Quel Presepe in Piazza San Michele. La dolce potenza di un simbolo.

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Di certo l’iniziativa che più e meglio delle altre ha conferito una significativa caratterizzazione alle manifestazioni in onore delle Festività Natalizie è rappresentata dal Presepe collocato in Piazza san Michele sotto il Loggiato Pretorio.

Allestito con la giusta sobrietà dalla Compagnia dei Legnaioli che ha utilizzato le statue messe a disposizione dalla ditta Euro Marchi di Bagni di Lucca, il Presepe di piazza san Michele fin dalla sua apparizione ha calamitato un intenso movimento di buona gente. A famiglie intere, ma anche tante singole persone, hanno varcato la soglia del Loggiato per recarsi di fronte alla rappresentazione della nascita di Gesù. Lì giunti in molti esprimono la loro partecipazione facendosi un segno della croce. C’è chi, muovendo le labbra, recita una preghiera, ed anche chi si astiene da queste manifestazioni, manda evidenti segni di non rimanere indifferente al messaggio che emana dalla scena della Natività.

Quel Presepe sta in piazza san Michele a recare luce e speranza, rinnovando nei tempi grami che ci è dato da vivere quella promessa di sicura salvezza che con la sua nascita nella grotta di Betlemme Gesù annunciò all’Umanità sofferente.

Da quella presenza la piazza, e quindi la città, è come mutata: la dolce potenza di quel simbolo l’ha trasformata, sottraendola al freddo grigiore dei giorni anonimi per dotarla di un benefico calore che ristora i cuori.

Anche le nostre case vivono questo miracolo: in uno spazio, destinato da anni ad ospitarla è apparsa la rappresentazione della Natività con la stella cometa splendente sulla capanna. Ma può essere anche una grotta. Di sicuro è qui che nascerà il Salvatore, in mezzo ad un bue e ad un asinello che hanno il compito di riscaldarlo. E intorno ci sono gli uomini e le donne che attendono l’evento. Sono soprattutto pastori c’è che si porta un agnello sulle spalle, ed insieme a loro nella scena prendono posto altre figure: la lavandaia, il pescatore, il fabbro, il calzolaio, tutti intenti al loro lavoro, ma, anche tutti partecipi del miracolo che sta per avverarsi. Vivono nell’estasi di uno stupore ben interpretato da una figura che non può mancare nelle ricostruzioni del Presepe: l’“avvistatore delle stelle”. Quel pastore che, innalzati gli occhi al cielo, è come folgorato da quello che vede e per questo tocca a lui il privilegio di annunciare la lieta novella.

È questa la scena che ogni anno, a partire dai primi giorni di dicembre, viene rinnovata nelle nostre case secondo un rituale che ci accompagna, con le sue care emozioni, dai giorni dell’infanzia: si comincia con l’apertura degli scatoloni dove sono state rimesse le statuine che compongono il Presepe per poi passare alla costruzione vera e propria della scena. Operazione impegnativa che viene affidata a mani esperte, e se in famiglia queste non ci sono, allora bisogna rimediare convocando a prestare soccorso quel vicino che già ha dato prova della sua abilità.

La costruzione della scena è di essenziale importanza ai fini della rappresentazione del Presepe: ci vogliono un laghetto, ed a questo provvede un pezzo di specchio, ci vuole un fiumiciattolo, che sarà ricavato con la carta stagnola, e soprattutto ci vogliono erba e grotte che devono accreditare la fedeltà all’ambiente della Notte Santa. Per l’erba, un tempo, prima dei prodotti artificiali, si ricorreva al muschio che si andava a raccogliere sulle umide prode. Dal cartone pressato venivano fuori le grotte e i monti che facevano da corona a tutto il Presepe. Che era fittamente animato da uomini e da animali: pecore, montoni, agnelli, galline, maiali, che attestavano la provenienza popolare dei partecipanti all’evento, ma sullo sfondo si vedevano anche cammelli ed elefanti, segni distintivi di potere e ricchezze, che aprivano il corteo dei tre Re Magi, venuti dall’Oriente. Avanzando con una lentezza calcolata, la sera dell’Epifania sarebbero giunti di fronte alla santa grotta giusto in tempo per recare i loro doni, incenso oro e mirra, al Fanciullo Salvatore.

Il rito del Presepe, che quest’anno si è celebrato in piazza San Michele, come in molte delle nostre abitazioni ed in tutte le chiese, dove si recano i fedeli che vanno ad onorare un appuntamento con la sacra rappresentazione, – io, che pure non sono praticante, non manco mai di fare visita al Presepe di Santa Maria Nera – viene da lontano. Viene dalla notte del Natale del 1223, quando per la prima volta, convocati da santo Francesco, poveri uomini e povere donne del villaggio di Greccio si mossero alla volta di una grotta e al lume delle fiaccole rischiararono la selva boscosa intendendo così rinnovare il miracolo della Notte Santa. Nel freddo e nel gelo avanzavano innalzando gli inni alla gloria del Signore ed invocando “Pace in terra agli uomini di buona volontà”.

Mentre guardiamo il presepe di Piazza san Michele, i presepi di casa nostra, ripetiamola anche noi quell’invocazione e rivolgiamo un solidale pensiero al martoriato popolo d’Ucraina, ai giovani che in Iran sono massacrati da un regime che nega Dio proprio quando nel suo nome uccide e tortura.

La benigna luce del Presepe vegli e protegga chi soffre e spera.         

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3 Commenti

  1. Bellissimo articolo, commovente e partecipato! Una sintesi efficace del sentimento natalizio che ci pervade e del quale abbiamo estremamente bisogno, tutti.

  2. Ormai è diventato un appuntamento settimanale la rubrica dove il Professor Sereni mostra il suo sapere. Questa settimana ci parla del presepe, della sua tradizione e del suo significato, prendendo spunto dall’allestimento sotto il loggiato di Palazzo Pretorio.

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