Tony Pacini:”I miei pub? Non solo movida, ma lavoro per tanti giovani”

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Toscana ancora arancione, nonostante i numeri in netto miglioramento e le pressioni di Giani. Tra le categorie più colpite c’è sicuramente quella della ristorazione e, più nel particolare, quella dei pub. I luoghi ‘della notte’, sempre pieni di giovani, musica e che adesso si ritrovano quasi vuoti e senza possibilità di riaprire a causa delle restrizioni imposte dal governo.

Tra questi anche due storici locali di Lucca: lo Shaker e il T-Pub, dove tutti noi almeno una volta abbiamo trascorso le nostre serate. Lo schema che si ripete è il solito per molti: dipendenti in cassa integrazione, affitti e bollette da pagare, poche entrate e l’incertezza dovuta a decisioni improvvise sempre dietro l’angolo. Abbiamo fatto una chiaccherata con Tony Pacini, il proprietario, che ci ha raccontato le difficoltà del momento per chi, come lui, deve mandare comunque avanti un’attività nel rischio di vederla chiudere per sempre. Perché la salute in primis, mantra certo ormai; poi c’è il duro scontro con l’altra realtà.

La Toscana è ancora in zona arancione e, dopo il secondo lockdown, non avete avuto la possibilità di riaprire i vostri locali. Come state vivendo adesso questo momento? 

“Rispetto agli altri settori della ristorazione, il nostro è un caso diverso perché i pub ‘vendono situazioni’, atmosfera. Parlo di luci, musica, serate a tema e il primo segno di un’attività che funziona è proprio la gente. Perché più persone ci sono, più sale la voglia. Questo è il pub. E’ ovvio che adesso per via di tutte le regole riguardanti la sicurezza ricreare questo tipo di scenario non è possibile e la nostra categoria ne sta risentendo molto. I nostri dipendenti sono tutti in cassa integrazione, compresi gli studenti che coprivano i turni di fine settimana per racimolare qualche risparmio, sempre utile mentre si aspetta di laurearsi. I locali vengono spesso ridotti alla movida ma dietro c’è molto di più: ci sono posti di lavoro, soprattutto per i più giovani. Altra cosa sconcertante è che il governo, da un giorno o anzi, da un’ora all’altra, decida di chiudere tutto. Così, su due piedi. Stessa cosa per le riaperture. Non è un modo di operare rispettoso nell’ottica di chi lavora. Servirebbero piani e organizzazioni ben strutturate, regole e possibilità”

Come affronterete un’eventuale terza ondata? 

Non nego che potremmo ritrovarci a decidere se chiudere o meno i nostri locali in maniera definitiva. Di sicuro il fatto di essere ancora arancioni non aiuta perché le persone in giro ci sono e non potendo aprire non possiamo dare il massimo del nostro servizio. Abbiamo tentato in ogni modo di rispettare le regole e di adeguarci alle norme sanitarie quando ci è stato richiesto ma non è comunque valsa la nostra tutela. E’ una dura prova e siamo tutti più stanchi e nervosi. Cerchiamo di stringere i denti il più possibile ma non prevedo un bell’inverno”

Vi siete organizzati con asporto e delivery? Qual è stata la risposta dei cittadini?

“Ci siamo attivati da subito e devo dire che abbiamo anche avuto una buon riscontro da parte dei nostri clienti. Prepariamo aperitivi take-away, cocktail, caffè e siamo aperti per l’asporto. Il problema è che ovviamente questi servizi non bastano a coprire tutti i costi e le altre spese. Ancor di più con i Comuni chiusi che impediscono gli spostamenti di molti giovani e di molte persone”

Parliamo per un attimo di solidarietà, da parte dell’Amministrazione, ma anche dei cittadini. Che riscontri avete avuto? 

Da parte dei cittadini ci aspettavamo un po’ più di solidarietà. Siamo rimasti delusi perché la colpa del cosìdetto ‘casino’ viene spesso attribuita al pub quando la maggior parte delle volte non è così e spesso abbiamo, ad esempio, pagato il fatto che molte persone si assembrassero davanti ai locali o non rispettassero le regole. Degli assembramenti in altri luoghi però nessuno dice niente. Da parte dell’Amministrazione invece solo silenzio. Li ringraziamo per aver concesso gratuitamente il suolo pubblico anche se per noi è inutile dato che comunque non possiamo prestare servizio al tavolo. Per il resto tutto tace. Neanche una parola di ‘avvicinamento’ e nessuno si è mai presentato qui da noi. Forse si sono dimenticati che la città di Lucca vive grazie alle piccole realtà imprenditoriale e storiche. Adesso stiamo aspettando i fondi del Decreto Ristori e per il resto vedremo. Ci tengo a sottolineare invece che per la questione affitto siamo stati molto fortunati perché i proprietari dei fondi ci sono venuti incontro e hanno da subito mostrato solidarietà e comprensione. Ci tengo per questo a ringraziarli molto per la grande mano che ci stanno dando, anche in nome di tutti quelli che hanno già perso il proprio lavoro, perché in un momento così non è da tutti restare altruisti”. 

Ancora un racconto da vicino quindi di quella che è una pandemia che non lascia tregua, soprattutto al settore dei piccoli imprenditori, che stanno però dimostrato di avere grande stoffa nonostante non si faccia abbastanza per loro. Considerando anche il fatto che l’Italia non è di sicuro in prima linea per quanto riguarda la cultura del delivery. Sarà un Natale amaro per molti, animato dalla sbiadita speranza di poter riaprire al più presto e il più possibile. E perché sia permesso, ricordiamo sempre, serve anche la responsabilità di tutti noi, soprattutto durante queste feste. Dato che non possiamo contare su solide basi dai piani alti infatti, ne vale della salute e della dignità di tutti. 

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