La Corte dei conti: veglieremo comunque

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Il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino ha dichiarato ieri: “Il controllo della Corte dei Conti sull’attuazione del Pnrr, pur nell’ipotesi di approvazione definitiva degli emendamenti in questione, continuerà ad essere proficuamente esercitato, anche in corso di esercizio […] mediante il cosiddetto controllo sulla gestione”. “Tale controllo, garantito dall’articolo 100 della Costituzione e come tale non comprimibile, se non con legge costituzionale, è finalizzato alla verifica della legittimità e della regolarità della gestione, anche ai fini del referto semestrale al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr”.

Quanto sopra è stato dichiarato ad un convegno sui controlli del PNRR organizzato dalla Università Cattolica. Ha poi concluso: “I cittadini chiedono trasparenza sui costi delle opere, sui tempi e sulle modalità della loro realizzazione”.

Mi lascio andare a qualche considerazione da cittadino. È vero: vorrei sapere che i nostri soldi sono spesi bene e per farlo mi farebbe piacere che fosse tutto più comprensibile e trasparente. È vero: non credo che questa trasparenza e buona gestione appartengano in modo significativo alla pubblica amministrazione. È vero: ritengo che la spesa improduttiva e sbagliata della pubblica amministrazione sia consistente, probabilmente più consistente dell’evasione nazionale.

Ma no, non credo proprio che sarà la Corte dei Conti a garantire quella trasparenza e quella qualità della spesa. Non credo che la Pubblica Amministrazione si cui più controlli, con più dirigenza, con più burocrazia.

Oltretutto la nostra magistratura ha da tempo perso la veste di imparzialità e di affidabilità: le rilevazioni dell’ISTAT da tempo fotografano una fiducia scarsa nella magistratura in generale. Quella contabile non è certo ritenuta migliore di quella ordinaria.

Il dato che emerge con chiarezza negli anni è che, superata una fase iniziale di controllo inesistente o scarso, più aumentano i controlli più aumenta l’inefficienza della macchina pubblica e non il contrario: aggiungere controlli non riduce lo spreco ma aggiunge ulteriore perdita di risorse e di tempo.

Oggi più che mai avremmo bisogno di un sistema che riconosca a ciascuno il proprio compito: alla magistratura di controllare che le cose siano state fatte correttamente (con una attività sanzionatoria per le azioni infedeli, non preventiva di guida), al Governo il compito di guidare il paese prendendo decisioni comprensibili, al Parlamento di fare leggi che vangano applicate e che, possibilmente, siano comprensibili anche ai poveracci (noi) che dovremmo conoscerle e applicarle e i ministeri di risolvere quei dettagli della legislazione che ne impediscono spesso l’attuazione. Invece il Governo fa leggi, il Parlamento cerca di entrare nell’attività di gestione e produce leggi a metà che poi vengono reinterpretate e riscritte da regolamenti attuativi e circolari interpretative, le magistrature contabili (e non solo) che scendono nell’agone della politica con commenti e indicazioni su leggi e con operatività di governo (sul controllo concomitante che vorrebbe indicare i contenuti di leggi e regolamenti).

Una Babele in cui nessuno fa quello che dovrebbe e tutti vogliono fare tutto. Se il paese non funziona c’è un perché.

Oggi dobbiamo andare a far dimagrire, e di tanto, il sistema della Pubblica Amministrazione. Che non è il «male oscuro» di questo paese ma è certamente un freno.

Lo dobbiamo fare perché ci conviene. Lo dobbiamo fare perché è giusto. Lo dobbiamo fare è l’unico modo per ridare dignità anche a chi ci lavora dentro.

Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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1 commento

  1. Leggo: “… vorrei sapere che i nostri soldi sono spesi bene …”.
    Io non mi chiedo solo se siano spesi bene ma, perlomeno, avrei voluto prima sapere per cosa sarebbero stati usati ed interpellato, come cittadino, in merito a se fossi stato d’accordo a chiedere il prestito per quelli presi in prestito a debito in “nostro nome”; mi chiedo che senso abbia, col debito pubblico che già abbiamo, fare altro debito. Fare altro debito, sembrerebbe, senza neanche saper bene per quale scopo, dato che ancora se ne discute e il tutto è vago.
    Personalmente sono abituato a non fare debiti; figuriamoci se valga la pena “contrarre debiti” solo perché il tasso è basso, anche se non si sa, perlomeno non mi sembra che i cittadini sappiano di preciso, cosa si voglia fare di tali soldi presi in debito. presi in debito a loro nome e rischio. E senza prima essere consultati e senza prima dire loro per “fare cosa” si contragga a loro nome tale debito; vabbè, la rappresentatività… in un Paese in cui circa la metà dei cittadini non vota.
    Ci avessero chiesto: volete chiedere a Bruxelles un prestito per rimettere a nuovo il SSN? Per fare case popolari per i meno abbienti? Per l’istruzione? Per assunzioni a tempo indeterminato nel settore pubblico? Per sviluppar strategie per creare occupazione?
    No, non mi sembra che ciò sia stato fatto.
    E se si contrae un debito, poi, in caso di problemi, chi paga sono i contraenti, ovvero noi: ricordate la Grecia? Ricordate il potere di Bruxelles, in quel caso?
    Se mi avessero detto che tutti i soldi del debito contratto con Bruxelles fossero stati destinati a SSN ed a altre impellenti necessità, ci avrei pensato.
    Ma, se non so cosa ne sarà dell’impiego di tali fondi, oserei dire “non in mio nome!”.

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