Giacomo Puccini. Ieri, oggi e domani

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Nei giorni scorsi ho finito di preparare un intervento intitolato “Orientalismo e giapponismo nelle arti visive in Italia negli anni di Iris e Butterfly”, che tengo a un convegno internazionale al quale partecipo oggi, 21 luglio, al Teatro Grande di Brescia, avendo l’onore di condividere il tavolo dei relatori con insigni studiosi come Virgilio Bernardoni, Arthur Groos e Gabriella Biagi Ravenni, presidente del benemerito Centro studi Giacomo Puccini di Lucca.

Mi è capitato, durante le ricerche preliminari, di sfogliare vecchie riviste: un’attività che, oltre ad assicurare – a chi sa apprezzarlo – un piacere intriso di melliflua pensosità, può procurare anche piccole scoperte o almeno grate sorprese. Includo nel novero di quest’ultime il fatto di essermi imbattuto in due articoli che apparvero su settimanali d’inizio Novecento, entrambi dedicati al nostro Giacomo Puccini, che, al di là di quella «bella porcheria» (son parole sue) dell’Inno a Roma, e di pochissime altre “cadute”, fu l’autore di alcune delle opere più riuscite, moderne e geniali della propria epoca. Un musicista di capacità e inventiva rare.

Ho rinvenuto il primo testo, che consiste in un semplice e scarno redazionale, sull’«Avanti della Domenica» del 29 maggio 1904. L’anonimo estensore della rubrica In Margine vi accennava alla supposta intrapresa, da parte del compositore, di un’“opera di soggetto campestre” su testo nientemeno che di Giovanni Pascoli. Il progetto teatrale costituì una delle innumerevoli ipotesi drammaturgiche che affollarono la mente inquieta di Puccini tra la conclusione di Madama Butterfly e la definitiva scelta della pièce di David Belasco The Girl of the Golden West quale fonte per il libretto della futura Fanciulla del West. In ogni caso, segnalo questo breve stelloncino a mo’ di curiosità: “[…] Giacomo Puccini ha già cominciato a scrivere una opera di soggetto lucchese campestre su libretto di Giovanni Pascoli. Il soggetto di quest’opera – che Puccini ha assicurato potrà essere pronta per la primavera ventura – si svolge nell’alta valle del Serchio ed è interessantissimo. Il popolare maestro lucchese è entusiasta del lavoro del poeta Pascoli. Il titolo dell’opera non è stato ancora fissato. Con molta probabilità la prima rappresentazione dell’opera, alla quale ora attende Puccini, avrà luogo fra un anno a Firenze” (in realtà, il debutto del melodramma pucciniano successivo a Madama Butterfly sarebbe avvenuto solo nel 1910, e a New York).

Di assai maggior respiro è l’altro dei due pezzi giornalistici casualmente rinvenuti durante i miei scartabellamenti; si tratta di un’estesa e interessante intervista rilasciata a un articolista (che si firma con la laconica sigla “X”) della famosa «Domenica del Corriere», apparsa sul numero del 14 ottobre 1900. Del gennaio di quell’anno era stato il debutto trionfale di Tosca; già a partire dal mese di novembre del 1899 Puccini era impegnato nella tormentata e complessa trafila della scelta del soggetto per la sua nuova opera, che si concluse nell’estate seguente con la risoluzione di musicare un adattamento del dramma di Belasco Madama Butterfly, a una cui rappresentazione aveva assistito a Londra – ricavandone una profonda impressione – nel giugno del 1900. Copiosissime, del resto, erano state le ipotesi prese in esame e soppesate con meticolosità quasi maniacale e ossessiva, prima d’essere inesorabilmente scartate: dall’idea di trarre una trilogia dai romanzi di Alphonse Daudet, abbandonata per il timore che il personaggio di Tartarin potesse suggerire un rischioso raffronto con il Falstaff verdiano, a quella di rifarsi a una commedia goldoniana (La locandiera o Le baruffe chiozzotte); dalla proposta, formulata da Luigi Illica, di trattare la tragica vicenda della regina Maria Antonietta all’eventualità d’ispirarsi a La faute de l’Abbé Mouret di Émile Zola, cui si era già interessato, però, Ruggero Leoncavallo. Di queste (e altre) ponderazioni e vagliature dà conto puntualmente il testo dell’intervista pubblicata su «La Domenica del Corriere».

