È stata un’elezione più rapida di quanto non si aspettassero molti osservatori (me compreso). In appena 4 scrutini, un solo giorno, si è giunti all’elezione di un nuovo papa.
E di un papa che nessuno aveva messo tra i papabili.
Questo è un papa che da cardinale non ha rilasciato molte dichiarazioni. Una persona che le cronache definiscono schivo e moderato. Che, nel suo primo discorso pubblico, ha parlato di pace di Dio, di Pace di Cristo Risorto. Pace per tutti i popoli e per tutte le persone. Ha salutato la sua terra di adozione (il Perù) e ringraziato le folle esultanti. Immagino pensando (pur senza citarle) anche a quelle che, dall’altra parte dell’oceano, nella sua terra natia, hanno esultato lontano dall’abbraccio delle telecamere di piazza San Pietro.
Credo che cominciare a dire chi è e cosa pensa un papa dopo avergli sentito dire appena una manciata di parole sia davvero irrispettoso. Le parole che una persona dice devono essere valutate tutte assieme perché parlando uno chiarisce cosa pensa e approfondisce, spiega ed illustra. Diamo perciò il tempo a questo papa di spiegare cosa pensa dei grandi temi di questi anni e staremo attenti a comprendere ciò che vorrà comunicare.
Per ora però possiamo fare alcune osservazioni non tanto sul nuovo papa, di cui sappiamo ancora poco, quanto sul significato che ha questa elezione.
Intanto si tratta del secondo papa americano. Il secondo consecutivo. Il secondo con una chiara impronta sud-americana.
Il fatto di sottolineare che è il secondo non è certo per sminuirne l’importanza ma, anzi, per sottolineare che questa è una linea di tendenza.
I papi non vengono scelti, al di là delle finzioni cinematografiche, perché appartengono a cordate (in qualche modo) politiche e tantomeno su basi di equità territoriali (tipo una volta all’Europa, una all’America e via e via). Un papa viene scelto per quello che, come vescovo e cardinale, ha fatto. Il che, quasi sempre, ha a che fare con lo stato di salute delle chiese che ha guidato. Così fu per papa Giovanni Paolo II, così fu per papa Francesco e così è per papa Leone XIV (anche papa Benedetto XVI è stato, naturalmente, eletto per quanto aveva fatto, ma lui era un componente della curia di papa Giovanni Paolo II e aveva il dicastero della Congregazione per la dottrina della fede e quindi non aveva direttamente una porzione del popolo di Dio ma piuttosto una funzione su tutti).
L’elezione di un papa è quindi anche, indirettamente, una constatazione dello stato di salute della Chiesa che lo ha visto amministratore. E il fatto che non sia un europeo, sebbene non ne sia una diretta e incontrovertibile dimostrazione, lascia trasparire uno stato di debolezza di queste Chiese, almeno paragonata alla forza di una seconda elezione.
Questo però è anche il promo papa statunitense. Una scelta anche qui significativa, probabilmente non facile, certamente non attesa.
La nuova Chiesa Cattolica è quindi entrata nell’orbita degli stati uniti. Una cosa che, a scriverla, fa un po’ impressione. Ma, anche qui, certifica una Chiesa che, con le sue ombre come tutte, ha uno stato di salute importante, una capacità di attrazione significativa e una penetrazione profonda. È sbagliato proiettare prospettive politiche ad una scelta di una persona per il soglio di Pietro. Il fatto che sia statunitense non ha a che fare con la politica, quanto piuttosto con una Chiesa (quella statunitense) che avanza.
La Chiesa Statunitense è una chiesa un po’ divisa (ma lo è anche la nostra) ma anche una chiesa aperta e vitale. Forte del dialogo con le altre confessioni cristiane e di una capacità di annuncio che convince e allarga. Una Chiesa che si allarga: ha una base di fedeli fortemente multietnica e che ha investito molto in strumenti di formazione. Una Chiesa il cui clero è fortemente legato agli ordini religiosi (circa un terzo del totale). Una Chiesa anche maturata e capace di far crescere personalità tali da poter essere attrattive per i cardinali in conclave.
È anche il secondo papa appratente ad un ordine religioso. Dopo il gesuita Francesco abbiamo l’agostiniano Leone XIV. Anche questo è un segno. Il segno di una forza degli ordini rispetto al resto del collegio cardinalizio. Non, ovviamente, una forza di lobby, ma una forza spirituale, di capacità di elaborazione e di proposta. Una forza a cui i cardinali si sono rivolti per il sostegno che nuovo papa ha necessità di avere per guidare la Chiesa di Dio.
Gli ordini religiosi sono quindi, per la seconda volta, la scuola formativa che è in grado di produrre una persona che possa sopportare il peso del papato. Che ne possa assumere la responsabilità di guida in anni complessi e così segnati dal cambiamento.
Infine questo è un papa piuttosto giovane: 69 anni. Una scelta evidentemente fatta per durare, non un papa di transizione, quindi. Un papa che ha davanti a sé, a Dio piacendo, un lungo pontificato atto ad accompagnare un cambiamento piuttosto che a gestire l’esistente. Un cambiamento di cui si sente l’esigenza.
Un cambiamento che, ascoltando passo passo quello che ci dirà, potremo comprendere. Un po’ alla volta.