“Musica e ballo non producono valentiuomini ma buffoni!”

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Contributo di Fabrizia Bava.


“Musica e ballo non producono valentiuomini ma buffoni! È una faccenda donnesca da non prendere in considerazione.” Questa la lapidaria sentenza di Francesco De Sanctis, primo Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia (marzo-giugno 1861). Queste le parole dimostrative di come nel nostro paese le istituzioni non abbiano compreso il valore culturale della musica.
Lo Stato trasmette al cittadino il senso, il valore culturale di una determinata materia primariamente attraverso l’istruzione scolastica. Partendo da questa considerazione vi invito a riflettere sull’impegno della Scuola italiana nella valorizzazione della musica quale patrimonio culturale umano. Tre anni di flauto durante le scuole medie possono davvero bastare a trasmettere la conoscenza generale di una materia così vasta e complessa?

La mancanza di una didattica musicale, se non colmata in altro modo, conduce inevitabilmente all’ignoranza. Non c’è quindi da stupirsi se la bidella di un Conservatorio possa scambiare Gianni Schicchi per il nome di un nuovo professore (esperienza personale) o uno stenografo alla Camera trascriva Luigi IX, scambiando il musicista veneziano per un re di Francia.
Dobbiamo ammetterlo: l’Italia non è più il paese della musica, o meglio lo è solo nell’immaginario degli stranieri. In ogni parte del mondo la lingua italiana è utilizzata per la nomenclatura musicale, in ogni parte del mondo si canta in italiano. Monteverdi, Scarlatti, Vivaldi, Boccherini, l’Opera italiana con i suoi grandi compositori, Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Puccini, la famosa tradizione liutaria cremonese, Stradivari, Guarneri, Amati … una carrellata di nomi che ai più risulterà aimè sconosciuta.
Come disse una volta Fedele D’Amico “La base del pubblico musicale è sempre stata fornita da persone capaci di praticare, in qualche modo, la musica; e queste per secoli sono state dappertutto molto poche. Perciò il pubblico è aumentato là dove e nella misura in cui la pratica musicale si è diffusa, culminando nell’istruzione musicale per tutti”.

Questo un primo punto di partenza: facciamo musica a scuola! basta considerare l’ora di musica come un momento di svago, basta intonare con i flauti cantilene banali. Portiamo gli strumenti musicali a scuola, invitiamo musicisti nelle classi, creiamo formazioni musicali stabili. Ma anche insegniamo la storia della musica, proponiamo l’ascolto e la visione di importanti esibizioni, portiamo gli allievi a teatro. Insomma facciamo in modo di trasmettere le conoscenze necessarie per un ascolto attivo e consapevole della musica.

Questo importante tema verrà affrontato durante l’incontro proposto dall’Associazione Musicale Lucchese sabato 27 novembre alle ore 17.00 presso l’Auditorium ISSM L. Boccherini di Lucca. In occasione della tavola rotonda condotta dalla sig.ra Carla Nolledi, il musicologo e giornalista Andrea Estero presenterà il libro da lui curato La cultura musicale degli italiani, un volume che raccoglie una serie di contributi volti ad indagare l’entità e la qualità della consapevolezza musicale degli italiani lungo tutto il Novecento. Estero cercherà si spiegare le cause storiche che hanno portato alla marginalizzazione della musica nei programmi curriculari e la sua conseguente relegazione agli ambiti dell’intrattenimento. La discussione si concentrerà dunque sulla situazione della didattica musicale all’interno della scuola italiana e vedrà la partecipazione di due esponenti attivi in tale ambito, Gustavo Micheletti, insegnante di filosofia al Liceo Vallisneri, e Marco Musto, insegnante di latino al Liceo Machiavelli.

Fonte foto: imm. copertina pagina Facebook Associazione Musicale Lucchese

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