“Checks and balances” nel paese che ha inventato Arlecchino…

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Ci sono tre notizie che hanno tenuto banco negli ultimi tempi. Notizie assai diverse ma collegate da un medesimo filo mediatico. Un filo assai preoccupante per il paese.

Il tratto comune di queste storie è il fatto che uno dei protagonisti è un potere dello stato con elevata potestà e scarso controllo da parte di altri poteri: una Procura della Repubblica e due Authority.

La prima notizia riguarda Blanco.

La seconda ChatGPT.

La terza la disputa SIAE-Facebook.

La faccenda SIAE-Facebook è assai complessa e difficilmente può essere trattata con completezza se messa assieme alle altre. Per semplicità ci limitiamo ad annotare i fatti salienti: un precedente accordo di uso delle canzoni italiane sul social è scaduto e si doveva rinnovare il contratto. Contratto ricco sia ben chiaro.

La SIAE è una “collecting” (ossia una società di raccolta dei diritti che una recente legge ha reso non più monopolista in Italia ma resta pur sempre una specie di ibrido tra pubblico e privato) e come tale difende gli interessi degli autori ad essa iscritti e quindi è di parte nella sua azione sul mercato. In Italia, a seguito della legge del 2017 che recepiva una direttiva europea, ci sono due società di collecting e la seconda è Soudreef (seconda, e non di poco, anche per numeri di autori collegati e incassi gestiti).

Facebook aveva trovato un accordo con Soudreef ma poi le trattative con SIAE si sono bloccate su un punto rilevante: la SIAE voleva sapere i numeri esatti di uso delle canzoni, Facebook voleva un accordo forfettario e quei numeri, che sono legati a potenza pubblicitaria e uso effettivo della piattaforma, non vuole darli a nessuno. La SIAE ha chiesto allora un aumento di oltre 400%. Facebook ha detto no. Si è quindi apprestata ad accettare che la musica gestita da SIAE non potesse essere usata sulle sue piattaforme.

A questo punto è intervenuta l’Autorità per la vigilanza del mercato, interpellata da SIAE, che ha imposto a Facebook di sedersi nuovamente al tavolo della trattativa con la motivazione che la sua scelta sarebbe avversa ad un intero sistema produttivo collegando anche l’indotto. Si è venuto a creare una situazione in cui due operatori economici (che non lavorano in regime di esclusiva) hanno un obbligo da parte di un organo dello stato a trovare un accordo. Obbligo che, sia chiaro, va a vantaggio di SIAE e a svantaggio di Facebook. Non che le politiche di Facebook non prestino il fianco ad ampie critiche, ma certo neppure quelle di SIAE sono esenti dalle medesime critiche (ad esempio nel rapporto con Soundreef su cui però il garante non ha mai ritenuto di dover intervenire per garantire parità di agibilità nel medesimo mercato).

Difficile non avvertire il sospetto che relazioni dirette e fisiche tra dirigenti pubblici romani abbiano avuto un qualche peso nella decisione di intervenire in una faccenda che sembrava decisamente privata.

Nella faccenda di ChatGPT si è raggiunto il livello della farsa con la recente decisione di riammettere l’uso in Italia da parte del Garante per la protezione dei dati personali. Anche in questo caso si tratta di una Authority (tecnicamente “autorità amministrativa indipendente”).

La storia è nota: prima, con un intervento “urgente” il garante ha obbligato la società a chiudere l’uso del noto sistema di “IA” in Italia per una serie di presunte violazioni della privacy da parte dello stesso e per il fatto di non verificare il raggiungimento della maggiore età dei fruitori. Poi, dopo una penosa scenetta di visite da parte di amministratori e dirigenti della società presso la sede del garante (moderna Canossa), è stato riammesso l’uso grazie al recepimento di “significative correzioni” che consistono nel rendere disponibili alcune pagine di spiegazioni sull’uso dei dati personali (che nessuno leggerà mai) e di una domanda che chiede la data di nascita e poi manda un sms su un numero di telefono. Ora i nostri dati personali sono decisamente più sicuri!

Il terzo caso è la recente attività investigativa della Digos di Milano, su input della Procura di Imperia, nei confronti di Blanco per danneggiamento aggravato in relazione alla “tragedia delle rose perse a calci sul palco di Sanremo”. Immaginiamo che ci saranno degli importanti segreti da svelare in merito all’azione in oggetto e che giustifichino l’uso del tempo e delle risorse della Digos di Milano sottraendole a più banali compiti di contrasto alla criminalità (organizzata e non) per convocare un personaggio informato sui fatti quale è senz’altro Amedeo Umberto Rita Sebastiani (in arte Amadeus). Solo che fatichiamo a intuire quali siano.

Tre soggetti diversi: due Authority e una Procura. Tre soggetti investiti dalla più ampia autonomia e praticamente intoccabili (i presidenti delle Authority non sono rimovibili neppure con un voto ad ampia maggioranza del parlamento che li ha nominati; i procuratori lo sappiamo già…). Tre soggetti con un vasto potere ma nessuna legittimazione popolare e nessun reale potere antagonista. Una combinazione pericolosa e strana: un grande potere senza un grande contrappeso (come lo sono le elezioni o altri poteri contrapposti) sono un forte stimolo all’ego di soggetti che tali poteri li devono materialmente rappresentare. E la mancanza di visibilità pubblica potrebbe generare una simmetrica ricerca di visibilità mediatica tramite un eccesso di protagonismo.

Nel nostro paese il meccanismo delle autorità indipendenti (con l’eccezione della Banca di Italia) sono un costrutto di recente importazione e che proviene dalla giurisprudenza anglosassone. Negli USA le authority sono complesse e di varia natura ma mantengono un livello di contrappeso importante con il potere politico almeno in fase di nomina o con processi elettorali. In generale i “check and balance” (“controllo e bilanciamento reciproco” espressione con cui si indica quell’insieme di meccanismi politico-istituzionali finalizzati a mantenere l’equilibrio tra i vari poteri all’interno di uno Stato) sono considerati un cardine del sistema che non possono essere messe in discussione.

Il sistema giudiziario in Italia fu invece preso quasi pari pari da quello francese. In questo però esiste una pubblica amministrazione con un livello di autocoscienza e formazione decisamente diverso dal nostro. Un livello che esisteva una volta (diciamo fino a metà degli anni ’80) ma che oggi non c’è più. Per dire: una volta, in casa di un magistrato, neppure a tavola in famiglia si sarebbe mai parlato di politica e partiti; figurarsi se uno di loro avrebbe mai osato prendere una posizione pubblica come oggi è costume fare.

L’importazione da altri sistemi giuridici ed organizzativi di elementi dell’articolazione dello stato nel paese che ha inventato Arlecchino è un problema che oggettivamente dovrebbe far riflettere.

Naturalmente siamo certi che la mera ricerca di visibilità non sia la motivazione per i casi in oggetto (e certamente non è il motivo per la disputa SIAE Facebook) ma un ripensamento sul funzionamento di certi poteri sarebbe urgente e rilevante.

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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