L’articolo della popolare rivista, tuttavia, non si limita a considerare il lato “professionale” dell’attività compositiva di Puccini, ma si diffonde con larghezza anche sull’uomo e sul personaggio, del quale è brevemente ripercorsa – con immancabile romantica sottolineatura dei difficili esordi e dei patimenti iniziali – la carriera fino ad allora percorsa: “La «Domenica del Corriere» ha pensato di sorprendere il più amato e più acclamato dei giovani operisti nostrani, il maestro Puccini, nell’intimità della campagna dove vive abitualmente, a Torre del Lago, e di dove vennero ai teatri lirici del mondo […] tante opere che viaggiano adesso trionfalmente di paese in paese destando dovunque entusiasmo. Quantunque giovane ancora – ha appena 42 anni, – il maestro Puccini può dirsi ormai «un arrivato»; ma prima dell’odierna ricchezza quanti stenti, quante pene, quanti digiuni sostenuti eroicamente e allegramente!”.

La maggiore porzione del pezzo de «La Domenica del Corriere» è dedicata proprio al Puccini “privato”, alla quotidiana ripartizione delle sue giornate, alle consuetudini di lavoro e svago, ai passatempi. Il musicista si fa pure ritrarre in fotografia con indosso la sua tenuta da velocipedista, e insieme con la famigliola a bordo di una piccola navicella sulle acque di Massaciuccoli: “Anche fortunato, anche ricco, Giacomo Puccini non ha però abbandonato le sue abitudini semplici, casalinghe, né intiepidì in lui la passione per gli esercizi sportivi, per la caccia, per la bicicletta, per la barca su la quale gira il lago dove specchiasi la sua villa – «la sua casetta» com’egli la chiama. […] Al chiuso della stanza egli preferisce l’aria aperta del lago: l’aria e il sole che sono la sua vita. Niente eleganze cittadinesche: niente abiti attillati, ma quasi sempre il costume del ciclista: berretto alla prussiana, giacchetta di tela chiusa sino al collo e calzoni stretti ai malleoli. Poi, indivisibile compagna, la sigaretta, e un bel faccione sano ed un collo taurino e l’abituale sorriso di cortesia su le labbra. Quando è stanco di inseguire pel lago e nella vicina palude le anitre e le folaghe che lo popolano, Puccini cambia, come dice lui, professione; – infila la bicicletta e via per le strade deserte, via pei monti, col vento in viso ed i polmoni aperti in cerca… d’ispirazione. Generalmente il mattino è consacrato al moto e allo svago; poi nel pomeriggio il maestro si chiude nella sala da pranzo, ampia e spaziosissima, e «senza furia, senza tormento, serenamente» – sono sue parole – compone. Così nacquero ed ebbero vita le sue ultime opere, le più fortunate”.

Non si può non ammirare Puccini. E credo che si dovrebbe anche volergli bene e rispettarlo. Onore ai molti che lavorano con serietà e professionalità a studiarlo (io confesso di averne davvero capito la grandezza leggendo, più di vent’anni fa, la monumentale monografia dedicatagli da Michele Girardi) e a eseguire la sua musica con maestria, come l’illustre direttore d’orchestra Nicola Luisotti, originario di Bargecchia (Massarosa), formatosi all’Istituto “Boccherini” di Lucca e protagonista di una carriera internazionale di primissimo livello. Di pochi giorni fa una sua trionfale Turandot al Teatro Real di Madrid, del quale è Principal Guest Conductor.

Paolo Bolpagni

Paolo Bolpagni
Paolo Bolpagni
Italiano del nordest trapiantato a Lucca, dal 2016 dirigo la Fondazione Centro Studi Ragghianti. Sono uno storico delle arti, sono anche organizzatore culturale e di musei. Ho scritto parecchi libri, cataloghi e saggi. Come curatore di mostre lavoro in Italia e in vari altri Paesi europei. Cerco di trovare il buono nelle individualità. Apprezzo l’ironia e la musica "forte".

