Riaperta la via Guidiccioni, resta l’attenzione. Su fossi e canali coperti, ricordiamo l’antico primato lucchese

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Iniziamo con la cronaca. Ieri – domenica 28 gennaio – a mezzogiorno l’assessore ai lavori pubblici Nicola Buchignani e il presidente della commissione consiliare lavori pubblici Marco Santi Guerrieri erano presenti all’attesissima riapertura della via Guidiccioni, accanto alla chiesa di San Concordio. L’incrocio con il suo impianto semaforico rappresenta uno snodo importante per il traffico di tutta la parte sud della città e per le attività economiche dove è stato necessario nei mesi scorsi realizzare un bypass temporaneo nel piazzale parrocchiale.

«Siamo soddisfatti di aver riaperto l’incrocio nei tempi più brevi possibili – ha dichiarato il sindaco Pardini, assento alla cerimonia per un altro impegno istituzionale – è stato un intervento molto complesso ma abbiamo fatto di tutto per limitare i disagi al quartiere e per questo voglio ringraziare, oltre ai nostri uffici, le aziende coinvolte Tiziano Pandolfo srl, Giannini Modesto e Prg per l’impegno dimostrato anche in queste ultime giornate». «I lavori sono stati più difficili del previsto per lo spostamento dei sottoservizi, ossia le condutture di acqua, gas e elettricità inserite nei decenni intorno a condotto sotterraneo – ha spiegato l’assessore Buchignani – solo dopo il completo spostamento di queste tubature è stato possibile mettere mano al restauro della struttura». «Secondo le prescrizioni della Soprintendenza è stata conservata la copertura a volta originaria del condotto coperto – ha aggiunto il presidente della commissione lavori pubblici Santi Guerrieri –. Dopo il consolidamento con micropali è stata così realizzata la nuova copertura che sostiene il peso della strada». L’opera ha avuto un costo totale di 450mila euro interamente a carico del Comune di Lucca.

Da ieri si è tornati alla normalità dopo 984 giorni dal cedimento di un piccolo tratto della carreggiata della stessa strada; ovvero 992 giorni dopo il primo e più consistente cedimento di un tratto della pista ciclabile che passa lungo il viale San Concordio, proprio sopra il canale Benassai-Penitese. L’incrocio è “salito” di ben 35 centimetri per consentire il superamento della nuova e più spessa soletta di cemento. Da ieri alle ore 12,10, quando sono transitate le prime autovetture, meno traffico caotico, meno code, meno inquinamento, meno stress in questa zona della prima periferia cittadina.

Restano comunque da completare alcuni lavori, che richiederanno ancora qualche mese, sia sui marciapiedi adiacenti l’incrocio, sia sul piazzale della chiesa di San Concordio, sia per l’asfaltatura definitiva dello stesso incrocio e della pista ciclabile con asfalto natura, Emergenza comunque superata anche se restano timori relativi a possibili, ulteriori cedimenti di fossi e canali cittadini che sono stati coperti da molti anni. Non possiamo dimenticare quanto avvenne nel pomeriggio di martedì 11 maggio 2021.

Cedimento della pista ciclabile in viale San Concordio l’11 maggio 2021

Soltanto per un caso fortuito non ci furono persone ferite. Nessun pedone o ciclista stava passando sulla pista ciclabile che viene utilizzata giornalmente da migliaia di persone. Un crollo quasi incredibile perché la copertura era stata realizzata una quarantina di anni prima. Quel boato fece pensare al peggio. Il cedimento della copertura in cemento del canale demaniale Benassai-Penitese interessò un tratto di 6-7 metri rispetto ai circa 2.500 metri dello stesso canale, ormai coperto e che un tempo scorreva a lato del viale San Concordio fin oltre via di Santeschi a Pontetetto. La copertura era avvenuta in epoche diverse, a partire dalla zona nord, proprio dall’incrocio con via Guidiccioni dove si verificò il secondo cedimento, comunque limitato, il 19 maggio 2021. La parte coperta più vicina alla chiesa di San Concordio era costituito da volte in muratura e solo in parte da solette in cemento e risaliva alla prima metà del Novecento. Le condizioni di questa parte di copertura erano apparse degradate fin dall’inizio.

