Con l’ultimo Dpcm il governo ha istituito il cashback di Natale, un piano messo a punto per incentivare l’uso della carta di credito e dei pagamenti elettronici. “Usa carte e app: guadagni, vinci e cambi il paese”, è questo lo slogan scelto per l’annuncio dell’operazione che durerà fino al 31 dicembre.
Da gennaio tale strumento si trasformerà, per il prossimo anno e mezzo, da eccezione in abitudine, quindi da cashback natalizio a cashback di Stato. Ma con qualche differenza: dal primo gennaio per ottenere il rimborso di un massino di 150 euro, occorrerà fare almeno 50 acquisti in un semestre (adesso ne bastano 10). I primi rimborsi dovrebbero essere erogati entro il 28 febbraio 2021.
Oltre alla registrazione a rilento, le criticità sembrano però essere molte altre, tanto che è stato definito più volte una vera e propria ‘fregatura’. I dubbi più grandi riguardano la provenienza dei soldi, i ‘danni’ economici al piccolo commercio e la sicurezza del rimborso. Il governo ha infatti stanziato, per il cashback natalizio, 227,9 milioni di euro, cifra che potrebbe non essere sufficiente visto il numero di adesioni (ad ora 4,5 milioni). Nel regolamento infatti si legge: “Qualora la predetta risorsa finanziaria non consenta il pagamento integrale del rimborso spettante, questo è proporzionalmente ridotto”. A chiarirci le idee è un commercialista, S.S. (per ragioni professionali ha preferito non comparire) che ha analizzato la manovra fatta dal governo anche per richiesta di alcuni suoi clienti.
Dicono che ci sarà un rimborso del 10% dopo 10 pagamenti con la carta, ma con alcune limitazioni. Quali sono?
“Secondo quanto detto appunto, la manovra prevede un rimborso al cliente del 10% dopo 10 pagamenti con la carta entro il 31 dicembre (con possibilità di proroga fino al 6 gennaio). E qui la prima criticità: il rimborso di ogni singola operazione non può superare i 15 euro. Quindi su una spesa di, ad esempio, 200 euro, il cui 10% corrisponderebbe a 20 euro, ne saranno comunque erogati 15. Sembra una cifra alta e definita ‘non ordinaria’ dal governo ma potrebbe essere quello che spende una famiglia di 5 persone per fare la spesa. Inoltre c’è un limite previsto, anche nel cashback di Stato, che è quello di 150 euro di rimborso massimi ogni sei mesi, anche se la spesa totale superasse i 1500 euro”.
Viste le molte adesioni, il rimborso di 150 euro arriverà integralmente a tutti secondo lei?
“Non credo, almeno per il cashback natalizio. Ad oggi hanno aderito in circa 4,2 milioni di italiani e il numero è destinato ad aumentare. Se tutti questi raggiungessero la spesa soglia di 1500 euro, lo stanziamento di 227,9 milioni di euro che il governo, come scritto nel decreto ministeriale, ha riservato alla prima parte (periodo fino al 31 gennaio) basterebbe per rimborsare ad ognuno meno di un terzo dei 150 euro previsti. Quindi un cashback di meno di 50 euro a testa”.
Molti piccoli commercianti continuano a non accettare i pagamenti con la carta, è vero che il cashback è uno svantaggio per loro?
“La finalità è quella di ridurre i pagamenti in contanti, spesso fatti in nero, favorendo il tracciamento fiscale. E sarebbe anche una finalità utile se solo il sistema fiscale fosse proporzionale: più guadagni più paghi. In Italia purtroppo ci sono ancora una serie di imposizioni fiscali che rendono le piccole imprese troppo tassate rispetto al ricavo. Una piccola attività che si dota di Pos, oltre alle spese d’acquisto, paga alla banca una cifra al mese, variabile a seconda del contratto e le commissioni. Tutto ciò non favorisce di certo i piccoli imprenditori che spesso hanno utili, al netto delle tasse ma al lordo delle spese, anche inferiori al 10% e che devono già far fronte ad un forte calo del fatturato. Magari sono costretti ad aumentare pure i prezzi dei loro prodotti perdendo competitività di fronte alle Grandi Distribuzioni. Le prime che vedranno salire i loro profitti saranno le banche, grazie alle commissioni e all’aumento dell’importo del credito di Stato. Poi il maggiore guadagno sarà appunto per le multinazionali, per i prezzi che offrono e perché da sempre accettano pagamenti con carta anche per piccole cifre. Il guadagno a nero non è giusto, ma tutto ciò non è sicuramente a favore dei piccoli commercianti”.
Quanto ha stanziato il governo per il piano? Il consumatore è veramente avvantaggiato?
“Il governo stanzierà per l’intera manovra del cashback 227,9 milioni per il 2020, 1,7 miliardi nel 2021 e 3 nel 2022: soldi pubblici che non fanno che incentivare il debito a discapito delle generazioni future. In tutto ciò noi consumatori, per avere quei 150 euro di risparmio, ne spendiamo dieci volte di più andando a rifinanziare la spesa. Ma non ci dimentichiamo che molti clienti non hanno un reddito così elevato da potersi permettere di superare il limite minimo di transazioni da effettuare per ottenere il rimborso e ciò aumenta ancora di più il divario sociale fra ricchi e poveri. Sarebbe un’ottima iniziativa contro l’evasione fiscale se incentivasse davvero i piccoli imprenditori e non le banche, il commercio locale o anche i consumatori stessi. L’interesse pubblico insomma. Certo che di questi tempi anche 150 euro sono di aiuto, è il sistema che vi sta dietro che non è di vantaggio per il futuro. Avrebbero potuto usare questi soldi per le casse integrazioni o altre spese più rilevanti”.
Ancora una decisione che divide quindi e che pare aumentare il divario fra piccole e grandi produzioni. Oltre a questo incentivo, il governo ha istituito anche la Lotteria degli scontrini. A partire dal 2021 gli scontrini genereranno automaticamente biglietti virtuali che potranno far vincere premi a chi acquista e agli esercenti che li hanno emessi. Tra le piccole imprese però, solo un registratore di cassa su tre, secondo le stime, è attrezzato per partecipare e questo comporta ulteriori spese. Il tutto a vantaggio sempre delle macro-imprese già tecnologiche. C’è da sperare allora, almeno, che intanto tutti i rimborsi siano erogati.