Pareggio all’italiana: al Festival vince la sinistra e le elezioni le vince la destra

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È un risultato di parità che lascia un po’ perplessi: come mai il Festival di Sanremo più di sinistra di sempre e, va detto, più apprezzato di sempre, coincide con le elezioni che più chiaramente di così il centrodestra non poteva davvero vincerle?

Difficile non farci caso: il Festival è stato caratterizzato dalla passerella di ogni possibile rappresentante del pensiero di sinistra. Dai Fedez-Ferragnez (rigorosamente in ordine determinazione nel conquistare il palcoscenico, per chi dice che la cavalleria non è morta) a Benigni (che è rimasto dentro un confine istituzionale) arrivando al debordante Rosa Chemical (di cui ricorderemo le performance di attore più che la canzone) passando per i monologhi: tutto parlava della cultura hollywoodiana del perbenismo di sinistra. Quello del gender fluid, della libertà sessuale, dell’irrilevanza dei rapporti stabili, della liberazione delle “droghe leggere”, della derisione della politica senza neppure contestualmente rinunciare a farla. E giù applausi. E su share televisivo tipo 70%.

E uno si dice: allora il paese ama questo. Allora il paese si è improvvisamente orientato a sinistra, tipo 5 Stelle-sinistra antagonista ancora più che PD.

Poi arrivano le elezioni. Che poi vuol dire manco 48 ore dopo. E giù percentuali per il centrodestra che sono quasi da consacrazione. Maggioranza assoluta in entrambe le regioni. E le aree più estreme (5 Stelle e sinistra-sinistra) in forte contrazione.

???

Difficile fare una sintesi. Almeno non facile senza pensare che siamo un popolo un po’ schizofrenico.

Ma forse la realtà è solo più banale. Quando ascoltiamo le canzonette e guardiamo uno spettacolo attiviamo un filtro. Un filtro che ci fa scivolare addosso tutto il clamore di roboanti dichiarazioni. Ci interessano le canzonette; ci interessa passare una serata diversa; ci interessa indovinare chi vincerà la gara (o, quest’anno, più che altro chi arriverà nella top 5 visto che il vincitore appariva quasi scontato sin dall’inizio per evidente vantaggio di prestazione canora e qualità del testo). Il resto è rumore, sono giullari che fanno spettacolo. Un po’ come alle corti dei re di un tempo antico in cui i giullari potevano anche prendere in giro il sire senza che ne dovessero pagare il pegno. Ma, seppure tutti ridevano ai loro sberleffi, nessuno poi li prendeva sul serio.

Così i fedez (con l’articolo plurale e in minuscolo perché inteso come «nome comune collettivo» dei prodi scalatori delle classifiche di follower) piacciano e ci fanno ridere o arrabbiare. Stimolano la nostra emotività ma lasciamo questa sfera separata nella nostra vita mentre in politica votiamo in direzione opposta a quanto «velatamente» suggeritoci dagli stessi. E così FdI è il primo partito, per nulla scalfito dalle polemiche. E la Meloni ha gradimenti altissimi. E persino il penitente Salvini è in rimonta appena abbassa un po’ i toni (segno, forse, che aveva anche lui confuso un po’ troppo lo spettacolo da follower con la prestazione politica).

Quando scegliamo chi votare ci domandiamo chi ci darà un domani migliore (ma forse sarebbe più corretto dire un oggi). Che, a seconda dei tempi vuol dire chi ci darà la possibilità di guadagnare di più, di avere più libertà, di avere una casa o di allargare quella che già possediamo, di pagare meno tasse… Talvolta anche chi ci promette i desideri più irrealizzabili tipo l’albero dei soldi di Pinocchio. Quasi mai ci chiediamo chi farà la cosa giusta né, tantomeno, chi garantirà un futuro migliore ai nostri figli. Anche perché, altrimenti, non avremmo creato un debito pubblico di queste dimensioni o vi avremmo messo una pezza. Guardiamo al qui e ora. Non ci facciamo influenzare dai vari giullari ma neppure votiamo un progetto per il futuro.