Foto in bianco e nero del fosso Formicola o della Formica (foto di Luigi Carrara 1843-1933);

Molti lucchesi, giovani e meno giovani, non hanno memoria della storica presenza dei fossi e dei canali che per alcuni secoli e fino a 35-40 anni fa erano presenti ai lati di via Nottolini, di via Guidiccioni, di viale San Concordio oppure di via della Formica. In realtà fossi ormai coperti si trovano in buona parte della periferia cittadina a San Marco, Sant’Anna, San Donato, Arancio, San Filippo ma anche nel centro storico, dove la via dei Fossi prosegue sotto corso Garibaldi, che in passato si chiamava proprio via dei Fossi Coperti.

In particolare il canale demaniale Benassai (2.350 metri dall’inizio alla ferrovia) che oggi passa sotto via Nottolini e via Guidiccioni e che diventa canale Benassai-Penitese (lungo 2.500 metri) sotto il viale San Concordio, oppure il fosso Formica che oggi passa sotto la via della Formica e che in passato erano importanti vie d’acqua, fino al porto che si trovava a San Concordio. Un altro porto si trovava a sud della città, a Verciano, lungo il Rogio. Porti che avevano funzioni di controllo delle molte imbarcazioni che portavano a Lucca le pietre per la costruzione delle Mura dalle cave di Guamo, di San Cassiano, di Verciano e di San Quirico. Vie d’acqua che avevano una larghezza di 6 o 7 metri.

Foto in bianco e nero del fosso Formicola o della Formica (foto di Luigi Carrara 1843-1933);

Tralasciando le epoche più antiche che vedevano la presenza di un porticciolo nella zona di Pulia già attorno all’anno 768, la prima via d’acqua per servire alla costruzione delle Mura venne realizzata da Ludovico Penitesi, che era uno dei maggiori proprietari di cave nella seconda metà del cinquecento. La «fossa Penitesa» ebbe ripetuti problemi per la carenza di acqua, tanto da rendere impossibile la navigazione nei mesi estivi. Così già negli ultimi anni del cinquecento si studiarono altre possibilità con i vari fossi della zona a sud della città.

Anche il fosso detto Formicola e della Formica destava preoccupazioni analoghe. Mentre era in buone condizioni navigabili nella parte più vicina alla città aveva sponde cadenti a causa di alcune sorgenti nella parte sud, con frequenti smottamenti che colmavano il letto di terra, riducendo o addirittura impedendo la navigazione delle barche, soprattutto quelle che portavano grossi carichi di pietre e che finivano per toccare il fondo del canale. D’altra parte i canali navigabili consentivano lo sbocco al mare e dunque la possibilità di esportare le preziose sete lucchesi e di importare grano e sale.

L’uso di queste vie d’acqua si è poi perso, fino ad assistere alla progressiva chiusura di molte fosse, comprese quelle più grandi demaniali. La città, in rapida espansione urbanistica, ha progressivamente assorbito le aree agricole, per cui i canali si sono per lo più ridotti a fossi di scarico. Così la complessa rete di canali della pianura di Lucca, che era stata perfezionata attorno al diciassettesimo secolo, ha progressivamente perso valore dal 1846 con la stazione e il primo collegamento ferroviario con Pisa. Tanto che il porto di San Concordio venne interrato.

Foto in bianco e nero del fosso Formicola o della Formica (foto di Luigi Carrara 1843-1933);

A partire dal secondo dopoguerra, con il mutare sempre più rapido delle condizioni economico-sociali, all’intensa urbanizzazione e alla copertura di piazzali si è arrivati anche alla progressiva copertura delle fosse e dei canali. Gli interventi più recenti nella zona di San Concordio dietro la stazione ferroviaria e lungo il viale San Concordio dove sono stati realizzati il supermercato e vari insediamenti commerciali e artigianali.

Nei tratti ancora scoperti si assiste spesso a carenze nella manutenzione delle fosse irrigue e delle opere idrauliche, al punto che soprattutto nella zona di San Concordio-Pontetetto sono frequenti esondazioni e allagamenti nel caso di eventi meteorologici significativi. Insufficienze idrauliche che minacciano anche la popolazione residente oltre ai beni economici, storici e ambientali dell’intera zona.

