Urne chiuse

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Ore 23 del 25 settembre 2022, le urne sono appena chiuse, possiamo dunque dare sfogo ad alcuni pensieri e parole. È stata una delle peggiori campagne elettorali degli ultimi anni, da molti punti di vista. Responsabilità del mondo politico, ma non solo: i mezzi di comunicazione, soprattutto canali tv con trasmissioni ripetitive, hanno contribuito ad aggravare la situazione. Ambiguità e contraddizioni caratterizzano ormai da trent’anni una classe politico-amministrativa deludente; si vive di slogan, di scontri spesso artificiali (quello di Letta e Meloni è stato paragonato a Raimondo Vianello e Sandra Mondaini) ad uso e consumo di noi ridotti come sudditi; a scapito evidentemente di maggiore chiarezza dei programmi. 

Un fatto è accertato: i partiti promettono soldi da spendere ma non spiegano dove attingere le risorse. Sky TG24, ha scritto Il Foglio, ha costruito una tabella con uscite ed entrate – il centrodestra ha 40 promesse e 3 impegni di entrate, il Pd 66 e 4, il M5S 32 e 2, Azione 73 contro 7.

Partiti che praticamente non fanno più congressi, sono sempre meno democratici quando invece, in tempo di crisi come l’attuale (pandemia, guerra in Ucraina, inflazione, imprese a rischio) sarebbe necessaria più partecipazione. Oggi i loro rappresentanti vengono costantemente in televisione e ci spiegano come bisogna procedere per risolvere i problemi, come se fossimo noi nelle stanze del potere; però poi non lo fanno. Scatta un meccanismo perverso per cui la trasmissione diventa inconcludente, magari finisce per rivelarsi di parte, e il giorno dopo si passa oltre. E lasciamo perdere il mondo delle nuove tecnologie comunicative dove proliferano offese e stupidaggini (però fanno notizia, se così si può dire, e la sera vi imbastiscono un’altra sterile trasmissione tv, utile soprattutto alle loro casse pubblicitarie grazie al fatto che, seppur poco, le guardiamo).

La scarsa incisività ovviamente si ripercuote in senso negativo, provoca rilassatezza autoreferenziale, che coinvolge anche senatori e deputati, pure loro già alle prese con il peso della burocrazia che però non combattono. E quindi le decisioni saranno lentissime, si rinvia in maniera sistematica, così molta gente dimentica…

Un piccolo esercizio. Quante ricostruzioni sono stata effettuate dopo un terremoto? Quante opere sono state  realizzate dopo le alluvioni? E così via, tralasciando gli esempi nel settore della giustizia sociale.

L’Italia è un Paese in emergenza continua, il timore che il sistema politico si stia avviando pericolosamente verso l’orlo del collasso è fondato. E allora una prima domanda da porsi è: ci sarà nel prossimo Parlamento un leader in grado di contribuire in maniera decisa ad una svolta? E intanto, sappiamo che non è di grande interesse ma, ad esempio, perché non mettere mano subito ad una nuova legge elettorale? Perché non mettere mano alla riforma delle regioni? I fatti degli ultimi anni dovrebbero far riflettere: durante la pandemia si è visto che aver delegato la sanità alle regioni non è stata una buona idea! Si lascia tutto così per non creare disturbo a un potere ormai consolidato? 

Una breve ulteriore riflessione merita l’aspetto elettorale, visto che si è votato proprio oggi. 

  1. Candidati calati dall’alto perché i capi partito di turno nominano i loro fedelissimi, mai conosciuti prima sul territorio. 
  2. È normale che ci siano collegi che vanno da Massa a Firenze, e addirittura dividono le zone cittadine? Massa e parte di Lucca; Lucca e parte di Pistoia; Prato e parte di Pistoia e Mugello; Livorno e Pisa e comuni di Viareggio, Camaiore e Massarosa; Massa e Lucca e Pistoia e Prato: nell’uninominale significa che l’unico eletto rappresenta tutti per un raggio di decine e decine di chilometri – pensate davvero che diventerà un riferimento per la gente? Che potrà svolgere un ruolo di servizio alla comunità? 

Urge dunque una legge elettorale semplice, di facile comprensione: tocca al legislatore (altrimenti intervenga chi è sopra di lui) capire che l’elettore medio, magari anche anziano, non può ricordarsi che quando va in cabina a esprimersi per il Comune e la Regione può dare il voto disgiunto, se invece lo fa per le elezioni politiche gli viene annullata la scheda. È così difficile comprendere questo oppure si vuole che i votanti siano sempre meno? Perché nessuno, stampa compresa, riesce a sferzare chi avrebbe il dovere di assumere queste decisioni?

In conclusione. Certo, quanto accennato è lo specchio del Paese, il Parlamento è eletto dai cittadini e quindi si torna al discorso della partecipazione, partendo dal basso; però è pur vero che l’offerta è davvero molto modesta. Al di là dei sondaggi (non sempre ci azzeccano) e dei condizionamenti che ignorano la par condicio, stavolta c’era anche la novità del voto dei diciottenni al Senato (se ne è parlato poco). Vedremo i risultati, questione di ore. Finora a nostro modesto avviso sono stati commessi svariati errori: da Conte che ha mandato il Governo a casa nel pieno della crisi, a Salvini che ne ha approfittato forse sperando di recuperare, il che è tutto da vedere; a Letta, che non si capisce (rancori?) come abbia preferito Fratoianni allo stesso Conte e a Calenda, a conferma di un partito che non cresce anche perché non rappresenta più precise fasce sociali come una volta: aver realizzato una fusione fra ex comunisti (già in fase di conversione dopo il fallimento dell’89) ed ex democristiani per realizzare un Pd all’americana lo ha ridotto, dopo anni sempre in maggioranza, a essere percepito come un altro potere forte. Una fase critica che di recente si è manifestata perfino a Lucca. 

(Ricevuta da Lettore ’40 e volentieri pubblicata)

(Immagine di copertina intitolata “Gorilla Lettore” di Federico Feroldi)

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