La strumentalizzazione politica a Lucca: dalla rivolta degli straccioni ai giorni nostri

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Lucca, 30 Aprile 1530. Da poco il Consiglio Generale della Repubblica Lucchese – che in città esercita il potere legislativo – ha approvato in sordina la nuova legge proposta dalla Corte dei Mercanti, l’organo che controlla l’intera vita economica cittadina.

Il recente provvedimento proibisce ai singoli maestri tessitori di lavorare in proprio per il mercato locale e, come se ciò non bastasse, stabilisce un significativo ribasso dei compensi per i drappi commissionati dai grandi mercanti e destinati al mercato internazionale: in pratica, è in corso il tentativo dei nobili e dei commercianti più ricchi di esautorare definitivamente i maestri tessitori, riducendoli a semplici salariati al fine di abbattere i costi della manodopera e, in questo modo, massimizzare i profitti tramite la riduzione del costo di vendita finale.

Ovviamente è subito rivolta: gli artigiani della seta lucchesi – che potevano contare su una corporazione forte e battagliera, la Scuola dei Testori – nella notte del 30 Aprile scorrazzano in armi per la città sventolando per protesta un drappo nero, da cui deriva appunto il nome di “straccioni”. La sollevazione vera e propria prende avvio il mattino seguente, nella piazza di San Francesco, dove centinaia di tessitori si radunano per chiedere il ritiro delle nuove leggi, minacciando di mettere a ferro e fuoco la città e il palazzo degli Anziani, sede dell’organo esecutivo della Repubblica.

Pochi giorni dopo il Consiglio Generale, i nobili e i commercianti più ricchi – preoccupati per la tenuta politica della città – fanno marcia indietro e abrogano la legge: il risultato è raggiunto. La rivolta potrebbe terminare qui, ma non è così. Sulla sollevazione – che inizialmente, come visto, aveva motivazioni puramente economiche – si innestano ragioni di natura politica, mosse anche da forti rivalità personali. Da qui scaturiscono undici mesi di cruenta lotta cittadina, al limite della guerra civile.

I mercanti del ceto medio e medio-basso – in una posizione economica dignitosa, ma sempre più ai margini della politica cittadina – comprendono immediatamente che la rivolta offre la possibilità di ottenere di nuovo maggiore potere politico-decisionale e visibilità: è l’occasione giusta per recuperare le posizioni perdute e riguadagnare terreno ai danni dei nobili e dei grandi commercianti, già proiettati sui mercati transnazionali. Pertanto danno immediatamente vita a una strumentale alleanza con il popolo, i cui esponenti più radicali, nei primi mesi di protesta, sferrano attacchi pesanti contro il potere economico e politico cittadino.

Si tratta – come spesso avviene ancora oggi nella nostra città, e gli ultimi eventi ne sono la dimostrazione – di una strumentalizzazione politica a tutti gli effetti.

E questo è dimostrato dagli eventi successivi, quando i mercanti e gli appartenenti al ceto medio – cacciati i nobili e acquisito il potere politico bramato – si dissociano da quello stesso popolo che avevano utilizzato per raggiungere i propri scopi. Si dissociano dalla gente comune, da coloro che volevano trasformare quella lotta economico-politica in una lotta sociale chiedendo il pane. Quelli che – in modo molto romantico e con lenti moderne – in occasione dell’anniversario della rivolta qualcuno chiama ancora gli “straccioni”.

Alla fine, infatti, ottenuta la garanzia di una partecipazione agli affari cittadini, i mercanti del ceto medio si accorderanno segretamente con i nobili (con il disprezzato Martino Buonvisi in particolare, a cui poi mostreranno deferenza tributando onori e giurando fedeltà) e con i grandi commercianti per farli rientrare in città e ripristinare l’ordine. Seguiranno, ovviamente, una serie importante di condanne a morte ai danni dei rivoltosi, della gente comune.

Undici mesi difficili e contraddittori. Un periodo che, nell’opera “Orazione ai nobili della Republica lucchese”, Giovanni Guidiccioni ha addirittura definito come la ”oscura notte della Repubblica”.

Ci sono analogie con i giorni d’oggi, almeno sotto il profilo della strumentalizzazione politica?

Foto di Salerno Editore.

Giovanni Mastria
Giovanni Mastria
Nato a Lucca, classe 1991. Scrivo con passione di cultura, attualità, cronaca e sport e, nella vita di tutti i giorni, faccio l’Avvocato. Credo in un giornalismo di qualità e, soprattutto, nella sua fondamentale funzione sociale. Perché ho fiducia nel progetto "Oltre Lo Schermo"? Perché propone modelli e contenuti nuovi, giovani e non banali.

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