Anomalya: la supercar per chi ricerca le vere emozioni

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In un mondo così arido, in cui si cerca di togliere l’anima alle cose in nome dell’uniformità e della piattezza, esiste una voce fuori dal coro. Questa è rappresentata da Anomalya, la nuova supercar di origine lucchese, che ci è stata presentata da Sly Soldano, titolare dello Sly Garage di via del Casalino, a Tassignano. Lui, insieme a Samuele Pasquinucci, Luca Sabatelli, Guido Cecchi e Luciano Bartolini hanno dato vita a un oggetto che prima di tutto deve stupire, affascinare ma soprattutto emozionare il guidatore. L’uomo torna al centro dell’universo a quattro ruote, la meccanica si ribella alla tecnologia digitale, in favore del puro divertimento. Sembra una scelta irrazionale e illogica, in un mondo automobilistico votato al politicamente corretto. Guai a chiamarla macchina, questa è un’auto ed è fatta per chi ha il cosiddetto “pelo su stomaco”. Non è per tutti, non può essere guidata da chiunque, ma solo da appassionati della guida pura e gentlemen driver con una certa esperienza.

Sly Soldano ci ha aperto le porte del suo garage e del suo cuore, raccontandoci la genesi e le vicende che hanno portato alla nascita di questa formidabile creatura. Lui ne parla con entusiasmo, con gli occhi accesi e vivaci, come se raccontasse le gesta di un figlio di cui andare veramente orgogliosi. In qualche modo è così, è un sogno che si avvera dopo tanti anni di studi e ricerche, sacrifici e amore. Anomalya, tuttavia non è la prima auto di Sly Garage che sale agli onori della cronaca. “Anomalya è un progetto originale – ci racconta Sly Soldano – non è una kitcar, ed è la nostra prima creazione del tutto inedita. In passato di vetture modificate ne abbiamo realizzate tantissime, la più famosa è SIT (Slide Intelligence Technology), la prima Porsche dotata di intelligenza artificiale. Fu presentata circa otto anni fa in Piazza Napoleone a Lucca ed è una vettura che, letteralmente, cammina, parla e fa tutto da sé. Roba che Google non riesce ancora a fare”.

Porsche, quindi, è un vostro punto di riferimento. Avete utilizzato un loro telaio come base per Anomalya?

Per Anomalya, se parliamo della cella di sicurezza – quindi della parte collassabile -, abbiamo ereditato ciò che proviene dalla Porsche Boxster 986. Lo abbiamo fatto anche per una questione squisitamente legale, in quanto dobbiamo poter garantire tutti i requisiti di sicurezza che un’automobile deve oggi rispettare. Abbiamo scelto proprio la 986, perché è un’auto che nasce senza il tetto, quindi ha una rigidità torsionale piuttosto importante, e in più ci ha permesso di creare un tetto senza inficiare il disegno di qualche altro studio.

In ogni caso parliamo di una macchina stradale?

Sì, è un’auto che può circolare su strada. In questo momento stiamo finendo le attestazioni per poterla omologare in Italia, mentre fuori dai confini italiani siamo già in regola. La normativa nel nostro Paese è un po’ più complessa e c’è bisogno di maggior tempo rispetto ad altre nazioni.

Facciamo un passo indietro, qual è la genesi di Anomalya?

È un’idea tutta nostra. Sono tantissimi anni che volevamo costruire una supercar per intero. Noi personalizziamo tantissime vetture di questa categoria, tuttavia volevamo dar vita a qualcosa di nostro perché le supecar moderne sono lontane dal motivo vero per cui sono state inventate. Sembra quasi che le più recenti siano state costruite solamente per apparire, per un senso di esibizione o per esaltare uno status symbol. Anomalya si discosta totalmente da questa visione. Se la motivazione che spinge all’acquisto di un oggetto del genere è la sostanza, allora la nostra auto è la scelta ideale, se si ricerca solo la mera apparenza allora siamo fuori strada.

Vuoi spiegare meglio questa cosa?

Io amo definirla come la donna sbagliata di cui ti innamori, consapevole che stai facendo un errore, ma lo farai lo stesso. L’amore ha la logica, che la logica non ha. Questa è la sua essenza, è un’auto costruita intorno a un driver per farlo emozionare. Per saperci andare forte devi essere bravo al volante, altrimenti lei non ti darà confidenza.

Com’è stato lo sviluppo?

