Appuntamento pucciniano da non perdere

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Amichevolmente sollecitato dal dottor Alberto Varetti, incontrato nei pressi di piazza san Giusto, e da una gentile signora che come me frequenta l’edicola di None, che si sono lamentati per la mia prolungata assenza dallo “Schermo” cerco adesso di rimediare. E lo faccio con questo suggerimento a visitare la mostra “Omaggio a Giacomo Puccini” che si apre oggi pomeriggio alla Galleria di Filippo Bacci di Capaci in via del Battistero.

Ragioni per parlar bene di questa esposizione, nata dalla collaborazione del gallerista con Maurizio Pera, ce ne sono quante ne volete e così insisto: merita di fare una puntata dalle parti di via del Battistero per entrare nella sale del ristorante “Olio su Tavola” che ospitano l’omaggio a Puccini.

Ne parlo bene intanto perché il materiale raccolto da Filippo e da Maurizio è materiale di prima qualità: una esauriente esposizione della produzione pittorica (in tutto quasi 50 quadri) fiorita nell’area del Lago nel periodo in cui intorno al Maestro Puccini vi trovarono felice rifugio artisti richiamati dalle magiche suggestioni di quel paesaggio: luci, colori, argentei canali, infuocati tramonti, limpide albe che potevano far credere di aver trovato in riva al Lago quella bellezza dell’Eden che andavano cercando.

Più volte raccontata l’esperienza dei “Pittori del Lago”, alla quale dedicammo una sezione della mostra “Dipingere l’incantesimo” tenuta alla Banca del Monte nel 2015, nata sull’onda del grande successo dell’esposizione “The enchanted land” tenuta a Glasgow nel 2004, si conferma come una valida chiave per intendere le ragioni profonde che convinsero il Maestro Puccini a fissare la sua dimora in una villa che si affacciava su quel fascinoso specchio d’acqua. Ragioni che Puccini non perdeva occasione di dichiarare. Lo faceva in una lettera inviata all’amico confidente Carlo Caselli (ahi qui qualcuno s’arriccia!) nella quale definiva Torre del Lago” gaudio supremo, paradiso, eden, turris eburnea, vas spirituale”. Ma già qualche anno innanzi, quando il Maestro era a Milano per seguire l’allestimento di “Bohème” si era così espresso. “Rimpiango solo la quiete del verde paese: odio queste agglomerazioni di creta che chiamansi città e di più si ha il coraggio di chiamarle belle! Per me le città non sono altro che turpi appropriazioni indebite fatte alla germogliante natura!” Ancora più duro Puccini quando da Parigi nel 1898 scriveva: “Ne sono stufo di Paris anelo il bosco olezzante con relativi profumi, anelo il libero ondeggiare del ventre mio in largo calzone con assenza di gilet – anelo al vento che libero e olezzante mi giunge dal mare ne assaporo con le nari dilatate il salso jodico spirare a larghi polmoni! Odio i selciati! Odio le chiese! Odio i palazzi! Odio gli stili! Odio i capitelli, amo lo bello stile del pioppo e dell’abete, la volta dei viali ombreggianti e novello druido farei mio tempio, mia casa, mio studio lo stendersi verde del fresco sotterfugio di bosco annoso o giovine: Amo il merlo, il capinero, il picchio (…) odio il vapore, il cappello a cilindro, il frak”.

E se c’era ancora chi non voleva comprenderlo Puccini sapeva ricorrere ad argomenti che non concedevano equivoci: “N’ho pieni i coglioni di questo Parigi gonfiato da secoli”.

Attirato dalla presenza di Puccini e dalla prospettiva di poter condividere con Il Maestro la magica temperie dei giorni torrelaghesi, sul finire dell’Ottocento un folto gruppo di pittori, per lo più giovani, si stabilirono nel villaggio di Torre per dare vita ad una “bohème”, della quale, è ovvio, il maestro era la guida. Presi dal fervore che provavano in quel luogo si dedicarono senza posa a fissare la sua bellezza in quadri che possiamo ammirare nella mostra che si apre oggi. I loro nomi, da Plinio Nomellini a Ferruccio Pagni, da Francesco Fanelli a Lodovico Tommasi per arrivare ad un giovanissimo Lorenzo Viani, valgono come garanzia della qualità della mostra, resa ancora più preziosa dal ricco materiale fornito da Maurizio Pera: autografi pucciniani, fotografie, spartiti originali, libretti d’opera.

Insomma quello organizzato e allestito dalla buona volontà di Filippo Bacci di Capoaci e di Maurizio Pera è un appuntamento assolutamente da non perdere:.

Anche perché, e qui si torna alle “dolenti note” la loro mostra afferma una semplice verità: e cioè che nella irritante latitanza delle Celebrazioni ministeriali, cariche di milioni ma povere di idee e di volontà propositiva, c’è qualcuno che si è dimostrato capace di salvare l’onore di Lucca pucciniana.

Una ragione in più per testimoniare a Filippo e Maurizio, veterani queste patrie battaglie, l’apprezzamento e l’incoraggiamento dei buoni lucchesi.

Appuntamento da non perdere. Assolutamente.

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2 Commenti

  1. Buongiorno. Complimenti per l’iniziativa circa la mostra; però, non è specificato per quanto tempo sia visitabile né gli orari di apertura e neppure se l’ingresso sia libero o su prenotazione.
    Sulle frasi estrapolate dalle lettere di Puccini, si dovrebbero aggiungere ulteriori dettagli, quali le date, il luogo e il destinatario. Inoltre, non risulta ben chiaro (almeno allo scrivente) il suo commento «(ahi qui qualcuno s’arriccia!)» aggiunto alla citazione della lettera inviata a Carlo (o Alfredo?) Caselli. Grato se vorrà chiarire.
    A.A.

  2. Illustre sig. Sereni. In data 7 ottobre us., le ho sottoposto alcuni interrogativi con preghiera di chiarirli. A oggi, 27 ottobre, a distanza di venti giorni, non ho ancora letto un suo cenno di riscontro focalizzato – come da richiesta – a declarare le fonti scientifiche riportate nel suo scritto. Capisco come la sua attenzione sia incentrata maggiormente sulle scommesse del manifesto al Giglio (sai che notizia di rilevanza nazionale!); però, quando si citano i documenti di Puccini, non è una scommessa né una chiacchiera da bar dello sport. Se vuole credibilità nei suoi scritti, con conseguente credibilità nella Testata per cui scrive (“LoSchermo.it”), abbia la compiacenza di rispondere agli interrogativi che le sono sottoposti dai lettori. Ignorare con il silenzio, tipico dei lucchesi, è aria fritta e assenza di pura cortesia. A meno che, lei e la testata on line in discorso, si considerino su una cattedra (?) dalla quale scaturisca la sola e non divulgabile verità rivelata, ignorando le legittime richieste dei lettori. In tal caso, le ricordo un altro suo scritto confacente alla questione: “C’è solo da vergognarsi”.
    Continui a scommettere: è possibile che vincail primo premio nel concorso “La tattica del silenzio a Lucca”.
    A. A.

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