Il popolo si è espresso e ha sempre ragione.

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Spesso, parlando, si dicono delle sciocchezze. Quella di Salvini è scuramente tale.

Intanto è bene sottolineare una cosa: il sistema democratico non garantisce che il popolo farà la scelta giusta. L’esperienza dimostra che non è assolutamente vero. La maggioranza della popolazione non proporrà la cosa giusta per definizione.

Una delle cose che nessuno ama sentire è che il popolo italiano aveva scelto il fascismo. Come anche in Germania il nazismo e in Spagna il Franchismo. Non è vero che il popolo aveva votato contro. Non è vero che le elezioni erano state truccate. Non all’inizio, perlomeno.

Il popolo italiano: cioè la maggioranza libera degli italiani. Come, probabilmente, hanno fatto i russi all’inizio dell’epopea Putiniana.

Il popolo sbaglia. Talvolta con ferocia e disumanità. Sul Corriere della Sera di mercoledì 19 c’è un articolo di Gramellini (su un fatto tratto da un libro di Walter Veltroni) che racconta di come la folla linciò un pover’uomo reo di essere additato come fascista nel giorno sbagliato da una testimone inaffidabile nel caos di Roma appena liberata dai nazisti. Il popolo, che voleva solo vedere sangue, si era visto togliere la libbra di carne di un processo sommario ad un collaborazionista da davanti agli occhi. E allora prese un poveraccio e lo picchiò senza pietà, cercò di farci passare sopra un tram, lo getto nel Tevere e, poiché non era ancora morto, salendo su delle barche, andò a finirlo a colpi di remi. E non possiamo neppure consolarci pensando che fosse solo una isteria di massa del momento che, il giorno dopo, l’Unità celebrò il fatto come «un potente avvertimento».

No il popolo non ha una coscienza. E la maggioranza non ha la chiarezza della verità.

Ma soprattutto, la democrazia non è solo il voto.

La democrazia è la libertà che consente alle idee di circolare. E circolando, con il tempo, di formare le coscienze. Nella speranza che ascoltando varie idee, confrontandosi con esse, ragionandoci sopra, la maggioranza (non la totalità) delle persone possano arrivare ad una migliore comprensione della realtà.

Nella speranza, non nella certezza.

La storia insegna che anche le democrazie possono entrare in vicoli ciechi. Che possono involvere e, talvolta, smettere di essere democrazie. Ci insegna che possono sorgere dei «pifferai magici» che possono prendere il sopravvento, che possono traviare le coscienze e portare la maggioranza a fare la scelta sbagliata. E chiunque può liberamente attingere alla cronaca degli ultimi anni per trovare degli esempi di questi nefasti pifferai magigi…

La democrazia non è una garanzia di scelte giuste: rende solo più probabile che questo avvenga rispetto ad altri sistemi di governo.

Ma perché questo avvenga ci vuole che le persone ragionino; che siano incentivate, spinte e motivate a capire, conoscere, approfondire. È un meccanismo complesso e delicato.

I giornali, gli organi di informazione, i partiti politici, i luoghi di aggregazione sociale svolgono un ruolo cruciale in questo processo. Se questi strumenti sono preclusi o inquinati la democrazia non può funzionare. E allora il voto viene snaturato: non più la fase definitoria di un processo di elaborazione ma la farsa messa in scena per mascherare il volto della dittatura.

In Russia, ma anche in Cina, Iran e altri paesi non democratici, si vota. Solo che le idee non circolano e le persone non possono esprimersi. Così il voto non giudica il potere costituito ma lo cristallizza.

Anche nel nostro mondo occidentale alcuni presidi democratici sono in crisi. L’informazione è uno strumento democratico solo se è onesta (cioè rappresenta, al meglio delle capacità, la realtà), plurale (rappresenta pareri diversi anche contrari al potere legittimamente costituito), verificata (non ci si limita a riportare informazioni ma si cercano delle verifiche si quanto si asserisce) e responsabile (ci si mette la faccia e ci si impegna a rispettare le regole sopra anche davanti alla legge).

