Pietro Fazzi tra passato e futuro:”Si facciano avanti persone che hanno scelto la politica in modo disinteressato”

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L’ex sindaco di Lucca ha concesso una lunga intervista al nostro quotidiano, lasciandosi andare ad alcune riflessioni sulla politica locale e offrendo qualche spunto per il futuro della città. Dai suoi trascorsi di gioventù agli scontri con Marcello Pera, dal giudizio sul centrodestra a quello sull’amministrazione Tambellini: questi sono solo alcuni degli argomenti trattati da uno degli uomini che, negli ultimi trent’anni, più hanno segnato la storia cittadina.

Pietro Fazzi, prima di tutto una domanda che le farà fare i conti con il suo passato: nell’ultimo periodo sono venuti a mancare Vincenzo Placido e Mauro Favilla, due pilastri storici del centrodestra lucchese. Ecco, a prescindere da ogni diatriba passata, ci dà un giudizio politico sincero su queste due personalità?

Voglio essere sincero come mi chiede, a partire dal rispetto per due persone che ci hanno lasciato da pochissimo tempo. Posso sbagliare, ma ho sempre visto in entrambi lo stesso atteggiamento rivolto al passato animato per lo più da uno spirito di rivalsa per la stagione del giustizialismo che aveva cancellato le forze politiche che li avevano visti crescere ed affermarsi e, nel caso di Favilla, il comprensibile risentimento verso i lucchesi  “lanciatori” del siluro che nel maggio 1996, quando ancora militava nel centrosinistra, portò, pochi minuti prima del giuramento, alla revoca della sua convocazione al giuramento come Sottosegretario alle Finanze del Governo Prodi.

A suo avviso, durante le prossime elezioni il centrodestra sentirà la mancanza di due figure di riferimento come quelle nominate poco fa?

Abbiamo partecipato e assistito alle testimonianze di affetto e alle attestazioni di stima per due figure che hanno calcato per anni la scena politica cittadina: tutti possono constatare il segno lasciato da queste due esperienze in molti di quelli che hanno condiviso con loro tratti più o meno lungo di cammino.

A distanza di anni dalla nota querelle che vi ha coinvolti, ci dà invece un parere sull’ex Presidente del Senato Marcello Pera? Avete più avuto modo di confrontarvi?

Non ci è dato di modificare i fatti, e devo dire che sulla vicenda GESAM anche i cittadini hanno capito e ricordano bene. Nonostante questo, mi ha fatto piacere quando il Presidente Pera ha accettato di stringerci la mano, in piazza San Frediano, dopo le esequie di Vincenzo Placido. Con Pera mi ero scontrato molti anni prima, nel 1985, sulle colonne del Tirreno. Il caporedattore di allora, Marco Innocenti, aveva accolto la mia proposta di aprire un dibattito che si  intitolò “Progetto Lucca”, dove provavo ad aprire un ragionamento organico sulla politica locale e Pera era intervenuto polemicamente con un suo pezzo. Nonostante il precedente, avevo sperato in una svolta positiva quando Forza Italia lo candidò al Senato. Pensai che un uomo di cultura, abituato professionalmente a valutare e a scoprire talenti, poteva essere la chiave giusta. E poi sapevo che anche lui sapeva apprezzare, senza sottacerne i limiti, i valori della nostra storia repubblicana e diceva di credere nelle potenzialità della nostra comunità. Un passo notevole rispetto ai toni sprezzanti con i quali aveva bollato Lucca di essere una realtà “parrocchiale”, ritenendo con ciò di esprimere  semplicisticamente un giudizio negativo, dimostrando in realtà di non averla capita. Purtroppo, secondo me, alle iniziali dichiarazioni d’intenti non è seguita una condotta politica conseguente, e se oggi qualcuno si interroga su possibili benefici derivati dalla sua azione sono tutti d’accordo nel riconoscere a lui gli affondamenti di ben due amministrazioni rette dalla sua stessa parte politica e successivamente regalate al centrosinistra: due affondamenti voluti e in seguito rivendicati.