Eppure grazie a una serie di interventi correttivi la rete irrigua della piana di Lucca aveva costituito per lungo tempo un esempio unico nelle regioni del Centro Italia con una gestione delle acque all’insegna dell’uso plurimo che ricalcava, anche se con dimensioni più modeste, quelle dei sistemi irrigui della Pianura Padana: funzioni di produrre energia idraulica, di contribuire alla difesa della città murata oltre ai successivi scopi irrigui.

Cartina tratta da uno studio del prof. Raffaello Nardi e dei geologi Gerardo Nolledi e Francesco Rossi (1987-1988);

Questo stato di progressivo degrado è imputabile anche alla scomparsa di quella «coscienza ecologica» nella popolazione rurale che costituiva il principale presidio per la conservazione della rete irrigua; così alla diligente manutenzione di un tempo ha fatto riscontro la perdita della memoria circa la presenza delle stesse fosse e canali e un generale stato di abbandono, una mancanza di interventi nelle canalette derivate, spesso trasformate in ricettacolo di ogni rifiuto.

Da qui la necessità periodica, come hanno insegnato i cedimenti del 2021 nella zona di San Concordio, di rivedere le coperture dei fossi e dei canali, soprattutto dove i lavori sono più datati e dove lo stress, legato al traffico dei veicoli e all’urbanizzazione, è stato ed è maggiore.

Ma intanto ricordiamoci che alcune strade, non soltanto la pista ciclabile di San Concordio, passano sopra le antiche vie d’acqua e dunque non può esserci sorpresa come quella che sembrava emergere in chi ha scoperto all’improvviso che lungo il viale San Concordio non ha ceduto un tratto di pista ciclabile ma la copertura di un antico fosso che risale a circa 450 anni fa e che fino a pochi anni fa aveva una portata estiva di 210 litri al secondo.

Volendo farne memoria storica dobbiamo ricordare la vasta rete irrigatoria della pianura di Lucca era formata da una rete di canali demaniali che aveva una serie di derivazioni pubbliche o anche private.

Cartina tratta da uno studio del prof. Raffaello Nardi e dei geologi Gerardo Nolledi e Francesco Rossi (1987-1988);

Il 29 agosto 1376 il Consiglio Generale della Repubblica Lucchese ordinava che venisse derivato dal Serchio presso Ponte a Moriano «un rivo d’acqua rapidamente corrente» verso la città. Lo scopo principale di questo canale, denominato Condotto Pubblico di Lucca, fu in un primo momento esclusivamente quello di fornire forza motrice per muovere molini ed altri opifici presso la città e la vicina campagna e solo dal 1629 in poi fu iniziata la sua utilizzazione per uso irriguo. L’opera di presa venne progressivamente spostata verso monte da Saltocchio a Pieve di Sesto: con la costruzione in Ponte a Moriano dello Stabilimento della Società anonima Emanuele Balestrieri (1880), divenuto poi Manifattura Italiana Juta e poi Butori – S. Damiano. L’alto corso del Canale venne deviato per poter azionare le turbine dello stesso: si provvide poi a costruire (1898) una nuova diga di presa in località San Gemignano e ad allargare il canale nel suo tratto iniziale per circa 1.500 metri in modo da poter disporre di un maggior volume d’acqua. Contemporaneamente si provvide ad allargare il canale di scarico di Saltocchio (presso la Cartiera I.C.C.I.) per far sì che potesse essere restituita al fiume la quantità d’acqua eccedente la portata massima del Condotto Pubblico a valle della Manifattura Italiana Juta (6 – 8 metri cubi al secondo).

