Victim blaming?

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Non tutti sanno che cosa voglia dire «victim blaming»: significa colpevolizzazione della vittima. Vuol dire, cioè, che si pensa che «se la sia cercata». Che è colpa sua (blame in inglese vuol dire colpa).

Il termine è stato usato dalla Ferragni («Stranamente è sempre la donna ad essere colpevolizzata: victim blaming allo stato puro») in un post contro il conduttore Mediaset Giambruno reo di aver detto che «Se eviti di ubriacarti e perdere i sensi, eviti di incorrere in determinate problematiche». Il tema dell’intervento del commentatore di Mediaset era lo stupro di Francesca (nome di fantasia con cui è nota la vittima del branco a Palermo e che è all’origine delle dichiarazioni che stiamo commentando).

Naturalmente la frase è stata estrapolata dal contesto e, come sempre accade, nel suo contesto faceva un effetto un po’ diverso. Ma se questa fosse l’unica riflessione da fare sarebbe ben poca cosa: anche se è indubbio che parlando a ruota libera uno possa usare parole non sempre perfettamente appropriate, questo non toglie che il pensiero fosse chiaramente definito e quindi vada commentato per quanto contiene. Inoltre anche il contesto è importante: si trattava comunque di una intervista televisiva, non di una conversazione privata.

Ma il vero punto è che se qualcuno dice che un comportamento troppo disinvolto è pericoloso si accende innesca una bomba mediatica. Se dice che non è prudente e financo pericoloso «sballarsi» è, nel migliore dei casi, un «boomer». E dire che non esiste un «diritto allo sballo» è atto degno solo di un reazionario.

Però è così: un comportamento troppo disinvolto è pericoloso.

Consigliereste ad un figlio, anche maschio, di andare in giro di notte da solo sfoggiando catenine d’oro o orologi costosi o cellulari premium in certe zone malfamate o in alcuni parchi dove lo stato è ben poco presente alle periferie di certe grandi città? Consigliargli prudenza è colpevolizzare le vittime che sono state là rapinate, picchiate e financo uccise?

La colpevolizzazione delle vittime sarebbe tale se considerassimo provocazioni per il delinquente i suddetti comportamenti imprudenti. Se il girare con le suddette catenine d’oro potesse essere usato dal nostro ipotetico aggressore come attenuante qualora fosse stato arrestato e processato.

È ovvio che ciascun cittadino ha diritto a girare libero e sicuro per le strade. E ha diritto a non essere aggredito. Neppure se perde i sensi o se si trova in uno stato di minorazione psicofisica autoindotta da alcol o doghe. La sua debolezza non può in alcun modo giustificare una violenza, soprattutto una violenza sessuale che, assai più di un’aggressione fisica, ferisce e strappa l’anima di una persona.

Qui davvero non parliamo del caso di Francesca. Il suo caso è di quelli che lasciano il segno: è stata abbordata in un locale da una persona che credeva amica e che la ha ingannata, portandola all’eccesso per consentire a lui e al suo branco di utilizzare lo stato di confusione alcolica non per strappare un dubbio consenso ma per poter portare la vittima in un luogo isolato dove le sue proteste e grida di aiuto non hanno trovato possibile aiuto. È un comportamento premeditato, feroce e senza scrupoli. Difficile difendersi.

Ma per un caso «Francesca» ci sono anche altri casi, assai più difficili da trattare, in cui lo stato di confusione mentale autoindotto porta a comportamenti disinibiti e quantomeno equivoci; in cui se la violenza non è identificabile neppure lo è un sano consenso. E in questi contesti è più frequentemente la donna a soffrire per quanto avviene.

È davvero un comportamento sessista consigliare prudenza?

È retrogrado dire che non esiste un «diritto alla sballo», fermo restando che non si può abusare della debolezza dello «sballato»?

È «victim blaming» dire ai nostri ragazzi di non ubriacarsi e di non drogarsi, cioè di divertirsi in modo sano, anche per evitare che dei «lupi» si approfittino di loro?

Personalmente non lo credo. Personalmente continuerò a dire a tutti i ragazzi (ma anche gli adulti) con cui parlo di queste cose che gli eccessi vanno evitati: sia per evitare di facilitare il compito di chi voglia approfittare di loro, sia perché la felicità, quella vera, non la si trova mai sul fondo di una bottiglia o nei fumi della mente.

Ma quello che talvolta vi si può trovare è davvero terribile.

Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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1 commento

  1. Concordo. E’ qui entra in gioco il ruolo dei genitori e la loro importante e imprescindibile azione educativa. Non si tratta soltanto di invitare alla prudenza i propri figli , mettendoli in guardia dai “pericoli del mondo”, ma educarli dal punto di vista affettivo, al rispetto dell’altro sesso e al rispetto generale verso tutti, persone, animali e cose.
    Credo che bisogna ripartire da questo: il ruolo della famiglia. Poi è importante anche il ruolo educativo della scuola.

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