Noi siamo tutti ex piloti, che hanno alle spalle anni e anni nel mondo dell’aerodinamica. Ci siamo, tuttavia, avvalsi della collaborazione dell’Università di Pisa per studiare e confrontare i dati che avevamo a disposizione, per essere sicuri di quello che stavamo facendo. Una volta messa Anamolya su strada, l’abbiamo fatta provare a piloti professionisti dalla grande carriera agonistica, nazionale e internazionale, anche se al momento non possiamo fare i loro nomi.

Si può dire che voi, in Anomalya, avete ricercato quelle sensazioni tanto care alla guida delle auto passato?

Esatto, però rispetto al passato abbiamo sfruttato la conoscenza e la tecnologia di oggi, a partire dai materiali che prima non venivano utilizzati. Per cui abbiamo strutturato una vettura capace di fendere l’aria, grazie a un basso coefficiente di resistenza aerodinamica, per mezzo di un disegno che prevede nella parte posteriore un’ala determinante. La cosa che ci importava era non avere drag alle basse velocità e averne il meno possibile alle alte, pur essendo in quel frangente più pesanti.

A livello di design, vi siete ispirati a qualcosa di già esistente?

Questo no, però in qualche modo siamo stati influenzati da cose già viste nel mondo dell’auto. Ad esempio, l’effetto ‘Coca-Cola’ è un’analogia con ciò che si vede nel mondo della Formula 1, gli split a taglio esterno li possiede la Ford GT40, mentre il profilo con molta incidenza chiuso nella parte esterna è tipico delle Brawn GP o della Ferrari 430, anche se quest’ultima ce l’ha un po’ più stretto. Ci sono molte analogie, ma alla fine il nostro obiettivo era quello di fare un’auto armonica e più lineare possibile. Volevo una vettura elegante, con motore centrale e molto italiana.

A proposito, il motore è in posizione centrale ma è di derivazione Porsche, giusto?

Sì, è il classico 3.2 litri Boxer da 6 cilindri. Lo abbiamo scelto e messo a punto, perché Anomalya pesa 1080 chilogrammi e avevamo bisogno di giri, cavalli e di un giusto livello di coppia motrice.

Cosa vuoi che rappresenti Anomalya?

A me interessa soltanto far divertire un gentleman driver. Odiernamente il più grosso errore delle supercar e hypercar moderne è l’eccessivo verso a una Formula 1. Mi spiego meglio: prendiamo ad esempio un pilota famoso come Sebastian Vettel e un circuito in cui si gira in un minuto. Vettel è pagato per scendere sotto la soglia di quel minuto, ma l’appassionato che cosa ricerca quando va in pista? Non dovrebbe fare il record come un pilota professionista, quindi sempre con il cronometro in mano, ma dovrebbe soltanto divertirsi e scendere dalla macchina con un bel sorriso stampato in faccia. L’obiettivo finale è il divertimento, la pura emozione.

Quindi la tua è una battaglia anche contro un certo appiattimento del mondo automobilistico…

Sì, lo si capisce anche dal nome scelto, Anomalya, che in italiano significa non conforme. In aggiunta lo abbiamo reso scorretto, sostituendo la i con la y, perché volevamo essere chiari con questo messaggio.

Tornando all’auto, che materiali avete utilizzato, quale sarà il costo?

Abbiamo utilizzato carbonio e acciaio, mentre il costo sarà in linea con quello di una supercar, anche se al momento non possiamo comunicarlo. Chi si può permettere una Ferrari o una Porsche, potrà portarsi a casa Anomalya, ma in più avrà il fattore di esclusività, perché la nostra auto è a tiratura limitata in quanto ne saranno realizzate soltanto dieci esemplari. Ogni unità sarà firmata e numerata da 1 a 10.

Avete già avuto richieste di acquisto?

Stiamo cercando di chiudere i primi quattro contratti, tutti fuori dall’Italia. Chi avrà la fortuna e il privilegio di possedere Anomalya saprà che più di dieci non ne verranno realizzate, anche qualora le richieste fossero superiori alla tiratura prevista.

Per chi fosse alla ricerca del mero numero, Anomalya ha prestazioni di tutto rispetto, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h registrata in appena 4,4 secondi e una velocità massima di 270 km/h. Abbiamo capito però che questa supercar made in Lucca non vuole essere ricordate per le fredde statistiche, ma per la sua capacità di scaldare il cuore, con il rombo e la passione di una guida dura e pura.

Tommaso Giacomelli
Tommaso Giacomelli
Giornalista e giurista, le passioni sono per me un vero motore per vivere la vita. Sono alla ricerca inesausta della verità, credo nel giornalismo libero e di qualità. Porterò il mio contributo a "Lo Schermo" perché si batte per essere una voce unica, indipendente e mai ordinaria.

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