Soprattutto ci piace sempre di più l’uovo oggi della gallina domani. Tanto che ormai nessun partito parla più del benessere delle prossime generazioni nei suoi programmi. Né lo fa il centrosinistra, ad eccezione di generici e mai concretamente declinati proclami ecologisti, né lo fa il centrodestra.

Dividiamo la nostra vita in ambiti stagni e conviviamo serenamente con tutte le relative schizofrenie. E ci va bene così.

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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9 Commenti

  1. A me sembra che non abbia vinto né la sinistra, che mi sembra non esistere, accomunata, chissà perché, al festival, che io non ho visto se non nelle successive cronache critiche di altri programmi (e pensare che il bravo Remigi è stato cacciato dal una trasmissione RAI per un, probabilmente, forse scherzoso buffetto ad una collega; ma non mi permetto di criticare non conoscendo la vicenda nei particolari); e né la destra.
    Chi ha vinto è stato il partito di maggioranza, quello dei non votanti: circa 60%!
    Perché non mandare loro una scheda post elettorale, ove chi voglia recarsi nelle urne possa scriverci il motivo per cui non ha votato, invece di tacciarlo di qualunquismo?
    Potrebbe essere utile per regolarsi nelle necessità degli elettori e, così, regolarsi nei programmi!

  2. Precisazione: laddove scrivo, nel mio commento precedente, “… Potrebbe essere utile per regolarsi nelle necessità degli elettori e, così, regolarsi nei programmi!…” mi riferisco ai programmi e ai contenuti elettorali.

  3. Non può darsi che la scarsa affluenza alle urne, che rappresenta nelle cifre circa il 60%, il reale partito di maggioranza, invece di rappresentare, come tacciata da molti, qualunquismo, sia anche un chiedersi a cosa serva votare in Italia se, poi, a decidere, in realtà, è Bruxelles?
    Come nel caso eclatante della direttiva UE sull’efficientamento energetico che a Bruxelles, attualmente, si sta decidendo?
    Se decide Bruxelles cosa “obbligare” in Italia, forse ci si potrebbe chiedere, a che è utile votare per il Parlamento italiano? Votiamo direttamente per quello Europeo!
    Oppure votiamo per decidere se restare nell’Euro, giusto o sbagliato che sia uscirne, dato che non è stato mai fatto un referendum per entrarci!

    • Una ragione ulteriore alla disaffezione in più dell’elettorato nelle ultime elezioni risiede nel fatto che in materia di regionalismo abbiamo forse ecceduto o sbagliato, ma non per difetto. In realtà, esse sono assai poco “sentite” perché sono costruzioni artificiali. Forse bisognerebbe abolirle, prima che diventino dei veri e propri staterelli, come ad esempio con la proposta di “autonomia differenziata” che, in buona sostanza, mira a trattenere in ciascuna di esse le risorse tributarie “maturate nel territorio” (proposta di legge Calderoli), con ciò indebolendo la solidarietà intra-statale.
      Anche questo dovrebbe spingerci ad alzare un tantino lo guardo, per tentare una risposta alla domanda “a cosa serva votare in Italia se, poi, a decidere, in realtà, è Bruxelles?”. Piaccia o non, in questa parte del nostro mondo, le cose stanno andando in altra direzione. Un giorno avremo gli SUE (Stati Uniti Europei). Sarà (anzi è già) un processo pieno di insidie, di passi avanti e indietro, senz’altro lungo che, come tutte le cose lunghe, potrà trasformarsi in serpente. Ma tant’è. L’Italia rappresenterà soltanto uno di quegli stati. Occorre educarci culturalmente e politicamente (ed educare le nuove generazioni) a farsi valere in quel contesto ampliato che, a ben vedere, può offrire e (già offre) anche notevoli vantaggi.

