Cosa succede nel carcere di Lucca? Vi portiamo all’interno di San Giorgio

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Il carcere è un luogo che viene tradizionalmente guardato dalla popolazione con una certa diffidenza, e anche nella nostra città questa tendenza non è smentita. L’istituto di pena rappresenta infatti un luogo di temporanea esclusione dalla società, ma secondo la nostra Costituzione dovrebbe servire alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato. È davvero così? A Lucca ci sono le condizioni perché ciò avvenga? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Maionchi – avvocato e responsabile dell’Osservatorio Carcere della Camera penale lucchese – che ci ha condotto idealmente all’interno dell’antico carcere di San Giorgio e ci ha illustrato la realtà carceraria della nostra città.

Lei è, per la Camera Penale di Lucca, componente dell’Osservatorio Carcere: ci può spiegare che cos’è esattamente tale organismo e quali sono le sue funzioni?

L’Osservatorio Carcere è una struttura istituita a livello nazionale in seno alle Camere penali Italiane, che si compone e si avvale di strutture decentrate rappresentate dai referenti locali delle Camere Penali. Al momento io e la collega Francesca Trasatti siamo, appunto, i referenti per la Camera penale di Lucca. La funzione dell’Osservatorio – seguendo le linee guida tracciate a livello nazionale – è quella di studiare i problemi normativi e pratici dell’ordinamento penitenziario e della realtà carceraria alla luce della produzione legislativa in materia penitenziaria. Una delle attività principali è quella di monitoraggio della situazione carceraria attraverso le visite dei singoli istituti penitenziari, e tra gli obiettivi dell’Osservatorio c’è quello di avvicinare e sensibilizzare l’opinione pubblica alle problematiche relative alla detenzione.

Anche sulla base della sua esperienza professionale, secondo lei qual è il rapporto dei lucchesi con la casa circondariale San Giorgio?

Venendo alla nostra realtà cittadina, penso di poter affermare – peraltro con un certo rammarico – che il carcere di San Giorgio rimane abbastanza indifferente ai lucchesi. Da Via San Giorgio non si ha neppure l’impressione di avere davanti un carcere, perché la struttura si mimetizza abbastanza con gli edifici adiacenti. Diversa, invece, è la visuale dalle mura: muri di cinta, guardia armata di ronda sul camminamento estero e inferriate delle celle. Personalmente sono dispiaciuto che la società civile non abbia interesse ad avvicinarsi e a comprendere il carcere. Sembra quasi che ci si voglia fermare ad osservare il “contenitore”, senza andare oltre e cercare di comprendere il “contenuto”. Sono convinto che un progetto di “apertura delle porte del carcere” farebbe comprendere al cittadino cosa si intende effettivamente per “detenzione” e, al contempo, porterebbe giovamento e opportunità anche alla struttura stessa, magari attraverso progetti esterni. 

Abbattiamo i muri tipici del luogo di reclusione e cerchiamo, adesso, di fare entrare i lucchesi all’interno del carcere: com’è divisa la struttura e in che condizioni si trova attualmente?

La struttura era un antico convento di monache di clausura che fu adibito a luogo di detenzione a far data dal 1806. Per la sua conformazione strutturale, non essendo stata progettata per ospitare un luogo di reclusione, sono state apportate negli anni diverse modifiche e migliorie al fine di cercare di adattare al meglio i locali esistenti alle esigenze proprie di un istituto di pena. Sebbene la conformazione e la vetustà degli edifici determinino difficoltà nella gestione degli spazi si è potuta constatare una positiva attitudine dell’amministrazione nel recupero di locali, anche adibiti ad aree comuni per i detenuti che, nello specifico, sono individuati nella palestra, nella biblioteca e nel teatro. Vi sono due ulteriori spazi comuni per “l’aria”, composti da due zone adibite a passeggio e campo da calcetto. Peraltro vorrei evidenziare anche che recentemente è stata ammodernata la sala colloqui familiari ed istituita una stanza adibita all’accoglienza dei minori in visita ai parenti. Inoltre è presente anche una sezione per i detenuti semiliberi che mette a disposizione celle singole e doppie.

Qual è la capienza del carcere e quanti detenuti sono attualmente presenti all’interno della struttura? In poche parole…c’è sovrannumero di detenuti? Secondo lei per quale motivo?

Attualmente i detenuti sono 108, al limite della capienza. L’emergenza epidemiologica in atto rende difficili i trasferimenti in altri istituti. Noi siamo comunque una realtà relativamente felice, se è consentito usare tale aggettivo per un carcere. Vi sono strutture in Toscana, ma più in generale in Italia, dove, purtroppo, il sovraffollamento tocca picchi molto preoccupanti. Molte volte si è parlato di una vera riforma dell’edilizia penitenziaria, ma troppo spesso non se ne è mai fatto di nulla.

Quanti detenuti stanno scontando una pena definitiva e quanti, invece, sono sottoposti a misura cautelare senza essere stati condannati? Prevalentemente di quali reati si tratta?

I condannati con sentenza definitiva sono circa il 50%. In particolare si segnalano, per lo più, detenuti ristretti per reati inerenti droga, furti e rapine.

Qual è la percentuale di stranieri presenti all’interno del carcere? Da quali paesi provengono?

La popolazione carceraria di Lucca è composta per il 55% da stranieri di tutti i Paesi, con una marcata presenza di soggetti nord africani (Marocco, Tunisia, Algeria).

Il carcere di Lucca ha sezioni femminili? Le ha mai avute?

