lucchesi le Mura rappresentarono assai presto un  grave problema per i costi di manutenzione del complesso monumentale e di bonifica delle aree degli spalti che andavano riducendosi ad acquitrini miasmatici. Diventava allora categorico l’imperativo di reperire i fondi per dare il via a queste opere. Di inasprire le tasse non se ne parlava proprio, di ricorrere alla provvidenze dello Stato non era proprio il caso dal momento che a soldi questo stava anche peggio di Lucca. L’unica strada da battere era quella offerta dagli spalti delle Mura e fu questa la strada che venne presa procedendo  alla vendita delle aree esterne al fortilizio. I sostenitori di questa  linea avevano buoni motivi per accreditarla: dagli spalti dovevano venire le risorse per la loro manutenzione e la loro bonifica. 

P.S Il seguito al Bollettino numero 9. Per onestà intellettuale tengo a dichiarare che la storia fin qui racconta non è farina del mio sacco, ma è ricavata dal libro di Roberta Martinelli, Le Mura Rinascimentali, Maria Pacini Fazzi editore, 1991.    

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2 Commenti

  1. Complimenti al Professore Sereni per averci raccontato un pezzo di storia di uno dei monumenti più belli di Lucca , e colgo l’occasione per ringraziare Roberta Martinelli ,consorte del Professore, per aver scritto nel 1991 la storia delle mura rinascimentali.

  2. Mi associo anch’io ai complimenti per il Professore Sereni per l’articolo molto interessante che ha scritto e complimenti anche alla sua consorte Roberta Martinelli per aver scritto il libro” Le Mura Rinascimentali”.

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