      • Parzialmente d’accordo:
        sono d’accordo contro l’autonomia differenziata, ma non lo sarei sull”educarci, o meglio “rassegnarci”, come la vedo io, culturalmente al contesto ormai, purtroppo, probabilmente ineludibile, di quell’utopia di cui era ammantato l’Euro, utopia attuata solo virtualmente: virtualmente in quanto, nella realtà, a me sembra scorgere nell’Euro una ridda di regole e interessi contrapposti tra Stati aderenti che, in realtà, invece di attuare “lo scopo” dell’unione, e la costituzione eventuale di un futuro SUE, come Lei dice. in realtà eseguono una guerra commerciale tra di loro; specificherei, forse, tra Stati del Nord e Stati del Sud; ma posso sbagliare, spero sia solo una impressione.
        Sono, inoltre, abbastanza anziano per serbare rancore ai danni recatimi dall’Euro quando, con l’equazione reale un euro uguale mille lire, invece di quella ufficiale un euro uguale 1936,27 lire, i miei stipendi, i miei risparmi, la mia pensione, sono stati di fatto dimezzati; e, l’appartamento da me acquistato con mutuo, lo ho pagato circa un dodici volte più di quanto costasse una settimana prima dell’euro: perché dopo l’euro i prezzi degli appartamenti nelle grandi città, più o meno, di tanto aumentarono di valore (per i venditori) e di prezzo (per i compratori). Inoltre ci sono state imposte tanti altri obblighi di altro tipo che non riesco ad accettare e che, forse, accetterei a malincuore anche dal mio stesso Paese. Quindi il rancore che mai finirà, mai mi permetterà di educarmi culturalmente e politicamente a farmi valere in quel contesto ampliato che, a differenza di Lei, l’UE mi sembra offrire, perché finora mi ha già offerto solo notevoli batoste e tanta rabbia.
        E, se anche le cose cambiassero prima della mia dipartita, se anche mi si chiedesse scusa per i danni ricevuti, se i danni materiali mi fossero risarciti, se finalmente iniziassi a godere di notevoli vantaggi, per coerenza e per rabbia accumulata continuerei a pensarla come adesso ed a rifiutare l’occasione.
        Aggiungo che, attualmente, più che come SUE (Stati Uniti Europei), sbaglierò ma, a me, sembra di percepire tale “Unione” come SUESUA (Stati Uniti Europei e Stati Uniti d’America): probabilmente sbaglio, ma ho questa impressione; e l’impressione non mi piace, se fosse vera, indipendentemente dalla aumentata utilità o meno, anche perché stupidamente da parte mia, intravvedo in tutto ciò notevoli rischi, nel contesto attuale della guerra Russia Ucraina. Ma sicuramente il tutto è frutto della mia eccessiva e sbagliata fantasia!

        • Comprendo fin nei più minuti dettagli la sua posizione essendo stato dipendente pubblico e dunque facente parte di coloro che furono non poco danneggiati dalla conversione della lira in euro. Aggiungo però COSi’ COME FU ATTUATA DI FATTO IN ITALIA qualche anno dopo la fissazione meramente “contabile” (1996)..
          Circa poi la mia idea – che lei sembra non condividere- di “educarci culturalmente e politicamente (ed educare le nuove generazioni) a FARSI VALERE in quel contesto ampliato” , mi pare chiaro che non pensavo certo ad una educazione passiva, raggomitolata in una accettazione di fatto o addirittura rassegnata di fronte ai poteri forti. Semmai, una educazione/formazione- specialmente per alcuni curriculi – informata e combattiva includendo anche buone letture di Economia Politica (deformazione personale).

