I migranti e noi. Ancora un altro articolo sulla dissociazione tra dibattito e realtà.

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E così il primo governo repubblicano di destra-destra autorizza l’ingresso di 83.000 lavoratori nel Paese con il decreto flussi. Sarebbe già una notizia, visto che è il contingente più numeroso degli ultimi anni, quelli con il centro-sinistra (quasi sempre) al governo e la destra a denunciare l’invasione. La scollatura tra realtà e narrazione è però appena cominciata.

Intanto la destra-destra continua a denunciare l’invasione. E non lo percepisce come una “auto-critica”, cioè è confidente che la sua base elettorale non colga il nesso tra responsabilità di governo e problemi del Paese. Lo dimostrano anche i provvedimenti scaturiti dal lugubre Consiglio dei Ministri straordinario a Cutro: per prevenire i naufragi d’ora in avanti perseguiremo gli scafisti per tutto il globo terraqueo (avviso di lettura: smettere di leggere se il concetto non stride).

Poi, il livido ministro Piantedosi ci mette in guardia sulla “forte pressione” dei minori stranieri non accompagnati in arrivo, al punto da invitare gli oltre 100 Prefetti d’Italia a reperire urgentemente strutture di prima accoglienza “con una capienza di 50 posti l’una”. Se dunque i presìdi territoriali di governo si muoveranno a falange, avremo un sistema di centri di smistamento in grado di assorbire fino a 5mila minori a botta, auspicabilmente per pochi giorni (questo dovrebbe fare un centro di prima accoglienza). Abbastanza da ammortizzare l’urto dell’invasione. La realtà, ora: Il mese scorso i minori stranieri non accompagnati segnalati sul territorio erano in tutto poco meno di 20.000, di cui un quarto ucraini. Al netto degli sfollati causati dall’aggressione russa (questa sì un’invasione), sono aumentati di appena 3.400 unità rispetto all’anno scorso. Sperabilmente ogni Prefetto saprà quindi affrontare il carico di pressione senza misure extra: in fondo fa una media di 3 minori in più al mese cadauno.

Ma si diceva del decreto flussi, si diceva dell’invasione. Arriva dal mondo reale un’altra fastidiosa interferenza con la narrazione: per mandare avanti l’economia nei prossimi mesi ci mancano i lavoratori. 100mila nell’agricoltura, 40mila nel turismo, 70mila nei pubblici esercizi: “prima gli italiani!” qui non vale. Anche perché da questi lavori pare che gli italiani si tengano lontani almeno per ora, in attesa dei licei agrari meloniani (nel senso della premier non del frutto). Eppure i politici sovranisti per non sembrare disumani distinguono tra migranti economici e rifugiati: solo i primi ovviamente vanno respinti, sono pure degli irresponsabili perché rischiano la vita dei propri figli per andare a stare meglio. Cioè: in un contesto di scarsità di manodopera, la priorità è bloccare gli ingressi di chi viene per lavorare. Con un particolare accanimento verso quelli che potremmo formare professionalmente, visto che 7 minori stranieri su 10 hanno 16-17 anni.

A ben vedere l’alienazione del dibattito è profonda. “Aiutiamoli a casa loro” è uno slogan accusato di ipocrisia, sempre respinto da chi, soprattutto a sinistra, è o si dipinge storicamente aperturista, iperaccogliente. Eppure potrebbe essere il contrario, le parti dovrebbero essere invertite. Perché per un Paese la demografia è un asset e le migrazioni sono una partita a saldo zero: qualcuno acquista e qualcuno cede. E guardando i trend attuali (ancora la realtà!) solidarietà ed egoismo si dovrebbero disporre diversamente sulla scacchiera.

Foto di Gordon Johnson da Pixabay 

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