Nancy Pelosi ambasciatrice in Italia? Farebbe come Clara Luce?

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È di pochi giorni fa l’indiscrezione, proveniente dagli Stati Uniti, che la speaker della Camera dei Rappresentanti USA, Nancy Pelosi, se il partito democratico perdesse la maggioranza al Congresso nelle elezioni di medio termine, chiederà di essere nominata ambasciatore in Italia.

La notizia suscita già un certo interesse anche perché qualcuno ricorderà il precedente di Clara Luce ambasciatore in Italia dal 1953 al 1956.

Ann Clare Boothe nasce nel 1903 a New York da una famiglia non particolarmente abbiente. Dopo un primo matrimonio con un ricco erede di una catena di abbigliamento di New York, dal quale ebbe una figlia, Ann, intraprende la carriera giornalistica. Lavorò nella rivista di moda Vogue e, nel 1931, assunse la direzione di Vanity Fair, periodico di costume, cultura, moda e politica.

Nel 1935 sposò in seconde nozze Henry Luce, fondatore ed editore di alcuni tra i più importanti periodici americani, quali Time, Life e Fortune. Eletta tra le file del Partito Repubblicano, dal 1943 al 1947 fece parte della Camera dei Rappresentanti, per lo Stato del Connecticut.

La morte della figlia Ann, avvenuta in un incidente automobilistico nel 1944, provocò in lei una crisi che la condusse, nel 1946, a convertirsi al cattolicesimo. Narrò la tragica esperienza vissuta e le motivazioni della sua scelta in The Real Reason (La vera ragione), un articolo pubblicato nel 1947 sul mensile femminile McCall’s.

Dal 1953 al 1956, nominata dal Presidente Dwight Eisenhower, fu ambasciatrice statunitense in Italia dove si ricorda tanto il suo deciso anticomunismo, con alcuni interventi nelle vicende politiche interne, quanto il sostegno che diede all’Italia nella vicenda di Trieste con la Jugoslavia.

I dossier di Claire Booth Luce, recentemente desegretati dagli archivi nazionali Usa, confermano lo spiccato anticomunismo dell’ambasciatrice che più volte aveva ribadito: «Il principale obiettivo degli aiuti militari ed economici americani all’Italia è di difendere il mondo libero dal comunismo». “Al presidente della Fiat, Vittorio Valletta, la Luce chiede ad esempio (…) «di non dare pubblicità ai giornali comunisti, di escludere i comunisti dal novero dei tecnici e del management, di precisare mensilmente a quale sindacato siano iscritti e di organizzare un fondo di sicurezza interna». Gli stessi dossier sottolineano anche l’obiettivo della Luce «di sottrarre il cinema italiano dal dominio del Pci». A preoccupare Claire Booth Luce, nell’estate del ’55, era il fatto che il 90-95% delle maestranze di Guerra e pace (…) fosse iscritto alla Cgil. Dopo un lungo braccio di ferro, nel cast, verranno assunti anche iscritti a Cisl e Uil”.

Ma torniamo a Nancy Pelosi nata D’Alessandro, a Baltimora, da genitori italoamericani, ed è sposata con Paul Pelosi (molto ricco, si parla di 25 milioni di dollari in beni immobili), a sua volta figlio di genitori italiani.

Nancy Pelosi ha dimostrato negli anni, e l’ultima volta appena qualche settimana fa con la visita a Taiwan, di essere una persona molto attiva e determinata. Una di quelle che, se avessero un incarico di ambasciatore, lo gestirebbero con piglio interventista e non certo felpato.

Ma non tutti sanno che negli ultimi tempi, almeno un paio di volte – una di recente -, la famiglia Pelosi è venuta in lucchesia alla ricerca delle proprie radici. In particolare è emerso che Pelosi è di origini camaioresi: la madre infatti si chiamava Corinna Bianchi, abitava in località Sterpi ed era emigrata all’età di 7 anni. I Pelosi hanno raccolto documenti, riferiscono le cronache, forniti dallo storico locale Luca Santini e da don Andrea Ghiselli, che ha consegnato la copia originale del battesimo della suocera di Nancy.

Che al fondo della decisione di essere nominata ambasciatrice a Roma ci sia anche queste origini italiane, che riguardano proprio il nostro territorio?

Forse la Pelosi (che è democratica) potrebbe, a parti invertite con la Luce, essere stimolata a venire a Roma per tirar su le sorti del Partito Democratico?

Ora, al di là di facili battute, avere comunque una famiglia camaiorese a Villa Taverna sarebbe una bella soddisfazione. Un altro caso di “lucchesi che si sono distinti all’estero”.

Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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