          • Concordo col “COSi’ COME FU ATTUATA DI FATTO IN ITALIA” ; fu attuata come qualsiasi persona di normale media intelligenza si poteva aspettare che accadesse. A parte questo rimangono tutti gli altri problemi da me esposti e supposti.
            Non per nulla, quando anni prima dell’operazione se ne iniziò a parlare, io tremai prevedendo cosa sarebbe accaduto, anche se l’immaginazione non poteva certo arrivare fino ad immaginare l’inimmaginabile poi verificatosi.
            Passammo dall’immaginazione al potere allo “inimmaginabile al potere”!
            Una condanna annunciata dalla mia mente e realizzatasi peggio di come io l’avessi potuta immaginare…
            Ed ora, dopo la promessa dell’epoca, non so se ricordo bene, che con l’euro saremmo stati tutti più ricchi e felici?, il risultato è sotto gli occhi di tutti.
            Perlomeno tutti quelli abbastanza anziani da ricordare l’accaduto.
            A parte quanto già esposto, e non è poco, diktat e eventuali multe per infrazione degli stessi! L’operazione iniziò col contatore da mettere alle mammelle delle mucche, se ben ricordo… Non perché io fossi un allevatore, ma tanto per rendere l’idea dei metodi dell’operazione.
            Un club esclusivo che ha accolto la nostra, correttamente direi “loro”, domanda di socio e ora ci chiede una retta impossibile da pagare? Non lo so; comunque, io, sono stato abituato a non fare mai il passo più lungo della gamba e, se non sono in grado di pagare la retta di un club, ammesso che mi interessi entrarci, e non era il mio caso, anzi! preferisco non entrarci e vivere in pace, anche, eventualmente, continuando a tenere un tenore di vita come lo amo: più spartano, più semplice e meno complicato possibile da burocrazia
            (quella strana cosa chiamata inizialmente “ammodernamento”, aumentata a dismisura, anche per, come paradosso, “eliminare” la burocrazia: ovvero fornisciti, seguendo la ulteriore burocrazia, di apparati tecnici per farti da solo il lavoro che, comunque, paghi ugualmente)
            che mi sembra molto meglio di un qualcosa di impossibile da sopportare; e non solo economicamente ma, soprattutto, per il carico di “lavoro” non retribuito che ti regala come onere ineludibile.
            Sono contento comunque che ci sia anche chi, come Lei, sembrerebbe intravvedere una possibile via d’uscita da questa che a me sembra una schiavitù insormontabile e insopportabile; via d’uscita perlomeno raggiungibile da un anziano nel tempo lasciatogli per l’ aspettativa di vita che, probabilmente, non gli permette di raggiungere l’età di Matusalemme.
            Nel frattempo rischiamo che qualche dito impazzito, ce ne sono tanti attualmente che trepidano per farlo, non schiacci un bottone rosso, come lo vedo nel mio immaginario.

  4. In questo caso mi sembra che il sig. Giuseppe abbia ragioni da vendere : in queste elezioni chi ha vinto è il partito del non voto, basta fare due calcoli: se guardiamo alle percentuali sui votanti e non sugli aventi diritto, il centro destra si attesta al 20% circa ( il 50% del 40%), il Pd addirittura all’8%,( il 20% del 40%). Per non parlare dei voti in assoluto, cui bisognerebbe sottrarre ancora i voti nulli e le schede bianche. In questo caso tutti i partiti senza distinzioni hanno perso migliaia e migliaia di voti. E vedrete cosa succederà alle elezioni europee del prossimo anno! Perchè? Perchè ormai non andare a votare fa, come dire ? tendenza. E’ cioè quasi una moda, come i tatuaggi, i baci in pubblico tra persone dello stesso sesso, le stravaganze più estreme. E’ triste lo so, ma non credo che per il momento sia possibile invertire la tendenza. O forse ha ragione Xi Jing Pin quando dice che la democrazia come viene concepita in occidente non è più una forma di governo in grado di stare al passo con i tempi.
    massimo di grazia