La sezione femminile è stata chiusa nel 2003 e, pertanto, il San Giorgio oggi è un Istituto esclusivamente maschile. La ex sezione femminile adesso è in parte adibita ad ospitare i soggetti semiliberi.

In che condizioni vivono i detenuti? Ad esempio, nelle celle ci sono almeno 3 mq calpestabili per ogni detenuto? C’è l’acqua calda, il riscaldamento e la doccia in ogni cella?

La zona delle celle, evidentemente condizionata della vetustà della struttura, è sufficientemente pulita, provvista di tutte le dotazioni di sicurezza come cartelli di evacuazione ed estintori. Nelle camere di detenzione vi sono i tre metri calpestabili e ogni cella ha il riscaldamento. In ordine alle docce delle sezioni, peraltro di recente ammodernamento, si sta provvedendo alla sistemazione delle medesime e dei locali sottostanti, per problemi sopravvenuti.

È offerto un supporto medico e psicologico all’interno della struttura? Quanti sono gli agenti di polizia penitenziaria presenti all’interno? Secondo lei sono sufficienti?

In Istituto è attiva un’area Sanitaria che dipende direttamente dalla ASL e ci sono tre psicologi, uno della ASL e uno convenzionato dall’amministrazione penitenziaria. Quanto all’organico della polizia penitenziaria, a fronte di recenti pensionamenti sono giunti nuovi agenti. Però non conosco il numero esatto degli agenti in servizio e, quindi, non posso dirle se il numero sia sufficiente o meno. Andrebbe confrontato il dato con le proporzioni previste dalla legge in materia di vigilanza degli istituti.

Com’è il rapporto tra detenuti, agenti di polizia penitenziaria, avvocati e assistenti sociali?

Posso parlare unicamente degli ultimi dieci anni e devo dire che le relazioni tra avvocatura e “mondo penitenziario lucchese” sono sempre state molto buone, volte ad una collaborazione fattiva e caratterizzate da un confronto leale e costruttivo. Quando parlo di “mondo penitenziario” mi riferisco, in particolare, all’amministrazione penitenziaria (composta da area dirigenziale, polizia penitenziaria, area educativa e Udepe), al servizio sanitario che opera all’interno dell’istituto, nonché ai volontari. Per ciò che concerne il rapporto tra detenuti e agenti di polizia penitenziaria, per quanto ne sappia, tranne episodi che inevitabilmente si verificano, il clima è relativamente tranquillo.

Ci sono stati, recentemente, casi di autolesionismo e di violenze all’interno del carcere?

A volte si verificano: la detenzione è dura, prima di tutto da un punto di vista psicologico. Sono atti dimostrativi frutto di disperazione che personalmente comprendo, ma che allo stesso tempo ho sempre rimproverato ai detenuti che assisto poiché non portano a niente se non ad inasprire e tendere i rapporti con l’amministrazione penitenziaria, con tutto quanto di negativo ne discende.

In altri istituti ci sono stati veri e propri focolai di COVID-19. Nel carcere di Lucca com’è stata gestita la pandemia?

La pandemia è stata gestita fin dall’inizio attraverso protocolli stipulati tra la Direzione e il Dirigente sanitario del locale presidio: sono state adottate tutte le misure previste dai protocolli nazionali e regionali e dalle disposizioni dei superiori uffici. Non vi sono stati focolai, però c’è stato qualche caso di Covid-19 che è stato gestito attraverso la rigida osservanza delle misure predisposte. Comunque, al momento, non vi sono casi. Cosa è stato fatto? innanzitutto all’ingresso dell’istituto è stato predisposto un triage, una postazione permanente dotata di termo scanner, mascherine, gel disinfettante e guanti. Tutti gli ambienti sono stati trattati con macchinari di sanificazione e ogni postazione operativa prevede un dispenser di gel disinfettante. Tutti gli appartenenti all’amministrazione penitenziaria, inoltre, sono dotati di mascherine e guanti e tutti i detenuti sono stati dotati di mascherine – bene attualmente preziosissimo – fornite dal Comune di Lucca, dall’area sanitaria dell’istituto e dalla Direzione. Peraltro vorrei anche segnalare che un imprenditore lucchese ha donato una fornitura di mascherine, anche se purtroppo è rimasto un caso isolato. Infine, di concerto con il dirigente sanitario sono state istituite sezioni stagne all’interno delle quali i detenuti non cambiano mai, in maniera tale che se dovesse manifestarsi un contagio questo rimarrà confinato ad un numero ristretto di soggetti ben identificabili. Nei locali a fianco dell’infermeria, poi, è stata istituita anche un’area sanitaria di isolamento: in pratica tutti i nuovi giunti, tutti i detenuti movimentati e tutti i detenuti che hanno contatto con l’esterno devono trascorrere la quarantena in quest’area di isolamento prima di tornare in sezione. Vi è un presidio sanitario fisso, oltre che un presidio di polizia penitenziaria, che garantisce l’accesso alle persone isolate.

Vuole aggiungere altro?       

Si, colgo quest’occasione per fare un appello: chi volesse contribuire alla causa del carcere di Lucca non esiti a contattare l’Osservatorio Carcere o il sottoscritto.

Giovanni Mastria
Giovanni Mastria
Nato a Lucca, classe 1991. Scrivo con passione di cultura, attualità, cronaca e sport e, nella vita di tutti i giorni, faccio l’Avvocato. Credo in un giornalismo di qualità e, soprattutto, nella sua fondamentale funzione sociale. Perché ho fiducia nel progetto "Oltre Lo Schermo"? Perché propone modelli e contenuti nuovi, giovani e non banali.

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