I lucchesi la ricordano come un sindaco lungimirante e coraggioso, forse anche troppo. Ecco, da un punto di vista politico e/o amministrativo lei ha rimpianti o rimorsi?

Non dico di non aver commesso errori, ma non ho rimpianti e non provo rimorsi. Avrei voluto però essere più efficace nel conciliare un’attività indubbiamente molto assorbente e impegnativa con il mio ruolo di padre.

Lei è cresciuto nella DC e poi è stato un pioniere del berlusconismo, quello più moderato e liberale. Oggi Forza Italia ha percentuali modeste e il centrodestra pare più orientato verso altri pensieri. Secondo lei quale sarà il futuro dei moderati di centro come lei?

Mi scusi ma non è esatto, non ho mai fatto vita di partito. Dai tempi del liceo mi sono interessato alla storia del Movimento Cattolico e alle vicende del Partito Popolare di don Luigi Sturzo, ben sapendo che dal secondo dopoguerra la Democrazia Cristiana si accreditava come prosecuzione di quella storia. Ma l’idea stessa di partito era cambiata e lo stesso don Sturzo pagò con l’emarginazione le sue critiche alla partitocrazia. In pratica, mi iscrissi alla DC in risposta all’appello di Benigno Zaccagnini, credendo alla sua volontà di moralizzazione e rinnovamento. Era il 1976, ma restituii la tessera nella mani del segretario provinciale due anni dopo. Nell’85 fui candidato come indipendente insieme ad altri giovani non iscritti e risultai eletto. Ma alla fine dei cinque anni mi fu negato il secondo mandato – scontato in base alle norme statutarie –  perché avevo avuto da ridire su una serie di scelte: dalla pedonalizzazione di piazza Grande alle aperture domenicali dei negozi, passando anche dalla sistemazione del Vicolo San Carlo…e in particolare sulla gestione del Teatro del Giglio del quale, peraltro, ero presidente. Mi sono avvicinato a Forza Italia dopo Tangentopoli per tre motivi: per le sue posizioni garantiste – ricordo che la presa di distanza dal giustizialismo è arrivata molto dopo, nel ’97 quando il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro parlò del “tintinnar di manette” nel suo messaggio di fine anno; per la sua matrice liberale, riformista e popolare; e per l’impegno alla moralizzazione della politica. Non tutti ricordano che nel 1994 i candidati di Forza Italia dovettero presentare il Certificato Penale e il Certificato dei Carichi Pendenti: puliti. E anche Alleanza Nazionale e la Lega di Bossi erano sulla stessa linea. Tutto cancellato dall’imbarcata dei dinosauri avvenuta nel 2001, con l’arrivo di schiere di ex: ex DC, ex PSI, ex… Era giusto restituire la dignità a chi era stato offeso e umiliato da accuse infondate, ma metterli tutti nelle prime file fu, più che un passo indietro, una restaurazione. A mio parere fu un vero tradimento, l’inizio della fine. Le sembra il percorso di un moderato? Onestamente non mi sento un moderato. Mi sento uno che ha cercato e cerca di consolidare il suo riferimento ad un “centro di valori” del quale, a mio parere, la destra e la sinistra colgono ed esaltano aspetti parziali, arrivando talvolta a renderli caricaturali tanto mi sembrano lontani dalla realtà. Ma questa è solo una mia opinione personale.

Sembra che, da un po’ di tempo, lei si trovi più a suo agio a dialogare con gli esponenti del PD che non con il centrodestra. Quelli – per intendersi – che le facevano una serrata opposizione quando era sindaco, sebbene da un partito diverso nel nome. Cosa è cambiato?

È cambiato il centrodestra, che soprattutto grazie a Matteo Salvini ha preso la strada della destra LePeniana: indulgente con le posizioni autoritarie, intolleranti e razziste e lontano mille miglia dalle posizioni degli stessi cofondatori Umberto Bossi e Gianfranco Fini. E non sono per niente tranquillizzato dal fatto che, per ragioni di marketing elettorale e per non perdere l’occasione di partecipare alle scelte sull’impiego dei fondi UE conquistati dal Governo Conte, lo stesso Salvini vesta ora i panni del moderato. Da questi comportamenti goffamente camaleontici sarei più portato a concludere che è opportunista e ondivago.