Cartina del Comune di Lucca con evidenziata la rete dei fossi e canali che oggi sono stati coperti;

Negli anni 1953/54 la costruzione della Centrale Elettrica di Vinchiana da parte della Soc. Selt Valdarno (poi proprietà E.N.E.L.), portò a sostanziali modifiche dell’opera di presa del canale: infatti con la costruzione della diga di Borgo a Mozzano, formante il bacino di alimentazione della suddetta Centrale, rimaneva solo una modesta quantità d’acqua nell’alveo del Serchio, in modo da non soddisfare il fabbisogno del Condotto Pubblico. Fu perciò convenuto tra il Ministero dei lavori pubblico e la Selt Valdarno che una parte dell’acqua derivata dal fiume a Borgo a Mozzano venisse immessa costantemente nel Condotto Pubblico mediante lo scarico di una turbina della Centrale (opera immediatamente a ridosso del ristorante Erasmo in Ponte a Moriano). La vecchia opera di presa è stata però mantenuta in efficienza per poter garantire, in caso di guasti alla Centrale, un rifornimento d’acqua continuo e costante.

Dal Condotto Pubblico si origina la vasta rete irrigatoria lucchese che, tra canali principali e derivati, copre tutta la parte pianeggiante dei Comuni di Lucca, Capannori e Porcari.  Dalla sponda destra delCondotto Pubblico hanno origine i canali Pontecanale, costruito nel 1639, e il San Rocco del 1713; dalla sponda sinistra il Canale Nuovo (1834 ÷ 1844), Giallo (1639), Arnolfini (1639), Fanuccio (1639), Soccorso (1713), Benassai – Penitese (1713).

Le acque esuberanti convogliate dal Condotto Pubblico e dagli otto canali suddetti confluiscono infine ai grandi canali colatori della Bonifica di Bientina, vale a dire il Rogio e l’Ozzeri.

Direttamente dal Serchio, in sponda destra, deriva invece il Canale di Moriano, attivato nell’anno 1857, il quale ha origine presso il ponte di Ponte a Moriano e va a gettarsi nel torrente Freddana in Località «Il Guercio». In dettaglio abbiamo:

  • Pontecanale
  • Fu costruito nel 1639. Si origina a Marlia dalla sponda destra del Condotto Pubblico dopo che quest’ultimo ha sottopassato il torrente Fraga.  Attraversa i territori di Marlia e San Pietro a Vico e San Marco andando a confluire nella cunetta comunale di circonvallazione.  Immediatamente a valle del suo inizio questo canale ha una derivazione importante detta “Molina”,la quale si riunisce al Pontecanale all’altezza di San Cassiano a Vico. Da questo punto in poi il Pontecanale assume il nome di Fiumicino: la lunghezza totale è di 7.800 metri di cui 3.130 per il Pontecanale e 4.670 per il Fiumicino. La portata massima teorica prevista per il canale era di 650 litri al secondo divisi tra il canale vero e proprio e la diramazione della Molina. Si tratta di un canale prevalentemente scavato in terra e solo per brevi tratti è dotato di sponde in muratura in cattivo stato di manutenzione.

S. Rocco

Fu costruito nel 1713. Inizia dalla sponda destra del Condotto Pubblico a San Marco: scorrendo verso sud-est si dirige verso Borgo Giannotti, lo sottopassa e si dirige verso ovest fino al Cimitero urbano; attraversa quindi Sant’Anna e San Donato per poi scaricarsi nell’Ozzeri nei pressi di Fagnano. La lunghezza del canale è di 6.480 metri, la portata massima teorica estiva era di 300 litri al secondo.

