Ancora proteste, il titolare del ristorante Fronte del Porto: “Riaprire subito al chiuso, niente coprifuco e pass verde”

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Nonostante l’allentamento delle misure di contenimento del contagio da parte del governo, non si fermano le proteste dei ristoratori. Due giorni fa (18 aprile) un gruppo di ristoratori toscani ha infatti bloccato l’autostrada A1 all’altezza di Firenze-Incisa in entrambe le direzioni. Ristoratori, quelli presenti alla manifestazione, che si dicono pronti a continuare la loro protesta almeno finché il governo non cambierà le modalità di riapertura.

Il nuovo decreto Draghi, in vigore dal 26 aprile, oltre a prorogare lo stato di emergenza fino al 31 luglio, prevede, come si legge nella bozza, la riapertura a pranzo e cena dei ristoranti solo in zona gialla ed esclusivamente all’aperto. Dal primo giugno potranno invece riaprire, solo a pranzo, i locali che non dispongono di spazi all’aperto. Rimane il coprifuoco (con possibilità di allentamento a seconda dell’andamento del contagio) e la divisione regionale a colori.

Tutte modalità non condivise da molti proprietari di bar e ristoranti, da mesi ormai allo stremo, che ancora una volta non vedono approvate le loro richieste: “Non ne possiamo veramente più – dicono -. Dovete farci riaprire”.

Fra i manifestanti anche Stefano Vecciani, titolare del ristorante Fronte del Porto a Viareggio e della trattoria Il Fiaschetto a Torre del Lago, deciso, come gli altri, a non mollare la propria battaglia.

Visto quanto anticipato riguardo le riaperture, perhé la vostra protesta continua?

Non è giusto che chi ha spazio all’aperto possa riaprire e chi non ce l’ha invece no. Se i contagi aumentano e la situazione peggiora, le stesse regole dovrebbero valere per tutti. Invece in ambienti come mense e autogrill, la ristorazione non si è fermata. Neppure al chiuso. Senza contare i disagi legati al possibile maltempo. Anche il mantenimento del coprifuoco non incoraggia certo le riaperture dato che già pranzo, a causa dei molti dipendenti in smartworking, non c’è molto movimento. Inoltre riaprire ha un costo e alcuni di noi non hanno neppure i soldi per riattaccare la luce. Devono permetterci di lavorare come tutti gli altri, in sicurezza e con responsabilità. Le nostre richieste non sono state prese in considerzione”.

A quanto ammontano le vostre perdite rispetto all’anno 2019?

Nell’anno 2020 abbiamo registrato perdite di circa il 25-30 per cento del fatturato rispetto al 2019, mentre per l’anno 2021, il calo già ora sfiora l’80-90 per cento”.

Quali sono le vostre richieste?

Chiediamo una riapertura totale, a pranzo e cena, dentro e fuori, in sicurezza e rispettando tutti i protocolli e le eventuali regole. Chiediamo poi l’abolizione del coprifuoco e del distanziamento di due metri, impossibile da mantenere e del pass verde vista la stagione turistica alle porte. Inoltre sarà consentito pagare solo con il Pos, mossa che penalizza molte piccole realtà che sono in difficoltà con i costi di attivazione. Vogliamo la possibilità di riservare tavoli anche per frequentatori abituali e non solo fra congiunti. Richiediamo inoltre vaucher emergenziali e l’esonero della richiesta del Durc (Documento unico della regolarità contributiva). Riproponiamo poi la moratoria della legge Barsani – e quindi il blocco dell’apertura di nuove attività nel settore della ristorazione – almeno fino al 2023. Infine l’abolizione tetto del 30% per gli indennizzi e i rsitori. Noi siamo pronti a fare la nostra parte e a rispettare tutte le norme garantendo gel igenizzanti e uso di mascherine, lavorando con responsabilità, ma le modalità proposte non incentivano certo la ripartenza del settore”.

Prossime mosse?

Continueremo a protestare finché le nostre richieste non saranno ascoltate. Non ci fermeremo”.

Una campagna vaccinale che dopo mesi ancora fatica a decollare e la curva del contagio che non scende mettendo a dura prova l’idea di un’estate più libera a discapito del turismo e di tutte le altre attività commerciali e di ristorazione sempre più allo stremo.

Secondo la Fipe: “Il 46,6% dei bar e dei ristoranti italiani non è dotato di spazi all’aperto e questa percentuale si impenna se pensiamo ai centri storici delle città dove sono in vigore regole molto stringenti”. Situazione ancora più problematica per i pub e le attività legate alla movida che vedono di nuovo sfumata l’idea di poter restare aperti dopo cena. Per molti infatti è molto più conveniente restare chiusi, almeno per ora, così da evitare ulteriori costi e in attesa di nuove disposizioni. Ma per far ripartire un settore non basta solo riaprire, bisogna anche incentivare il consumo e le nuove disposizioni, almeno per ora, non sembrano seguire questa linea.

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