Lei ha senz’altro un punto di vista privilegiato: ecco, ci fa un bilancio di questi 10 anni di amministrazione Tambellini?

Il bilancio “che conta” lo faranno gli elettori, e per ora gli anni sono meno di nove: in un anno può accadere ancora di tutto. Non crede che le entrate “dure” di Letta sulla querelle Pisa-Firenze per gli aeroporti, sul centralismo fiorentino e sulla volontà di mettere due donne alla guida dei gruppi parlamentari avranno ripercussioni anche locali, in un modo o nell’altro? Dall’inizio del suo primo mandato, Tambellini ha dovuto far fronte a forti tensioni politiche interne al suo partito e alla sua maggioranza, che in un paio di occasioni è arrivata sul punto di minacciare la sfiducia. Inoltre ha ereditato un’amministrazione ferma, con il freno a mano tirato e senza una linea riconoscibile, che aveva portato in secca una gran quantità di progetti e sprecato tempo e risorse in una battaglia di facciata contro il nuovo ospedale ben sapendo che era ufficialmente persa da quando, a settembre del 2007, il professor Morbidelli aveva rimesso un parere scritto con il quale chiariva inequivocabilmente che la procedura seguita era legittima, dopo che gli stessi rappresentanti del Comune nulla avevano obiettato sul progetto – inclusa la piazzola per gli elicotteri – in conferenza dei servizi, esprimendo così di fatto il proprio assenso all’avvio dei lavori. Anche nel PIUSS non sono mancati aspetti grotteschi: quando ha fatto una spola dal sapore comico da Lucca e Firenze per ritornare a Lucca senza una apparente ragione plausibile. Un Piano frettoloso, costoso e incompleto, che si è scoperto dopo che includeva aree vincolate come piazzale Verdi, obbligando così chi lo ha ereditato a fare i salti mortali per mettere toppe dove è stato possibile e a perdere anni. Bloccata senza motivi la realizzazione del cavalcavia di via Sauro, ingessato per anni il Polo Fieristico con i relativi problemi di bilancio sfociati in un esposto dello stesso Tambellini alla Corte dei Conti; arenata l’apertura di Palazzo Guinigi del quale era stato da poco completato il restauro; bloccato il cantiere del Planetario, creando così pretestuosamente un inutile danno e un notevole spreco….Tambellini si è occupato delle periferie, delle scuole, della casa, delle Mura insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio e alla Regione, del rilancio della Fondazione Puccini…ma è anche vero che non tutti se ne sono accorti. Vedremo se vorrà farlo sapere e se saprà farlo apprezzare. Erano queste le cose da fare? Ne ha trascurate di importanti? Questo riguarderebbe un dibattito politico che purtroppo sembra privilegiare spesso gli aspetti più marginali. Ma – ripeto – alla fine giudicheranno gli elettori.

Uno sguardo in avanti: di cosa ha bisogno la Lucca del futuro? Spunti, idee e suggerimenti per la politica di domani.

Sono un cittadino che dedica le sue giornate all’attività professionale e mi esprimo come può farlo un osservatore che ha avuto il privilegio e l’onore di maturare un’esperienza di otto anni alla guida della città e che, anche per questo, si sente in dovere di dare il suo contributo alla vita della comunità dove è nato e vive. Secondo me la priorità è che Lucca abbia una classe dirigente all’altezza del suo passato, preparata e consapevole delle sfide che dovranno essere affrontate con determinazione e creatività. Per non restare imprigionati dagli schemi del passato, credo valga la pena domandarsi perché la dirigenza politica lucchese sia quasi sempre stata gregaria di cosiddetti leader nazionali senza esprimere una presenza istituzionale originale e riconoscibile, in linea con il suo spessore storico-istituzionale, con il suo incredibile patrimonio culturale e con la ricchezza del suo tessuto economico. Cosa non ha Lucca che altre città analoghe della provincia italiana hanno, al punto di impedirle di misurarsi alla pari? Come si può accettare che la Lucchesia sia considerata tanto facilmente un serbatoio di voti a vantaggio di altri territori? A che pro sostenere ed eleggere personaggi disposti a cedere o sacrificare risorse del territorio in cambio di progressi personali o a vantaggio di altre realtà?

