Da 30 anni i balestrieri lucchesi si sono divisi in due associazioni. Sarà possibile una ricongiunzione?

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L’annuale palio della balestra in onore del patrono di Lucca, San Paolino, che si celebra il 12 luglio, oppure quello del “Settembre lucchese” dedicato alla santa Croce, ripropongono il tema dell’anomala suddivisione esistente a Lucca fra i gruppi in costume storico e che si dedicano al tiro con le balestre. La Compagnia Balestrieri di Lucca, costituita nel 1970, venne ammessa nella Federazione Italiana Balestrieri (FIB) il 9 aprile 1972. Ne facevano già parte le quattro società fondatrici dei balestrieri di Sansepolcro, Gubbio, Massa Marittima e della Repubblica di San Marino fin dal febbraio 1966. Lucca ha un primato storico assoluto: presso l’Archivio di Stato di Lucca è infatti conservato un documento «Ordo pro balistari», datato 26 giungo 1443, in cui si stabiliscono le regole per la disputa del palio delle balestre. Si tratta di un documento di fondamentale importanza in quanto è risultato essere il più antico regolamento per gare di tiro oggi esistente in Europa.

Dunque nel 1443 Lucca istituisce il tiro a segno con la balestra: il giorno 29 di giugno i Magnifici Signori Anziani e il Gonfaloniere di Giustizia deliberano che ogni anno, il primo di maggio e di settembre, il Comune prepari a sue spese quattro premi da distribuire ai migliori balestrieri ammessi al tiro a segno. In quei giorni doveva essere allestita nel cortile del palazzo una rotella con un centro dove tirare con la balestra: “i balestrieri portati alla distanza di cento venti passi dalla rotella, trarranno di là alla brocca una volta sola per ciascuno”. Viene poi stabilito che le frecce usate dovranno portare il nome del tiratore e che i deputati al giuoco, “ispezionata la rotella, prenderanno da quella quattro delle saette più da vicino alla brocca o proprio in essa confitte” poiché “la saetta conficcata nella brocca dà il miglior colpo”.

Nel caso che una seconda freccia colpisca e rompa l’asta dell’altra già confitta nella brocca, impedendo di conoscere il nome del primo tiratore allora la seconda “quando si sappia certamente cui pertineva, abbia il premio e la prima accusi non la legge ma la cattiva fortuna”. La deliberazione stabiliva che potevano partecipare alla gara soltanto i cittadini di Lucca o del contado, proprietari delle balestre, delle saette e del teniere. Il contravventore veniva multato di due ducati. Il regolamento lucchese dimostra ancora una volta che tramite l’istituzione del tiro a segno si persegue il fine di armare i cittadini, atti alla guerra, e prepararli alla difesa del libero Comune. Il regolamento è modificato nel 1490, quando si stabilisce di tenere quattro gare all’anno, due volte con le balestre e due volte con gli scoppietti e gli archibugi. È questo, l’inizio dell’uso delle armi da fuoco. Ma, nonostante ciò, la balestra rimane presente ancora a lungo negli eserciti europei: ad esempio duecento balestrieri a cavallo fanno parte dell’armata di Francesco I nella battaglia di Marignano, del 1514, contro lo Sforza.

L’ultima notizia di balestrieri in battaglia si ha durante l’assedio di Torino del 1536, dove si ricorda un balestriere che da solo uccise più nemici degli stessi archibugeri.

Ma se come arma la balestra fu destinata a scomparire, il suo pacifico uso rimase a lungo ed è giunto sino a noi.

Infatti, se dopo l’avvento delle armi da fuoco, la scarsità dei mezzi non permetteva certo a tutti di esercitarvisi, la relativa facilità nel disporre delle balestre fece sì che il loro uso per l’esercizio al tiro si perpetuasse nel tempo. Non solo, ma anche quando le armi da fuoco cominciarono a dominare sui campi di battaglia, la balestra continuò ad essere usata per motivi tecnici: “lo scoppiettatore doveva avere il cavalletto dove appoggiare lo scoppietto, portare la miccia e relativa materia incendiante; insomma erano tali e tanto complicate le manovre, che mentre un balestriere scoccava due o tre frecce, lo schioppettiere appena aveva posto la sua arma in stato di offesa. E accadeva spesso che nelle lunghe marce lo scoppietto diveniva uno strumento inutile, tanto è vero che questo principiò a imporsi alla balestra solo quando, dopo la metà del secolo XVI, si innestò la baionetta allo scoppietto”. La moda delle nuove armi si fece comunque presto sentire anche nelle gare popolari. Nel 1542 a San Marino vennero istituite gare con premi per gli schioppettieri e, per continuare l’antica consuetudine e allargare l’esercizio del bersaglio alle nuove armi, gli Statuti della Repubblica, nel 1600, stabilirono che ogni anno, nel giorno di san Marino, si svolgesse una gara con premio sia per il tiro con le balestre che con gli schioppi.

