La Pietà ha abbandonato la Palestina.

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Quanto succede in Israele non può davvero lasciare indifferenti. Non lo può per via della brutalità dell’innesco ma neppure per quanto continua ad accadere.

Non è il diritto di Israele a difendersi che può essere messo in discussione. L’abbiamo detto chiaramente anche all’inizio del conflitto: nessuno stato che si rispetti può consentire che i propri cittadini vengano rapiti e uccisi senza reagire. Si può dire che, altrimenti, è il senso stesso dello stato che viene meno. La sua vera ragione d’essere. La vera motivazione che porta un popolo a costituire uno stato, è la necessità di sapere che la propria esistenza è garantita.

Quindi Israele non poteva che reagire alla brutale aggressione che ha subito.

Hamas contava su questa reazione per spezzare ogni forma di normalizzazione dei rapporti che stava cominciando a definirsi tra Israele e una parte importante dei paesi arabi. Perché Hamas non è un partito politico: è una forza terroristica. Non è interessata al benessere della propria popolazione ma alla propria conservazione e questa è possibile solo se la guerra prosegue: violenta, brutale. E questo lo hanno detto chiaramente i loro leader quando hanno chiesto il sangue dei propri concittadini per mantenere viva la lotta. Quando hanno cioè auspicato la più crudele e violenta reazione di Israele per giustificare sé stessi e il proprio operato. Hamas è forte solo se la situazione è disperata; se la violenza è terribile; se la morte è una compagna quotidiana. Per questo Hamas non potrà mai venire a patti con Israele: in un contesto che va normalizzandosi la loro furia omicida, i loro metodi barbari, la loro arroganza dittatoriale e il loro fanatismo sarebbero marginalizzati.

È così che va il mondo: i dittatori hanno bisogno di cattivi e nemici per garantirsi il diritto di fare cose atroci con la giustificazione di un male superiore. Una esigenza di emergenza che giustifica e purifica ciò che si va facendo. È così per l’Iran degli ayatollah. È così per la Russia di Putin. È così per la Cina di Xi. I grandi nemici giustificano le grandi crudeltà e il più spregiudicato autoritarismo.

Ma, con le dovute differenze, è così anche in democrazia. Anche da noi i politici possono nascondersi dietro i grandi problemi per giustificare tempi di emergenza il cui vero scopo è garantire la sopravvivenza del politico stesso.

Così anche Benjamin Netanyahu, leader squalificato in patria e consumato dalla sua stessa storia e dai troppi compromessi con il potere, usa la tragedia per mantenersi in vita. Senza la guerra sarebbe stato defenestrato dal paese. Senza l’orrore sarebbe stato sfiduciato.

La conduzione della guerra ha delle regole. È brutale. È sanguinaria. La guerra “moderna” senza vittime collaterali è un’idiozia, una storia per creduloni.

Ma questa non è neppure una guerra: è un’operazione militare condotta in mezzo a civili. Tra le regole non scritte della guerra c’è anche che i soldati devono correre dei rischi e che la vita di civili non combattenti deve essere tutelata non meno di quella dei propri soldati. Non è così che la guerra di Gaza viene condotta. Le bombe che sono state lanciate non sono il tipo di ordigni che possano essere usati in un contesto urbano senza aspettarsi stragi. Il modus operandi dell’esercito israeliano ha sfruttato spietatamente la circostanza che Hamas si è fatta scudo dei civili per iscrivere le stesse strutture civili tra i target militari legittimi al fine di giustificare una tecnica di avanzata che abbiamo giustamente additata come sanguinaria quando a farla è stato Putin.

E se lo ha potuto fare è perché il potere politico (di ambo le parti) ha bisogno di una situazione talmente grave da non consentire alcuna riflessione. Perché per il potere politico, di Hamas ma anche israeliano, tanto peggio vuol dire tanto meglio. Tanto più la crudeltà e la guerra macinano morte e distruzione, tanto più loro sono intoccabili e possono restare al loro posto. Perché alla fine Hamas e Netanyahu con l’ultradestra ortodossa hanno bisogno gli uni degli altri per restare al potere nei rispettivi paesi. Una triste, spietata combine.

È per questo che non ci sarà una pace a breve.

È per questo che le armi non taceranno facilmente.

Perché la pace, seppure raggiungibile solo con il contenimento forte del pericolo terrorismo, è interesse della gente comune ma non dei rispettivi leader. Perché loro che con la forza del voto popolare, delle vuote promesse o delle violenze non fa poi molta importanza, il potere lo hanno conquistato, ora non hanno intenzione di lasciarlo. E se per tenerlo dovranno incendiare una pira con migliaia di morti, non se ne faranno troppo un problema.