Tra i vari nomi che circolano, secondo lei chi è la persona adatta per guidare la città nel post-Tambellini? O, in alternativa, ha suggerimenti o nomi da proporre che ancora non sono stati fatti?

La scorsa primavera ho provocato un confronto a partire dalla constatazione che molte città sono guidate da donne per chiederci se questa non potrebbe essere una strada auspicabile anche per Lucca. Gli interventi hanno dimostrato interesse, ma un eventuale passaggio dalla possibilità alla realtà richiede un percorso di maturazione e di consapevolezza che non penso si possa guidare con le prediche. È un tema delicato e richiede rispetto. Invece di proporre nomi, mi sento di suggerire qualche requisito che a me sembra essenziale. Più di ogni altro, a mio parere, che si facciano avanti persone che prima di pensare alla politica attiva, prima di pensare di candidarsi abbiano scelto la politica in modo disinteressato, come dimensione della loro vita, come pienezza della cittadinanza e, se si riconoscono in un cammino di fede, abbiano a cuore quello che Papa Francesco ci esorta a sognare e perseguire nell’enciclica “Fratelli Tutti”: una società fraterna, che rifiuta la logica dello scarto. La politica merita di essere affrontata con rispetto e dopo un periodo adeguato di preparazione sia personale che condiviso con altri. La politica degli improvvisati fa più danni di quello che immaginiamo. Mi sento di dire che una buona attività politica è figlia di una “vocazione”, una chiamata che non arriva necessariamente da un contesto di fede.

Qualche settimana fa abbiamo fatto un sondaggio per cercare di intercettare gli indici di gradimento dei lucchesi, e qualcuno ha fatto anche il suo nome. Lei alle prossime amministrative sarà della partita?

Ho fatto la mia scelta sei anni fa quando ho deciso di lasciare la politica attiva, e ne rimango convinto: la mia vita fa perno sull’attività professionale che svolgo da oltre venticinque anni. Mi convinco sempre più dell’urgenza di stimolare la formazione e l’affermazione di una classe dirigente e politico-amministrativa affidabile, preparata, esperta e onesta. È una necessità per il futuro della nostra comunità cittadina.

Un giudizio su Tambellini, Raspini, Pardini, Vietina e Barsanti.

Ho conosciuto Alessandro Tambellini in casa mia quando era uno studente universitario. Abbiamo caratteri diversi, non concordiamo su tutto e in più di un’occasione ce le siamo anche “suonate”, politicamente s’intende! E ce le siamo suonate senza sconti, qualche volta anche quando potevamo farne a meno, ma ci rispettiamo. Francesco Raspini è un giovane amministratore preparato, lucido e promettente. Conosco poco Mario Pardini, e da un po’ mi chiedo che idea può avere della politica e del ruolo di sindaco un candidato che si muove accompagnato e forse guidato da una figura paternalistica e ingombrante come Pera: non crede che i cittadini vogliano un sindaco competente, esperto e soprattutto autonomo? Ilaria Vietina è una donna, è preparata e consapevole, con una capacità di lavoro enorme e molto ben inserita nel mondo della scuola e non solo in quello. Fabio Barsanti sembra determinato, ma parte impallinato dalla fluidità della sua collocazione politica assai oscillante: l’affidabilità si guadagna con il tempo e la costanza.

Giovanni Mastria
Giovanni Mastria
Nato a Lucca, classe 1991. Scrivo con passione di cultura, attualità, cronaca e sport e, nella vita di tutti i giorni, faccio l’Avvocato. Credo in un giornalismo di qualità e, soprattutto, nella sua fondamentale funzione sociale. Perché ho fiducia nel progetto "Oltre Lo Schermo"? Perché propone modelli e contenuti nuovi, giovani e non banali.

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