Nuovo

  • Costruito fra il 1834 e il 1844 inizia presso la ex Manifattura Italiana Juta in Ponte a Moriano. La costruzione del primo tronco fino al rio Ampollora, della lunghezza di 4.244 metri allo scopo di raggiungere, attraverso un percorso a quota più elevata rispetto a tutti gli altri canali, i territori più lontani della piana: Camigliano, Segromigno in Piano e PorcariSuccessivamente furono costruiti i seguenti tronchi: 1909 dal rio Ampollora al rio Barone (detto Rio dei Pretini) per 1.163 metri; 1922 dal rio Barone al rio Sanetta per 706 metri e nel 1931 dal rio Sanetta al rio Buralla per 1.614 metri. Complessivamente la lunghezza del canale è di 7.727 metri con una portata che era di circa 1.580 litri al secondo nel periodo dell’irrigazione estiva e di 550 litri al secondo nel periodo invernale. L’invasione dell’alveo da parte di sedimenti, detriti e rifiuti vari in molti tratti ne ha ridotto la portata massima effettiva. Tutto il canale ha sponde in muratura e fondo con soletta di cemento, tranne il primo tratto che venne scavato in terra.
  • Giallo
  • Costruito nel 1639. Inizia dalla sponda destra del canale Nuovo presso il rio Carraia a Saltocchio, al di fuori del muro di cinta dell’ex Manifattura Italiana Juta. Con un percorso di 7.518 metri, tortuoso e quasi parallelo a quello del canale Nuovo, attraversa gli stessi territori irrigati da quest’ultimo, assumendo quindi una funzione complementare. Si tratta di un canale scavato in terra e dotato di muri di sponda solo per brevi tratti. La portata teorica di 350 litri al secondo.
  • Arnolfini
  • Costruito nell’anno 1639. Inizia dalla sponda sinistra del Condotto Pubblico in località Bottero di Marlia. Ha un tracciato molto tortuoso e attraversa il territorio di Marlia e di Lammari dove confluisce nel rio Nocella che è una derivazione del canal Nuovo), il quale, da questo punto in poi assume il nome di Viaccia di Lammari. La Viaccia attraversa il territorio di Lammari e Lunata, per riversarsi infine nel rio Casale. Il tratto di canale compreso tra l’inizio e il rio Nocella ha sponde murate e fondo in discreto stato di conservazione con larghezza media è di due metri. La lunghezza totale (compresa la Viaccia di Lammari) è di 7.217 metri. e più precisamente:
  • Il Rio Casale, nel quale si scaricano le acque dell’Arnolfini, attraversa i territori di Lunata, Capannori e Porcari dove assume il nome di Fossa Nuova, la quale va a scaricarsi nel colatore di bonifica Rogio. la lunghezza del Casale da Zone al “padule” è di 9.300 metri circa. La portata media estiva del Canale Arnolfini è di 1.260 litri al secondo e la superficie totale irrigata dall’Arnolfini, Viaccia, Fossa Nuova e canalette derivate è di circa 1.800 ettari. Tra le numerose derivazioni ci sono:
  • canaletta Costa, costruita intorno al 1905-1910 collegante l’Arnolfini con il canale Fanuccio, della lunghezza di 1.150 metri.
  • Canaletta Agiato (1905-1910) della lunghezza di 1.950 metri.
  • Canaletta Orsolani, scavata in terra, salvo alcuni tratti con sponde in muratura, della lunghezza di 3.000 metri circa.
  • Canaletta degli Achilli (o Arnolfini – Ozzoretto) di 2.000 metri circa costruita negli anni 1905-1910.
  • Canale Nuovo Orsolani che è la diramazione più importante: si origina con cateratta in muratura in località Traversa; ha sponde in muratura e fondo plateato fino a 200 metri a nord della via Pesciatina dove alterna tratti scavati in terra a tratti con sponde murate. E’ lungo 3.000 metri circa.
  • Canaletta Immagine Rossa: è il prolungamento del Nuovo Orsolani e si origina dove esso incontra la strada Romana al confine Lammari – Lunata. L’Immagine Rossa forma poi la cosiddetta Viaccia di Capannori la quale a sua volta forma il Colatore Arpino, che si scarica nel Rogio dopo aver attraversato le frazioni di Paganico e Tassignano.  Lunghezza totale 9.490 metri.
  • In totale, rifacendosi ai rilievi del 1930, le diramazioni erano ben 121 per un totale di 114.938 metri.
  • Fanuccio
  • Risale al 1639. E’ alimentato dal Condotto Pubblico mediante tre bocche dotate di cateratte ubicate in un casello in muratura in località Spadoni a Marlia. Attraversa i territori di Marlia, San Pietro a Vico e San Cassiano a Vico per dividersi poi, presso corte Randelli in Picciorana, in due rami. Il primo, detto Braccio di Ponente, proseguendo verso sud attraversa Picciorana, Tempagnano ed Antraccoli, sovrapassa mediante pontecanale l’Ozzoretto e, raggiunti i territori di Pieve San Paolo, Santa Margherita, Toringo, Mugnano, Sorbano del Vescovo e del Giudice, si riversa nel colatore Ozzoretto presso Mugnano. Il secondo ramo, detto Braccio di Levante, scorre anch’esso verso sud e dopo aver attraversato le frazioni di Lunata, Picciorana, Antraccoli e Capannori, si scarica nell’Ozzoretto nei pressi di S. Margherita. La lunghezza del canale risulta la seguente: dall’inizio a corte Randelli 2.350 metri, braccio di ponente 6.250 metri, braccio di levante 3.900 metri. Per tutto il suo percorso il canale Fanuccio ha sponde in muratura e fondo plateato.
  • Dal canale Fanuccio, prima della sua biforcazione in due rami, si diramano numerosissime canalette, le più importanti delle quali sono le seguenti:
  • Canaletta Trebiliani in San Pietro a Vico (lunghezza 950 metri).
  • Canaletta Solco di Bimbo in San Cassiano a Vico (lunghezza 740 metri).
  • Canaletta Scrannari che irriga le frazioni di Santissima Annunziata, Arancio, San Filippo per poi arrivare all’Ozzoretto (lunghezza di circa 3.000 metri).

