L’importanza delle vecchie fotografie in bianco e nero nell’epoca dei selfie e delle valanghe di video a colori. Interessante evento al Real Collegio Estate

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Simonetta Simonetti e Michela Sorbi tornano a offrire immagini e riflessioni sulla città che era. Il nuovo evento si intitola: «Quando s’andava a Lucca a piglià’ il garbo. Amarcord tra i rioni cittadini». È in programma venerdì 29 agosto 2025 con inizio alle ore 21,15 al Real Collegio, nel chiostro Santa Caterina oppure, in caso di avverse condizioni meteo, nella sala del Capitolo. Protagoniste le immagini in bianco e nero di Porta di Borgo, del Bastardo, di Cittadella, di Pelleria e di Piazza Anfiteatro, poi quelle dei negozi di via Fillungo e di altre strade cittadine. Un’occasione per riscoprire la vita, la gente e i posti dei quartieri cittadini attraverso scelte fotografie in grado di richiamare ricordi, sensazioni, nostalgie e anche malinconie.

«Le foto – ha detto Simonetta Simonetti – sono autentici portali, innescatori di ricordi, sono il filo conduttore di questo viaggio nel quale ognuno può correre, indugiare, fermarsi, immergersi in un mondo infinito solo suo. I luoghi parlano con il loro silenzio, l’immobilità fissata dall’obiettivo non fa altro che consentire a chi li guarda di “impaesarsi” in loro e di rivivere al di là del tempo reale sensazioni, momenti di vita. Ogni foto ha il magico potere di aver fermato, con un clic, il tempo, quello che ha catturato è irripetibile, eterno. Foto, musiche, gruppi e vita di comunità che provocano un senso di nostalgia mescolata al ricordo di quando, in un quartiere, tutti si conoscevano, tutti sapevano di tutti, tutti si fermavano a parlare, anche se c’era quella particolare “omertà” che “blindava” o tutelava situazioni e persone. Certamente non vogliamo facilitare il rimpianto ma farvi riaprire qualche cassetto della memoria, farvi sorridere e, perché no, emozionarvi».

Simonetta Simonetti e Michela Sorbi non sono nuove a operazioni simili. Hanno scritto anche libri che raccolgono le vecchie immagini in bianco e nero, per esempio quel “Tre limoni… cento lire – una città nella città» che risale al 2010, e che venne presentato l’11 dicembre scorso, anche quello sotto forma di video, sempre al  Real Collegio. Immagini e storie di tempi ormai lontani e dunque racchiuse nel ricordo ma indelebile e innegabile testimonianza di vita e di lavoro. Venerdì prossimo alle ore 21,15 al Real Collegio saranno riportati alla memoria quei tempi passati attraverso le foto e le musiche unite in un video di tre quarti d’ora.

«Vi è mai capitato fra le mani un album di fotografie? Una volta si regalavano, si regalavano per i compleanni, per le comunioni. Quanto vogliamo offrire – ha aggiunto Simonetta Simonetti (nella foto qui sopra) – è proprio un album di foto. Una foto è un portale, un portale per la memoria e la memoria, ricordiamoci bene, è un processo intellettivo ma incontrollabile perché basta un qualsiasi cambiamento emotivo per far sì che la memoria prenda il sopravvento, che un ricordo venga fuori. Senza memoria finiamo per non sapere chi siamo. L’identità personale è fondata proprio sulla memoria e sull’autobiografia. Le fotografie sono quindi degli scrigni di emozioni, hanno veramente tantissime potenzialità. Pensiamo, per esempio, quando noi guardiamo una foto l’immagine ci rievoca l’emozione, ci connette con il passato, diventa un oggetto di narrazione perché ogni foto racconta qualcosa. Le foto hanno anche un potenziale terapeutico, per esempio sia nell’età anziana o comunque per chi ha problemi di memoria. L’album di foto diventa una cosa importantissima, ci fa capire quanto è stato importante quello che è successo. Luoghi, persone, avvenimenti con un loro linguaggio tipico linguaggio, perché le foto sono silenziose ma parlano».

