Il “disonorevole” parlamentare.

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In questi giorni si parla molto della nuova riforma della costituzione che porterà all’elezione diretta del premier. Le critiche più frequente fatte sono che toglierebbe ruolo al Parlamento e alla Presidenza della Repubblica.

È curioso che tanti oggi si sentano in dovere di difendere le prerogative del Parlamento. È curioso soprattutto che siano gli stessi che hanno ridotto il Parlamento italiano ad un luogo di delegittimazione. 

“La riforma mortifica il ruolo del Parlamento e riduce il Presidente della Repubblica a passacarte” è la critica di Conte. Forse non lo ricorda ma i 5Stelle dicevano “apriremo il Parlamento come una scatoletta” e ancora chiedevano l’impeachment per il Presidente. Allora non mortificavano il Parlamento con il loro comportamento? E non chiedevano un Presidente prono alle loro richieste? Ma soprattutto, loro, il PD e quasi tutto il corpo partitico perché non hanno fatto nulla fino ad oggi?

Il vero punto è che se si volesse riabilitare il Parlamento dovremmo riportarci persone veramente scelte dai cittadini.

La deriva comincia con il tradimento dei referendum. Votatissimi, con una valanga di consensi che chiedevano che i parlamentari venissero scelti dalla gente e non da alchimie di partito, sono stati poi sistematicamente stravolti dai partiti. A partire dalla legge proposta dall’attuale Presidente della Repubblica, il famoso Mattarellum, che introdusse le riserve dei partiti.

Ciò che in Italia non abbiamo mai avuto nella cosiddetta seconda repubblica, è la possibilità di scegliere i parlamentari. Eccetto brevi intervalli dopo i referendum che avevano imposto una differente legge, non abbiamo mai avuto una chiara sfida tra candidati. Anzi, ci fanno rimpiangere i tempi (tutt’altro che luminosi) in cui le preferenze multiple consentivano le cordate di politici di partito contro le menti libere.

Il metodo “inglese”, quello fatto di collegi abbastanza piccoli in cui si confrontano due o più candidati e diventa parlamentare il più votato è, per i partiti, una blasfemia. E lo è perché sarebbero costretti a cercare persone che sono realmente in grado di trovare consenso. Perché persone del genere non sono facilmente asservibili. Perché hanno un loro consenso e non dipendono dal leader per avere il loro posto in Parlamento.

Il sistema attuale è diverso: i collegi sono solo apparenza viste le dimensioni da milioni di abitanti e le liste bloccate (che è un modo per dire che il candidato lo scelgono loro). È in effetti solo un grande referendum sui partiti stessi e/o sui relativi leader. Poi, in base al sondaggio fatto, si dividono le spoglie del Parlamento assegnando a ciascuno una parte “del bottino”. E mettendo sulle caselle del “Risiko”, le figurine di improbabili personaggi che devono al leader la loro esistenza in vita e il lauto guadagno della poltrona parlamentare. Per la quale pagheranno al partito “la percentuale”. Persone a cui non si chiede di pensare. Anzi, a cui si chiede di non pensare affatto. A cui è vietato fare proposte dentro il Parlamento e, ancora più vietato, farle dentro il partito. Degli “yes men” nella forma più greve e triste che possa esistere.

Che legittimità ha un tale Parlamento? Che onore c’è ad essere l’eco di voci di altri senza coscienza e senza libertà? Una volta il titolo per un parlamentare era “onorevole”. Oggi è quasi una derisione dirglielo.

I Partiti si scelgono i lacchè da portare in Parlamento. Lo fanno sulla base della premessa che obbediranno, non faranno di testa propria e non faranno correnti alternative. Li scelgono valutando i gradi di fedeltà alla leadership. Punto. 

Non per le loro competenze. Non per la loro capacità di interpretare il mondo in cui vivono o da cui derivano. Non per la loro base elettorale. Non perché, dopo essere stati eletti, facciano da cinghia di trasmissione tra la popolazione e le istituzioni. Questi erano motivi che potevano essere importanti una volta, nella prima repubblica. Non oggi.

Non ci sarà una ripartenza della politica senza una riapertura del Parlamento a veri “onorevoli”. Senza che la classe politica venga selezionata per altro rispetto alla cieca fedeltà. 

Ogni riforma dello stato sarà sempre monca se non riaprirà i modi di selezione della classe dirigente. La forma migliore, quella che ridurrebbe anche la frammentazione dei partiti, è quella dei piccoli collegi uninominali maggioritari secchi. È la forma che c’è, con piccole differenze, in Inghilterra, negli USA, in Francia e, per un po’ più della metà dei parlamentari, anche in Germania. Mentre il sistema italiano, figlio del Mattarellum e del Porcellum, esiste solo in Italia. Ma questo, a differenza di quanto vale per la riforma costituzionale, non pare essere un problema per nessuno.

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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