A queste prime tre si aggiungono altre 104 diramazioni meno importanti per un totale di 107 canalette derivate ed una lunghezza complessiva di 95.540 metri.

Soccorso

Il canale Soccorso fa parte del gruppo di tre costruiti intorno agli anni 1700 – 1713.  Ha origine dalla sponda sinistra del Condotto Pubblico a San. Pietro a Vico presso la Cartiera Cardella: scorre poi verso sud attraversando San Pietro a Vico, Santissima Annunziata e San Vito. Sottopassa la via Pesciatina ed attraversando le frazioni di Tempagnano, Arancio e San Filippo, va a confluire nell’Ozzoretto. La lunghezza complessiva è di 5.130 metri circa.  Il primo tratto, fino a San Cassiano a Vico, ha sponde e platea in cemento per cui le infiltrazioni sono da considerare nulle: il resto del percorso avviene invece per lo più con sponde e fondo in terra.  Anche questo canale ha moltissime diramazioni: la principale è quella detta della Santissima Annunziata che si dirama in quella località dalla sponda destra del canale e snodandosi per 4.500 metri circa attraverso San Vito, Arancio e San Filippo, va a scaricarsi nell’Ozzoretto a Mugnano.  La portata teorica del canale nel periodo estivo è di 659 litri al secondo e irrigava una superficie complessiva di circa 350 ettari.

Benassai-Penitese

Sviluppandosi nell’immediata periferia della città, in continuo sviluppo urbanistico, ha ormai perso quasi completamente la sua originaria funzione irrigua. La città, in rapida espansione urbanistica, ha progressivamente assorbito le aree agricole, così i sono stati per lo più ridotti a fossi di scarico. Il Benassai-Penitesi inizia sulla sponda sinistra del Pubblico Condotto al ponte di San  Marco. Dopo aver attraversato San Marco, Pulia, San Concordio, va a scaricarsi nell’Ozzeri a Pontetetto. La lunghezza del canale è la seguente: Benassai: dall’inizio alla ferrovia 2.350 metri; Penitese dalla ferrovia all’Ozzeri 2.500 metri per una lunghezza totale di 4.850 metri. La portata teorica estiva era di 210 litri al secondo.

Canaletta Giannin del Trave

Da ricordare anche derivazione che, sviluppandosi nell’immediata periferia della città in continuo sviluppo urbanistico, ha ormai perso quasi completamente la sua originaria funzione irrigua. Inizia nei pressi dell’Acquacalda e dopo un breve percorso (circa 1.850 metri) quasi completamente scavato in terra attraverso San Jacopo e San Vito si getta in parte nel canale Benassai – Penitese e parte nella derivazione del canale Soccorso detta della Santissima Annunziata. Aveva una portata teorica di 250 litri al secondo.

La cerimonia di ieri mattina in via Guidiccioni che finalmente è stata riaperta completamente dopo 984 giorni.