Il continuo progresso tecnico-militare rese ben presto superati gli schioppetti, che scomparvero, mentre la balestra continuò ad essere presente nelle tradizioni e nelle feste di molti popoli. Ancora oggi le gare di tiro alla balestra sono patrimonio di alcune città italiane: Gubbio, Lucca, Massa Marittima, S. Marino e Sansepolcro che hanno dato vita alla Federazione Nazionale. Nate come esercitazioni militari delle Compagnie del popolo o Società d’armi, che erano difesa e garanzia della libertà e dell’indipendenza dei Comuni medioevali, si trasformarono successivamente in gioco stabilito e regolato da bandi e statuti antichissimi. Tra i tanti documenti che testimoniano il costume di giostrare il Palio della balestra a Gubbio, nel giorno di S. Ubaldo, è rilevante una cronaca del 1461: “La domenica si balestrò il palio et la compagnia di Santa Croce andò con molte donne a fare compagnia a Madonna (Batista Sforza) la quale andò vedere balestrare”. Nei documenti di archivio di S. Marino si trovano “Capituli del palio”, che risalgono al 1537, nei quali vengono stabiliti il regolamento del tiro e l’elenco preciso dei tiratori con archibugio e con balestra. A Massa Marittima un documento del 1476, conservato nell’Archivio Comunale, stabilisce che “si balestri un balestro ogni tre mesi. Che si dia agli giovani qualche exercizio laudevole, provveduto sia che quattro volte annue si facci balestrare di tre mesi in tre mesi, balistrandosi ogni volta tre volte, ciò è in tre di festivi comandati, e qualunque in quelli tre dì averà più colpi a lui sia donato un balestro d’acciaio con girello essendo massetario et abitante in Massa e non ad altri e di questa balestra due ne paghi il Comune di Massa, e gli altri due il Podestà cioè ogni Podestà uno, e in questo modo si diviaranno i giovani della caccia e inviaronnosi al laudevole exercizio del balestro, da poter essere utili nelli casi et tempi occorrenti”.

L’incalzare delle armi da fuoco interrompe la tradizione dei Palii a Lucca e a Massa Marittima. A San Marino si balestrano pali sino al 1852 quando, i disordini e i malumori arrecati dal precedente passaggio di Garibaldi consigliano il Legato pontificio a far sospendere “temporaneamente” il tiro. Solo a Gubbio e a Sansepolcro il tiro alla balestra si è praticato ininterrottamente sino ai giorni nostri e ha dato vita a pali appassionanti, come testimonia il successo ottenuto da quelli svoltisi nella Piazza Torre di Berta di Sansepolcro, dove gli spettatori, alla presenza di figuranti e balestrieri vestiti di panni quattrocenteschi, rivivono ogni anno le suggestive emozioni provate davanti alle opere di Piero della Francesca.

A Lucca all’inizio degli anni novanta quella che doveva essere una ricercata e “stimolante divisione” nei tradizionali tre terzieri lucchesi di San Paolino, San Martino e San Salvatore, finalizzata a ricreare un po’ di sano agonismo e a stimolare la partecipazione anche prendendo spunto dalla cultura delle antiche (ma anche attuali) contrade di Siena, divenne motivo di sempre più profonda lacerazione, tanto che parte dell’allora Terziere di San Paolino di fatto uscì dalla Compagnia, dando vita a una realtà alternativa che iniziò a cercare rapporti con altre città italiane dove si svolgevano gare con le balestre antiche. Da quella divisione si è poi arrivati alla nascita formale del Terziere di San Paolino (1991) e successivamente alla nascita della Associazione Contrade di San Paolino (1994), associazione che dal 1995 è iscritta alla Lega italiana tiro alla balestra (LITAB). Ovviamente si tratta di una realtà alternativa alla FIB.