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4 Commenti

  1. Grazie per l’interessante articolo che si sofferma su aspetti della vita privata e professionale del grandissimo e amatissimo Maestro Puccini. Credo che lui sia il compositore più conosciuto e apprezzato nel mondo; nessuno meglio di lui ha saputo entrare nell’animo femminile, mettendone in evidenza i sentimenti e, le debolezze e le virtù . Dalle sue eroine traspare l’amore per l’universo femminile. Peccato che recentemente siano sorte tante inutili polemiche che nulla hanno a che fare con l’arte e proprio nella sua terra d’origine . Nemo propheta in patria..

  2. Mia mamma vinse il concorso nazionale come soprano giungendo prima come voce e seconda come tecnica.
    Il suo repertorio prioritario era quello di Puccini, la Bohème, Madama Butterfly…
    Nonostante le insistenze del suo maestro, nome famoso che ora non ricordo, rifiutò la tessera del partito fascista e quindi la tourné che avrebbe dovuto effettuare fu girata ad altra cantante.
    Probabilmente questa cosa fece felice mio padre che penso ritenesse, all’epoca, poco edificante che una donna andasse da sola in tourné e, probabilmente, neanche forse la avrebbe sposata se lo avesse fatto.
    Anche mio padre cantava da basso nella stessa scuola e li si conobbero.
    Le esibizioni di mamma andarono poi in onda nei programmi sperimentali della Tv ma non riuscimmo mai ad avere qualcuno che riuscisse a trovarle nelle teche RAI.
    Quindi noi figli non abbiamo che pochi ricordi delle sue esibizioni: i racconti del fratello, mio zio, che ci diceva come sembrasse che, nei teatri, i cristalli dei lampadari vibrassero e sembrassero sul punto di scoppiare durante i suoi acuti, oppure di quando lui era in guerra come militare ed alla radio cantava sua sorella, e tutti gli altri commilitoni lo acclamassero entusiasti…
    Ho il ricordo di alcune riunioni di famiglia, quando uscirono i primi registratori a nastro, quando mamma cantava a cappella la Bohème e, per la commozione, le lacrime le rigavano le guance.
    Ricordo anche, quando in Tv andava in onda qualche opera, il religioso silenzio e i commenti, tra lei e papà, delle caratteristiche delle voci delle varie cantanti e cantanti.
    E scorgevo la stessa commozione sul volto di mamma,
    Penso che mia madre abbia sempre rimpianto in silenzio, con dolore, tale rinuncia alla carriera, divenendo casalinga e madre di famiglia. Cosa che comunque lei riteneva non da poco, anzi importantissima e prioritaria.

  3. Finalmente un contributo intelligente alla conoscenza di Puccini!
    Ma perché questo comitato per le celebrazioni Pucciniane non ha creato attraverso il suo sito uno spazio dedicato alla vita del compositore?
    Le uniche informazioni che arrivano dal sito del comitato sono inconcludenti riunioni , bandi assurdi , nessuna informazione culturale , nessuna programmazione ,tranne quella di chiamare il grande, ma ormai quasi novantenne , Zubin Mehta.
    Confesso la mia ignoranza , pur avendo seguito le locali vicende pucciniane, è la prima volta che sento citare il direttore d’orchestra Nicola Luisotti,
    originario di Bargecchia e formatosi al Boccherini. Mi sono documentata
    e sono rimasta sorpresa dai ruoli di vero prestigio ricoperti da questo direttore. Lancio un appello. Contattatelo .. cordialmente

  4. Penso che Puccini sia talmente conosciuto ed amato in tutto il mondo che non ci sia bisogno né di comitati, né di celebrazioni, né di riunioni o altro, cose comunque benvenute, per ringraziarlo di quanto ha scritto.
    Rammento uno sceneggiato televisivo RAI del ’73, ove Puccini era interpretato da Alberto Lionello.
    Per celebrarlo basta ascoltare le sue opere e, come per magia, è più che celebrato.

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