Foto di Ahmed akacha

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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5 Commenti

  1. Se lecito
    posterei, preso da internet, e da wikipedia, e da youtube, quanto realmente accaduto la notte di Natale del 1914 durante la prima guerra mondiale.
    Su questa storia è basato anche un film diretto da Christian Carion, ed è dedicato ai militari di trincea tedeschi, francesi e scozzesi che, quella notte, quella bellissima notte, scrissero una pagina di storia nuova e giusta, basata sulla fratellanza, fraternizzando invece di combattersi; da:

    https://it.wikipedia.org/wiki/Joyeux_No%C3%ABl_-_Una_verit%C3%A0_dimenticata_dalla_storia

    https://www.youtube.com/watch?v=XQ-JuJZTpVE

    https://www.youtube.com/watch?v=xayyWGBtwEg

    https://www.youtube.com/watch?v=-cSrqRdlFeo

    https://www.youtube.com/watch?v=iiZPt80VGgc

    https://www.youtube.com/watch?v=NOz9SpWc_yE

    https://www.youtube.com/watch?v=XQ-JuJZTpVE

    Buona, eventuale, visione ed ascolto; e grazie al regista che ha fatto un film contro ogni guerra. Guerra, spesso, voluta da pochi che se ne stanno tranquilli a fare i loro interessi, mandando altri ad uccidersi.

    Forse, se conosci il tuo “nemico”, non sarà più tale.

    Terra di nessuno? No, direi “terra di tutti, tutti insieme!”.
    Giuseppe.

  2. Preciso che il film “Oh! What a Lovely War”, citato nel mio precedente commento, è diretto da Richard Attenborough, come da Wikipedia:

    https://en.wikipedia.org/wiki/Oh!_What_a_Lovely_War

    Bellissima anche questa scena di fraternizzazione tratta dal film “War Horse”, diretto da Steven Spielberg e tratto dall’omonimo romanzo scritto da Michael Morpurgo, come da Wikipedia:

    https://it.wikipedia.org/wiki/War_Horse_(film)

    Se lecito, prendo da youtube:

    https://www.youtube.com/watch?v=mIlDFehBT0s

    Due militari, sempre nella terra di nessuno, rischiano la vita fraternizzando per salvare un cavallo rimasto impigliato nel filo spinato e facendo amicizia.
    Gli uomini non danno il meglio di loro quando si uniscono nello sforzo di dare amore, e non quando obbediscono a chi chiede di odiare?
    Giuseppe.

  3. Bellissima la scena a circa 1:00:

    “… cesoie …”,

    e come queste piovono;

    da “War Horse” di Attenborough.

    E bellissimo anche come i due “nemici” iniziano a fare amicizia quando il tedesco, infastidito, precisa di non chiamarsi Fritz, ma Peter…
    Giuseppe.

  4. Il film diretto da Christian Carion che racconta quanto accadde la notte del Natale 1914 nelle trincee tedesche, francesi e scozzesi, si chiama ”
    Joyeux Noël”;
    avevo dimenticato di specificarlo.
    Giuseppe.

  5. So che, in genere, molti sono restii a vedere i link postati o a leggere commenti troppo prolissi.
    Comunque sia mi è sembrato giusto postare i resoconti di questa storia che mi commuove fino alle lacrime.
    Soprattutto sono commoventi e, soprattutto, importanti, i commenti postati sotto i video, molti di nipoti dei soldati di tutte le parti in guerra che, effettivamente, confermano l’accaduto.
    Accaduto che sarebbe fantastico si ripetesse di nuovo in questo terribile momento di guerre in tutto il mondo: se i soldati si rifiutassero di combattere forse le guerre finirebbero.
    Se l’odio di chi ha visto cadere i suoi amici e i suoi cari si stemperasse in comprensione e, poi, in amore, forse le guerre finirebbero.
    Non per niente, nel film, l’unico a non sparare in aria dopo l’ordine del superiore (generale?) fu un militare cui era stato ucciso il fratello. E, per assurdo, uccise un suo commilitone cui un tedesco aveva prestato l’uniforme per andare a prendere il caffè con la mamma, a pochi chilometri, e che teneva la sveglia un’ora avanti per ricordarsi di quando, tutte le mattine, prima della guerra, lo faceva.
    Giuseppe.

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