L’informazione dei social non è nulla di tutto questo. E, sempre più spesso, non lo è neppure quella delle trasmissioni televisive pressata dalla concorrenza dei social. Crescentemente di più, si lascia spazio a ciò che è manifestamente falso per un malinteso senso di pluralità o per più biechi vantaggi economici-pubblicitari.

Nel caso dei social, semplicemente, ci si affida ad algoritmi per diffondere le notizie. Algoritmi il cui unico intento è quello di promuovere le notizie che più eccitano le persone portandole a «interagire» cioè generare altro traffico, altre visualizzazioni, altra pubblicità mostrata. Algoritmi che non sono «responsabili» né sono stati pensati con quell’obiettivo.

Così i social stanno distruggendo uno dei pilastri della formazione di coscienze rette che possano esprimere un voto ragionevole e ragionato. Che, a sua volta, possa far funzionare le democrazie.

Ma, almeno in Italia, anche un altro pilastro è stato gravissimamente danneggiato: i partiti politici. Da noi hanno perso ogni forma di democrazia interna. Da almeno 20 anni: da quel porcellum che tanto è responsabile del basso livello della classe politica nostrana. Senza una vera democrazia interna i partiti non discutono internamente e non possono sviluppare delle idee: restano solo concentratori di voti e vivono per favorire le carriere politiche di una oligarchia di «senatori».

E, infine, anche i «corpi sociali», l’associazionismo, non vivono un momento di particolare vitalità.

Senza una informazione che funzioni, senza dei partiti che siano in grado di elaborare la società civile e pure con un sistema di corpi sociali esangue cosa garantisce alla nostra di democrazia di continuare ad essere affidabile?

Foto di Luis Quintero

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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3 Commenti

  1. Esatto. Con la copertura della sbandierata democrazia, siamo in balia del “commercio delle idee” e della finanza.
    Ormai, sfrontatamente, sembra contare quasi solo la convenenza economica, l’apparenza e la poltrona.
    Quasi ogni persona è un’isola che pensa solo alla propria sopravvivenza. Quelli più intellettualmente dotati.
    Gli altri, gli scemi, gli utili idioti, il popolo bue e, purtroppo, anche la maggioranza degli sfruttati, poveri o meno che siano, cui nessuno più riconosce alcuni dei diritti che si sono pagati in anni di lavoro (mi viene da pensare al funzionamento del SSN nel caso si debbano eseguire visite urgenti), mi sembra che servano solo a far funzionare questa macchina di…
    Sarò pessimista ma, alla domanda:
    “… Senza una informazione che funzioni, senza dei partiti che siano in grado di elaborare la società civile e pure con un sistema di corpi sociali esangue cosa garantisce alla nostra di democrazia di continuare ad essere affidabile?…”,
    cui aggiungerei un’altra domanda:
    “ma avete visto, ormai, che spessore etico hanno alcune pubblicità televisive?”,
    non so, per quanto poco il mio parere conti, rispondere se non: andiamo avanti sopravvivendo finché dura.
    E, a chi ne ha la forza e la possibilità, consiglio di trasferirsi in un Paese scelto ove tutto questo ancora non sia arrivato. Ammesso che esista.

  2. Sono perfettamente d’accordo, e aggiungo unaltra considerazione: si può ancora parlare di democrazia quando a stento va a votare il 50% del corpo elettorale?

  3. Tutte le osservazioni espresse nell’articolo sono condivisibili. In effetti la nostra “democrazia” presenta crepe e problemi, come dimostra la scarsa affluenza alle urne in occasione di tutte le consultazioni elettorali, anche di quelle amministrative locali ( Comune) che pure in un recente passato erano molto sentite. I social hanno contribuito notevolmente all’appiattimento delle coscienze. Aggiungerei anhe una generale crisi dei valori. In più abbiamo una classe politica
    improvvisata, dilettante , poco preparata. In passato all’interno dei grandi partiti storici, ora tramontati o trasformati in pallide e svanite copie, c’erano scuole che preparavano i giovani alla politica.

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