I canali principali e derivati della rete irrigua della piana di Lucca hanno contribuito sensibilmente, e in modo rilevante durante il periodo irriguo, ad alimentare la falda idrica sotterranea. Infatti alle deficienze costruttive della maggior parte di essi (mancanza di platee di fondo e/o di sponde in muratura) si aggiungeva il mediocre stato di conservazione delle strutture murarie, ove esistono. In tali condizioni le infiltrazioni sono avvertibili già lungo il corso dei canali stessi (perdite dal fondo) ma diventano cospicue durante il periodo irriguo (giugno – settembre) quando la superficie bagnata aumenta e il richiamo da parte dei terreni laterali è maggiore per l’abbassamento stagionale della falda. A causa dello stato di disordine idraulico non è possibile quantificare le reali portate dei singoli canali e delle relative derivazioni in modo da pervenire a una valutazione diretta delle perdite. L’entità dell’infiltrazione globale è stata calcolata indirettamente, utilizzando i valori dell’escursione di falda durante il periodo irriguo, sulla base di precedenti indagini idrogeologiche svolte nella piana di Lucca. Su una superficie di circa 8 chilometri quadrati si verifica nel periodo estivo una anomalia idrometrica della falda, con risalita del livello piezometrico, legata all’effetto irriguo. Il fenomeno è particolarmente evidente nella parte alta della pianura dove, per la presenza di terreni permeabili al piano di campagna, alle perdite dei canali si somma l’infiltrazione dai terreni irrigati e la falda, non protetta da un tetto impermeabile, ne beneficia direttamente. Gli effetti di ricarica si attenuano sui margini della piana e si riducono a zero nella porzione sud – occidentale in cui è assente la pratica irrigua e dove prevalgono, al suolo, terreni poco permeabili. In particolare nella parta alta della pianura, in cui la falda denuncia normalmente un abbassamento medio stagionale di un metro si registra un aumento medio di 50 centimetri rispetto ai massimi autunno – invernali, con un incremento totale di 1,5 metri. A tale contributo si deve sommare quello di una più vasta superficie (35 chilometri quadrati) circostante la precedente, in cui l’innalzamento medio del livello di falda, per l’attenuazione dell’effetto di ricarica, è limitato a 50 centimetri rispetto ai livelli caratteristici del periodo. Il contributo di infiltrazione delle acque irrigue (dai canali e dai terreni irrigati) costituisce l’otto per cento circa del bilancio generale.

Immagini a corredo:

  • il cedimento della pista ciclabile in viale San Concordio l’11 maggio 2021
  • tre foto in bianco e nero del fosso Formicola o della Formica (foto di Luigi Carrara 1843-1933);
  • cartina tratta da uno studio del prof. Raffaello Nardi e dei geologi Gerardo Nolledi e Francesco Rossi (1987-1988);
  • una cartina del Comune di Lucca con evidenziata la rete dei fossi e canali che oggi sono stati coperti;
  • la cerimonia di ieri mattina in via Guidiccioni che finalmente è stata riaperta completamente dopo 984 giorni.

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1 commento

  1. L’articolo è veramente interessante. Credo che dovremmo tutti impegnarci a tenere puliti i fossi che attraversano la piana di Lucca. In poche parole non si dovrebbero gettare bottiglie, oggetti in plastica e svariate porcherie che vanno poi ad intasare gli stessi e , in caso di forti piogge, portano allo straripamento delle acque e al conseguente allagamento dei terreni prospicienti con danni alle abitazioni e alle colture.
    Un maggiore impegno si richiede anche agli Enti pubblici a questo deputati. Occorrerebbe una grande attenzione nel sotterramento di corsi d’acqua che poi ,in caso di nubifragi, portano un conto da pagare salatissimo. Vedasi l’esperienza di Genova e dintorni.
    Spiace constatare come noi , con i nostri comportamenti errati e con scarsa coscienza ecologica, non ci mostriamo affatto degni dell’ingegno e della cura che le generazioni che ci hanno preceduto hanno ,invece, riposto verso l’ambiente e soprattutto nella regimentazione di quel bene primario e prezioso che è l’acqua.

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