«Guardando le immagini in bianco e nero qualcuno potrebbe pensare a una forma di deprivazione rispetto alla realtà che è caratterizzata dai colori. In una società come la nostra, letteralmente sommersa dalle immagini fisse o ancora di più in movimento, con i colori, i suoni e addirittura la terza dimensione dei video. Ma non c’è deprivazione nelle immagini in bianco e nero, soprattutto quelle del passato rispetto alla realtà. Anzi, a ben guardare da quelle immagini emerge quasi ovunque la forza dello stare insieme. Che siano cerimonie, feste, incontri al bar, passeggiate nelle strade e nelle piazze dei nostri rioni cittadini. In città come nei paesi di cui è ricca la Lucchesia è evidente la bellezza dei rapporti, delle amicizie, delle compagnie, delle unioni, anche quando ci sono sane rivalità, come è logico nelle battaglie di campanile – ha osservato Michela Sorbi (nella foto qui sopra) – alla fine emergono valori assoluti quali il rispetto, la stima, il riconoscimento della pari dignità. Valori e dimensioni che sembrano scomparsi o quantomeno sfumati con il passaggio dell’odierna società dei selfie, dei video diffusi a migliaia, anzi a milioni, su varie piattaforme sociali. Le immagini oggi sono troppe, sono continue, sono letteralmente invadenti per trasmettere emozioni, per lasciare un segno, per consentire la futura memoria. Gli autoritratti fotografici, i sempre più diffusi selfie fatti con un telefono cellulare, una telecamera web e condivisi da nei siti di relazione sociale, in realtà evidenziano la solitudine di questa nostra società. Troviamo tutti davanti a un cellulare o al computer ma soli. Non c’è più il valore dell’amicizia e della partecipazione ai vari livelli. Sostituire chi vive nella stessa casa, nello stesso rione, nella stessa città con finte amicizia e social apparentemente internazionali, rappresenta il segno di una regressione delle comunicazioni personali, anche nella capacità di usare un vocabolario condiviso e adeguato. Gli esperti ci segnalano come si stia impoverendo il nostro modo di pensare, di parlare, di essere. Soprattutto fra i più giovani che sono almeno teoricamente più scolarizzati, addirittura laureati rispetto ai loro genitori, ai loro nonni, in generale, ai loro avi. Riscopriamo dunque la bellezza delle immagini, anche quelle datate apparentemente semplici, proprio quelle in bianco e nero che magari non hanno effetti e filtri cui siamo abituati oggi che tolgono le rughe, gli anni, le imperfezioni. Immagini vere che in realtà rendono tutto il colore della vicinanza, dell’amicizia, del vero stare insieme, quello che consente di allacciare autentiche relazioni fino a quelle più profonde e amorose».

«Quando s’andava a Lucca a piglià’ il garbo…» Cosa significa garbo? Una parola con molti significati che non si esauriscono nell’attitudine alla correttezza dei comportamenti e alla leggiadria che dovrebbe caratterizzare la Lucchesità. Questo è detto dei lucchesi se a parlare sono pisani, senesi o fiorentini.

Certo garbo è il comportamento gentile, grazioso, affabile, amabile, cordiale, cortese, gentile, delicato, educato, ecc. ma… Simonetta Simonetti ci introdurrà anche agli altri significati che hanno a che fare con il panno oppure con la pelle conciata. Nello statuto della Corte dei Mercanti di Lucca del 1376 con garbo si definisce un tessuto confezionato con lana e fibre di lino o canapa. Per altri si trattava di un broccato pregiato.

Per scoprire significati, emozioni, storie e memorie non resta che partecipare all’evento di venerdì 29 agosto prossimo al Real Collegio, ingresso da via della Cavallerizza. L’ingresso sarà libero e gratuito. Sarà uno degli ultimi eventi della rassegna estiva 2025 che sta offrendo ben 32 serate di arte, cultura e musica veramente interessanti.

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