È un po’ che si rinnova la polemica sulle spese militari. E la riflessione sul tema ha presentato subito delle crepe logiche: dei grossi problemi di coerenza che appaiono delle grosse ingenuità. Ma siccome ci è difficile credere che leader nazionali con larga esperienza siano davvero ingenui, tendiamo ad avvalorare l’ipotesi che l’apparente ingenuità sia pretestuosa e finalizzata da un facile calcolo elettorale e non al benessere generale. Ma vediamo nel dettaglio.
Le posizioni in campo sono note: da una parte i populisti che dicono semplicemente no alla spesa per armi. E con «populisti» mi riferisco principalmente (ma non esclusivamente) ai partiti che si attribuiscono questo termine: Lega, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra (AVS). È una linea populista, fra l’altro trasversale tra maggioranza e opposizione, che immagina semplicemente di vivere in un mondo in cui una nazione disarmata non corre alcun pericolo. In cui non c’è alcun bisogno di armi né di alcuna deterrenza.
Non che un tale mondo non sia affascinante, solo che non è il nostro mondo.
È un mondo che non esiste. Senza una deterrenza, una forza controllata, si consente a chi ha un desiderio di dominio sugli altri di dare libero sfogo alla violenza. E tali soggetti esistono ed esisteranno sempre. È banalmente per questo che abbiamo bisogno, oltre che di un esercito, anche di leggi e di polizia. Altrimenti tutti questi strumenti sarebbero superflui. Ma nella realtà sono necessari.
Dire il contrario è solo demagogia, buona per raccogliere voti di chi è ingenuo per natura e di chi, dietro una finta ingenuità, nasconde una comunque ingenua convinzione che l’ordine delle cose non verrà sconvolto e che altri (gli USA) possono spendere al posto nostro in difesa da regalarci. Ma nella vita non esistono «pasti gratis» e se qualcuno paga per te vuol dire che ne ha il suo vantaggio e che probabilmente questo vantaggio è a tuo danno. Nel caso di specie, impedire una unificazione europea, attività che da circa 70 anni impegna ogni amministrazione americana, democratica o repubblicana. Inoltre bisogna anche farsi qualche domanda sul futuro: e se poi improvvisamente il nostro benefattore smette di difenderci (vedi Trump) che facciamo?
i non populisti ritengono che le spese militari siano necessarie: al limite si discute del livello della spesa (2% o 3% di PIL) e delle modalità.
Ma proprio su queste modalità c’è l’altro inghippo, l’altro buco nel ragionamento collettivo. E questo buco lo ha introdotto la Schlein. Che, pur essendo segretaria del principale partito di opposizione, partito che è stato di governo e aspira e ridiventarlo, è di anima populista.
Il segretario del PD ha infatti asserito che le spese militari vanno bene solo se sono finalizzate non al potenziamento degli eserciti degli stati europei ma ad una forza militare pienamente europea.
Schlein è famosa per le sue circonvoluzioni lessicali e la sua esegesi è roba da nevi d’acciaio. Ma, siccome le parole non sono acqua, la posizione di un leader nazionale, circonvoluzioni a parte, è quella che la gente ha recepito. O almeno dobbiamo intenderla tala se il leader in oggetto non ritiene di dover intervenire per correggerne il contenuto. E quindi ci sentiamo autorizzati a intendere che la Schlein ritiene che la giusta risposta ai nostri tempi sia la costituzione di un esercito europeo.
Il che pone una serie di domande che la segretaria del PD avrebbe davvero dovuto spiegarci in modo da non costringerci a immaginare possibili risposte, esercizio che siamo ora costretti a fare.
La prima (e anche la più importante): chi è che comanda un tale esercito? Perché, diciamocelo, se un esercito è una necessità in un mondo imperfetto come il nostro, come lo è la polizia e ogni forma di forza che possa ribilanciare la prepotenza di qualcuno, allora bisogna che questa forza sia controllata e imbrigliata. Da che mondo è mondo, sono i generali degli eserciti che possono fare un colpo di mano e prendere il potere, forti di quella stessa forza militare che è la più potente che si possa costruire. Se facciamo un esercito è come se facessimo un cannone: una volta realizzato chi è che decide come quando e dove spara?
Per favore non pensiamo che possa essere un commissario europeo: i commissari sono scelti sulla base di un mix tra pesi politici delle famiglie europee, rappresentanza nazionale (ogni nazione deve esprimere un commissario), competenze tecniche e presentabilità. Poi si mescola tutto e si fa fare un voto di conferma all’assemblea parlamentare, che è l’unico punto democratico della questione ma che è anche depotenziato da quanto detto sopra. Quindi un commissario para-burocratico che governa uno degli eserciti potenzialmente più potenti del mondo è una prospettiva a metà tra dispotismo e l’utopia.
In alternativa lo controlla il presidente della commissione europea? Pare davvero improbabile e assai discutibile: intanto il suo percorso non è poi tanto deverso da quello dei commissari se non per il fatto che almeno non entra la nazionalità nei criteri di selezione (più o meno…). E almeno rappresenta una qualche forma di maggioranza politica, ma davvero non può dirsi rappresentante della volontà popolare degli europei. E, quindi, non è credibile che possa essere il rappresentante di un potere implicito in un esercito.
Quindi: chi controlla il cannone?
Poi: un esercito europeo che assorbe una spesa anche solo dell’1% del PIL dell’area ha una capacità di spesa prevista da quasi 200 miliardi di € anno. Chi gestirà questa spesa? Le stesse burocrazie di cui sopra? quelle burocrazie che sono fortemente legate ai singoli paesi, che provengono dai relativi sottogoverni e che ne rappresentano gli interessi?
Infine: un esercito è composto da una gerarchia militare: chi governerà la genesi e l’evoluzione di questa gerarchia? Chi vigilerà sulla sua struttura? Se gli stipendi portassero ad essere una carriera fortemente appetibile per una parte dell’unione ma non per un altra, per esempio fosse più appetibile nell’est Europa, ci potremmo affidare ad un esercito composto all’80% da romeni e ungheresi?
A me pare evidente che una tale prospettiva (quella di un esercito davvero europeo) sia aberrante fuori da un contesto di stato federale, cosa che l’Europa non è. E chiedere che l’esercito sia europeo, o vuol dire prendere in giro i cittadini. O è un modo per buttare la «palla in fuori gioco» rimandando tutto alle calende greche senza neppure prendersi la responsabilità di dire che non ne vogliamo fare nulla. Ma di un rafforzamento del nostro dispositivo di difesa ne abbiamo davvero bisogno. Rimandare tutto sine die sarebbe davvero incosciente.
Credo che il tuo articolo, rapportato all’aspetto politico, sia fondamentalmente antieuropeo. Preferire degli eserciti nazionali, che per quanto puoi coordinare, avrebbero immagino un’efficacia strategica, veramente irrisoria! Senza considerare, che dovrebbero trovarsi tutti d’accordo, sulle strategie; ti immagini? Trovo giusta, la posizione della Shlein, da te comodamente definita populista, che mi sembra molto più equilibrata e giusta. In antitesi, come dovrebbe essere definita la Meloni? Suprematista, nostalgica del fascio, capace solo di fare propaganda senza contraddittorio? Bugie quotidiane e chi più ne ha ne metta. Potrei dire altro, ma finisco qui!