Sangue e fatica: le peripezie di un aspirante donatore.

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Carlo (nome di fantasia) è un donatore di sangue. Prima della pandemia ha interrotto per un po’ a causa di una terapia, poi quando voleva tornare a donare si è trovato davanti un ostacolo: a causa delle restrizioni si poteva accedere solo previo appuntamento. Ma al numero indicato su internet non rispondeva nessuno durante l’orario di prenotazione, mentre nel resto della giornata un voce registrata informava che.. si doveva chiamare in orario di prenotazione. Dopo qualche mese, Carlo scopre da un amico donatore che c’è anche un altro numero, al quale è più facile parlare con un operatore. Nel frattempo la fase acuta della pandemia è passata e la prenotazione non è più obbligatoria ma per sicurezza preferisce chiamare, scoprendo così che è passato troppo tempo dall’ultima donazione: dovrà rifare la procedura come nuovo donatore. Inoltre anche stavolta non potrà prenotare: infatti non si accettano prenotazioni per chi deve rifare tutto da capo. Carlo non si lascia scoraggiare e una mattina, di buon’ora e digiuno, si presenta al centro trasfusionale del S. Luca prima dell’orario di apertura. È il primo e l’unico, il che è un po’ triste perché prima c’era sempre molta gente. Quando si aprono i battenti, Carlo disciplinatamente riempie le carte, prende “il numerino” e si mette in attesa. Dopo 80 minuti senza essere stato chiamato, restituisce cortesemente il numerino e se ne va, per non tornare. Nessuno gli chiede niente, e lui se ne va senza l’esenzione dal pagamento del parcheggio, né il foglio per il datore di lavoro che gli avrebbe consentito di avere un permesso retribuito per la donazione.

Carlo ha sbagliato molte cose: non sapeva che c’era un altro numero di telefono più efficiente, non conosceva i mutevoli regolamenti interni sulle prenotazioni, ha fatto passare troppo tempo tra una donazione e l’altra. Forse ha scelto un giorno sbagliato, magari il centro trasfusionale era sotto pressione e/o sotto organico. Tutto questo gli sarebbe stato risparmiato se si fosse rivolto ad una delle associazioni di donatori, come Fratres o Avis. All’occorrenza avrebbe anche potuto chiedere di essere accompagnato a donare.

Queste associazioni svolgono un lavoro prezioso, non solo nel sensibilizzare la popolazione alla donazione, ma anche nel collaborare attivamente con il sistema trasfusionale italiano, contribuendo a farne un’eccellenza. Qualche anno fa moderando un convegno al Festival Italiano del Volontariato Alan Friedman si stupì che in Italia la donazione fosse completamente gratuita (negli States il sangue si vende) e tuttavia il Paese fosse autosufficiente in termini di fabbisogno (non può dirsi altrettanto dell’Europa). È soprattutto questo il grande patrimonio di valori e impegno civile che il volontariato porta in dote all’Italia.

Poi c’è una funzione di supplenza, che il volontariato finisce spontaneamente per fare, tutte le volte che il servizio pubblico non funziona a dovere. È quella che avrebbe consentito a Carlo di donare a dispetto delle inefficienze del centro trasfusionale. Si discute da sempre se non sia un errore perché in questo modo il sistema si adagia e non fa il suo lavoro.

Foto di Charlie-Helen Robinson

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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1 commento

  1. mi dispiace , ma assolutamente non condivido le argomentazioni che il giornalista fa nella seconda parte del testo; quando scrive Carlo ha sbagliato.
    Perchè ha sbagliato? Perchè ha creduto di poter far da solo? Perchè il Servizio sanitario che lo invita a donare , e al quale invito Carlo da buon cittadino aderisce, poi non eroga il Servizio per il quale è preposto, pagato, organizzato…? Sta tutto qui il punto. Un Servizio “eroga” servizi. non delega. Eroga! L’invito molto condivisibile sia chiaro, a servirsi delle varie associazioni ( io sono donatore dal 1976 prima con la CRI e poi per comodità con i Frates), non può assolutamente essere un invito a sostituire il servizio primario! Il Servizio , che noi tutti paghiamo, sia chiaro, con le nostre tasse, deve essere in condizioni di : avere un sistema informativo efficace ed efficiente, ( numero telefonico o front office ecc…), deve poter svolgere il servizio che propone e che richiede tutti i giorni , o almeno indicare chiaramente quali, deve avere un organico configurato per soddisfare tale scopo. Perchè questo è un “servizio” Altrimento è un accrocco. E non si supplisce con il Volontariato la carenza di un Servizio.
    Lo si fa funzionare. Il Volontariato è assolutamente un plus, un più . ma non deve surrogare; può integrare.

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