    • Grazie per condividere; però non credo che il non voto sia “una moda”.
      Io ritengo che sia un legittimissimo modo di difendersi da un qualcosa che, pur non ancora rappresentandolo, somigli sempre più ad una autocrazia che, mi sembra, invece di cercare soluzioni reali, nel merito, per risolvere problemi reali, si arrocchi su “strategie” tese a studiare come prendere voti, voti fini a se stessi e non, mi sembra, utili per legiferare nel senso della soluzione di problemi reali, ormai decennali, di un Paese continuamente in emergenza.
      Emergenza che, poi, sempre più, diviene funzionale a legiferare con leggi che, peraltro, da provvisorie divengono strutturali, tagliando diritti: appunto, perché in emergenza (mi riferisco all’aumento dell’età pensionabile, al “sequestro” per anni ed a tranches del TFS, soldi che andrebbero RESTITUITI entro 15 giorni e non dopo anni, al lavoro a tempo determinato…).
      Mi sembra che il non voto non sia una moda, ma una legittima protesta contro partiti che, invece di cambiare una legge elettorale che, più che farti scegliere, ti fa scegliere tra chi sia già stato scelto a priori; partiti che, invece di fare programmi per risolvere il problema del diritto al lavoro con leggi che indirizzino in tal senso, si limitino a dare assistenza a chi, sembrerebbe quasi, si è deciso che non dovrà mai lavorare ma essere assistito a vita perché, sembrerebbe, non si è in grado di fare politiche per il lavoro; partiti che evocano programmi elettorali tesi ad “accontentare” con bonus, regali ai diciottenni, etc., quanto loro necessario per tamponare il problema e non a dare loro la normalità: lavoro a tempo indeterminato e garantito con cui vivere, costruirsi un futuro dignitoso e pagare/si il SSN e una pensione futura decente; proponendo, invece, il taglio del cuneo fiscale, eliminando così le imposte a tali scopi necessarie!
      E, facendo ciò, confondendo la PREVIDENZA, il diritto di chi tale diritto si sia pagato, con la sempre più enorme ASSISTENZA, pur legittima, ma da non dare “predando” e posponendo e diminuendo sempre più i diritti di chi si sia pagato una “sua” previdenza per, invece, pagarci l’assistenza!
      Semmai, l’assistenza, andrebbe pagata con la FISCALITA’ GENERALE, e non SOLO tagliando e diminuendo i diritti di chi la sua previdenza si sia pagata!
      Per questo andrebbero, le due cose, separate in due diversi Istituti.
      La previdenza in Istituto Nazionale Previdenza Sociale, e l’assistenza in Istituto Nazionale Assistenza Sociale: quest’ultima da far pagare alla fiscalità generale e non all’istituto previdenziale.
      Ma, prima di tutto questo, occorrerebbe fare politiche per il lavoro e non promesse elettorali tese a prendere voti fini a sé stessi e non fini a programmi fattivi e, ormai, in certo senso, rivoluzionari; ove rivoluzionari significhi “restituire la normalità”!
      Non è più concepibile una politica che, invece, posso sbagliare ma, a me, sembra somigliare molto più a tifo sportivo: “forza Roma, forza Lazio”; ad un un qualcosa da talk show di cui chiacchierare tanto per chiacchierare, come si fa al bar!
      Occorrerebbe risolvere il problema del debito pubblico con una imposta, ma applicata non in maniera proporzionale, ma progressiva, in base al reddito!
      Occorrerebbe decidere se le imposte si paghino sul reddito o sul patrimonio e, poi, smetterla di proporre, come solita soluzione, chissà perché considerata di sinistra, ad ogni occasione di voto e, anche, a volte ventilata da enti sovrannazionali, la “PATRIMONIALE”: insensata soluzione che tende a far ri-pagare di nuovo le imposte a chi già le abbia regolarmente pagate, a seconda di come il lavoratore le spenda o risparmi!
      Anche perché, fare politica in tal modo, mi sembra, possa poi portare a creare un “Divide et impera”, un tutti contro tutti, un “lavoratori garantiti” contro “lavoratori in nero o disoccupati”, un “pensionati contro lavoratori” e, soprattutto, un “giovani contro anziani”!
      “Divide et impera”?

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