I nostri soldi a Putin per la guerra. Sulle sanzioni abbiamo sbagliato?

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In questi giorni si sente dire spesso che le “sanzioni fanno più male a noi che a Putin”.

L’affermazione, nella sua (voluta?) ambiguità, tende a far pensare alternativamente due cose: o che ci sarebbero altre sanzioni più efficaci e con meno effetti negativi per noi, o che il sistema delle sanzioni è inutile in assoluto a fermare la guerra.

Siccome la frase è un po’ oscura, proviamo a capire che cosa è successo e che alternative avevamo, o avremmo ancora, nel contesto reale.

Il problema, naturalmente, parte dal dato fattuale che Putin (e la Russia) hanno invaso l’Ucraina tentando di conquistarla e di rovesciarne il potere costituito. E hanno fallito.

Qui l’occidente, e l’Italia, hanno dovuto fare una scelta: o lasciare che il Cremlino continuasse indisturbato una guerra con un popolo meno armato e ne potesse, nel medio termine, fare bottino, oppure sostenere la legittima resistenza degli ucraini nei modi possibili.

La scelta è stata di dare sostegno agli aggrediti. Per alcuni partiti è stata una scelta sofferta e hanno mantenuto alcuni gradi di ambiguità. Ambiguità che, in campagna elettorale, è esplosa.

Ma l’esperienza della Crimea ci dovrebbe aver insegnato che lasciare che un dittatore possa fare conquiste territoriali senza problemi aumenta il desiderio di farne di maggiori. E l’instabilità politica dei confini territoriali genera guerre. E le guerre impoveriscono e colpiscono anche chi non è direttamente in guerra. Quindi riguardano anche noi.

Senza contare che avere un pitbull eccitato dal successo e armato di bomba atomica che va in giro in cerca di possibil conquiste, non può che essere una prospettiva da scongiurare.

Quindi la reazione era l’unica alternativa credibile e realistica.

Dopodiché la domanda è: quali erano le sanzioni più efficaci contro la Russia?

La risposta migliore per mettere in difficoltà la Russia sarebbe stata, naturalmente, l’embargo sul gas e petrolio.

Peccato però che quel tipo di embargo non ce lo potevamo permettere. Quello sì, avrebbe “fatto più male a noi che a loro”.

Perché in Italia (e non solo) abbiamo fatto scelte suicide: abbiamo creato le condizioni per essere ricattabili. E questo lo hanno fatto parimenti i governi di sinistra e di destra. E hanno dimostrato, così, una miopia strategica rara e disastrosa. Da notare che nessun politico alza il tiro contro queste scelte. Ed il motivo è che sarebbe una tempesta di fango che colpirebbe praticamente tutte le forze politiche. Quindi, la scelta condivisa da tutti è: meglio tacere su come mai siamo così esposti.

La seconda opzione per l’embargo, dopo aver esclusa l’energia, era farlo su tutto il resto. E, ovviamente, la sua efficacia è stata importante ma non fulminante nei tempi. L’occidente è monopolista nelle nuove tecnologie ma ci vuole tempo perché questo embargo dia frutti.

I dati in questo senso li danno persino russi: economia in calo (-3% secondo i russi, -6% secondo banca mondiale), contrazione in 18 su 24 settori industriali (con percentuali che vanno dal -6% dell’alimentare al -90% dell’automotive), inflazione tra il 12% e il 15% e circa 90 miliardi di dollari investiti per la stabilizzazione della situazione interna (fonte: la vicegovernatrice della banca centrale russa). Se poi il calo dell’economia è moderato (ma importante) lo si deve al surplus dei beni energetici.

La parte dell’economia che funziona ed evita la bancarotta alla Russia, lo fa con i soldi che vengono dall’occidente che paga carissimo il prezzo del gas e del petrolio.

Quindi le sanzioni non funzionano?

Decisamente falso. Hanno effetti importanti e saranno soprattutto duraturi anche se molto meno immediati di quanto non sarebbe stato fare un embargo su gas e petrolio. Così, infatti, colpiamo le catene di fornitura interne e non la fonte più rapida e liquida di ricchezza. Ma, come già detto, quella non potevamo permetterci di colpirla perché ne siamo dipendenti.

Potevamo non fare nulla?

Solo a condizione di raddoppiare l’azzardo di essere ricattabili e in mano ad un dittatore dopo aver già fatto (e perso) questa scommessa con la faccenda Crimea. E con il carico aggiuntivo che un cedimento avrebbe incoraggiato anche la Cina su Taiwan da cui dipendono le nostre economie per i fondamentali microchip. Per inciso, dovremmo imparare da quanto sta succedendo e affrettarci a creare delle alternative alle forniture taiwanesi per non trovarci sui microchip come siamo ora sul gas russo (un’analisi la trovate qui).

Ma soprattutto, se non avessimo applicato le sanzioni, seppure aiutando l’Ucraina, le bollette sarebbero state più basse?

No.

La Russia avrebbe comunque dovuto finanziare la guerra e avrebbe comunque giocato le stesse mosse (interruzioni dei gasdotti con pretesti tecnici) per far lievitare il prezzo del gas e avere i soldi che le servivano.

Quindi, dobbiamo dirlo senza ambiguità, non sono le sanzioni alla Russia che stiamo pagando.

Quello che stiamo pagando in bolletta è la nostra colpevole dipendenza dalla Russia e dal suo gas.

Siamo diventati il bancomat del Cremlino ed era ampiamente prevedibile che Putin avrebbe prelevato tutto quello che poteva da quel bancomat il giorno in cui ha avviato la sua guerra.

Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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