Nel frattempo, dal 2008, ci sono state divisioni anche nella Federazione Italiana Balestrieri tanto che due delle cinque società fondatrici (Gubbio e Sansepolcro) uscirono a causa di quella che venne definita «assoluta disarmonia e comportamento prepotente ed arrogante di alcuni personaggi che hanno agito per conto dei propri sodalizi perpetuando anche una serie di atti in palese contrasto con lo Statuto Federale». Così nella FIB oggi sono rimaste le città di Lucca, Massa Marittima e Repubblica di San Marino, a cui si sono aggiunte recentemente la Compagnia Balestrieri della Città di Volterra e la Compagnia Balestrieri di Pisa Porta San Marco; mentre nella LITAB si trovano 12 città con Compagnie di balestra grande o da banco: Amelia, Assisi, Chioggia, Gualdo Tadino, Iglesias, Lucca San Paolino, Montefalco, Norcia, Pisa, Prarostino, Terra del Sole e Ventimiglia.

I conflitti fra le due realtà lucchesi (Compagnia Balestrieri di Lucca e Associazione Contrade di San Paolino) in alcuni anni non hanno consentito di svolgere insieme il palio della balestra in onore del patrono della città la sera del 12 luglio. Una situazione che si è superata in questi ultimi anni anche se non appare facile e dunque nemmeno imminente una riunificazione fra le due anime dei balestrieri lucchesi, come più volte auspicato da varie amministrazioni comunali. Da ricordare anche che alcuni dei protagonisti della divisione sono poi rientrati nella Compagnia Balestrieri di Lucca così come ex dirigenti dell’Associazione Contrade di San Paolino sono poi passati alla Compagnia Balestrieri di Lucca.

Divisioni, cambi di casacca, conflitti ed eventuali rappacificazioni purtroppo non riguardano soltanto l’ambito dei balestrieri lucchesi. Si tratta anzi dell’ennesima conferma delle divisioni da sempre esistenti nel mondo dell’associazionismo lucchese (culturale, sportivo, sociale, sanitario, di volontariato, ecc.). Divisioni che in pratica portano a una eccessiva frammentazione anche dei possibili introiti. È sufficiente scorrere gli elenchi del «5 per mille» per scoprire che almeno a livello toscano Lucca si trova all’ultimo posto guardando agli incassi annuali delle associazioni più ricche. Le associazioni di volontariato e/o di promozione sociale presenti nella provincia di Lucca e ammesse al beneficio del «5 per mille» si dividono una media di circa 3.200 euro, con la più ricca che arriva appena al 40 per cento dell’importo delle associazioni più ricche delle altre province toscane. Dunque si assiste a un «divide et impera» che non fa certo il gioco delle realtà lucchesi.

Purtroppo è un fenomeno datato nella realtà lucchese quello delle divisioni, delle invidie e delle gelosie, che hanno portato a una proliferazione enorme e abnorme delle associazioni e dei gruppi. Elementi che, anche a distanza di circa trenta anni, continuano a far vivere conflitti ormai anacronistici, essendo venuti meno i motivi e/o i promotori delle stesse divisioni. Due esempi per capirci subito: anzitutto le citate associazioni del settore tradizioni storiche (Historica Lucense, Contrade di San Paolino, Sbandieratori e musici di Sant’Anna e Compagnia dei balestrieri) che talvolta sembrano evitare perfino l’entrare nella sede di un «nemico»-«rivale», quasi fosse un grave tradimento o comunque un atto impuro (sic). Poi anche i gruppi teatrali amatoriali, con le due Associazioni/Federazioni di tali gruppi. Stante una simile situazione – tendenzialmente da estendere anche ad altre associazioni e ambiti (quello musicale è segnato da molte divisioni e rivalità) che vivono soprattutto di concorrenza e di competizione, fino allo sfoggio e all’ostentazione personale – appare possibile andare incontro a un insuccesso per l’impossibilità di comunicare, dunque di rispettarsi e alla fine anche di sapere collaborare insieme. Ci sono stati in passato già altri tentativi, almeno dal 1998-2000, che sono naufragati; anche in tempi recenti con vari assessori alla cultura e/o turismo del Comune di Lucca. Eppure alla base della cultura, di qualunque cultura, dovrebbe esserci qualche nozione in più circa la capacità di rapportarsi con gli altri, lasciando alle dimensioni del profitto e/o del mercato la concorrenza e la rivalità fino alle vere e proprie guerre.

Eppure non mancano spinte coraggiose a unire le forze seguendo l’idea fondamentale e importante che sta alla base dell’associazionismo, ovvero che in tutte le sue forme è l’idea del convenire assieme, l’idea di mettere insieme le forze, di un mutuo scambio di conoscenze, esperienze, risorse, all’insegna della condivisione, della reciprocità, della complementarietà. È in una parola l’idea dell’aggregazione in tutte le sue accezioni più positive, che alla fine premia ed esalta la partecipazione di tutti. È un’idea che però nell’azione pratica sembra essere dimenticata, ignorata, talvolta, forse, volutamente. In riferimento alle problematiche affrontate assieme agli altri nel corso degli anni dedicati alla collaborazione tra le associazioni, molti si sono spesso interrogati sulle cause che sono alle origini di queste problematiche e anche di situazioni conflittuali arrivando a definire che la causa, la fonte di queste problematiche è una sola: un’interpretazione egoistica del convenire assieme, che da alcuni viene visto non tanto in termini di condivisione, quanto in termini utilitaristici, per poter conseguire interessi individuali, perseguendo obiettivi propri e non di interesse comune. Il risultato è stato spesso un’azione che di fatto prevarica gli altri. Che la causa sia questa lo dimostra il fatto che il momento di maggiore criticità coincida e sia di fatto, quello in cui vi sono risorse da condividere. Poniamo per esempio che vi sia un progetto che è stato accolto e anche finanziato…  e che a quel punto ci sia solo da stilare e definire assieme un programma…  ecco, in questo preciso momento, immancabilmente, ogni associazione porta tutte le motivazioni possibili, vuoi su un piano artistico, vuoi sul piano della propria realtà specifica ecc., per giustificare il fatto di poter conseguire per sé stessa la maggior quantità possibile di risorse. Come dire che di fronte ad una torta, ciascuno si adopera in ogni modo per averne la fetta più grossa, poco importando se a qualcuno toccheranno le briciole e magari altri neppure mangeranno. È evidente che questo tipo di azione si pone esattamente in antitesi e in totale contraddizione con un’idea di vera condivisione e un tale atteggiamento contiene già in sé fin dall’inizio il germe del fallimento e dell’autodistruzione. Questo è un punto che alcune associazioni ritengono importante e che vogliono condividere con tutti. Insomma l’idea espressa nella sua forma più pura, anche se può apparire utopistica, deve confrontarsi con gli interessi propri dei singoli che alla fine devono in qualche modo sottostare a dei limiti imposti dall’aggregazione stessa, in modo che tutti possano veramente godere di benefici, di partecipare e di condividere qualcosa. Se in ogni ambito, anche limitato e circoscritto, sono state necessarie delle regole, a maggior ragione delle regole dovranno darsi in un contesto di “rete” vasta e, molto probabilmente, eterogenea, come quella che si vuole promuovere; il che conferma e conferisce importante valore alla richiesta di avere regole che si devono dare prima e che devono riguardare in modo particolare soprattutto la ripartizione delle risorse, punto nodale ormai chiaramente individuato. E’ necessario che sia il Comune stesso a dare queste regole nel loro insieme e semmai, se si volesse farle discutere alle associazioni, fare questo in una fase preliminare. L’esperienza di questi anni ha insegnato che le diversità delle associazioni devono rimanere a quel livello. Sull’altro livello, che è quello della condivisione, dobbiamo partecipare ed essere considerati e considerarci tutti eguali.

Intanto ricordiamo che lo scorso anno Cristina Fenili dell’Associazione Contrade di San Paolino ha vinto sia il palio di san Paolino (49esima edizione) sia quello di santa Croce (15esima edizione). Vincere il palio di san Paolino e anche quello di santa Croce nello stesso anno è un evento raro. L’unico precedente risale al 2017 quando vinse il doppio palio cittadino Marco Porqueddu del Terziere San Paolino della Compagnia Balestrieri.

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