“Mi chiamo Agnese, ho 18 anni e sono dislessica. Siamo solo diversi, non vergognatevi”

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Lei è come la mia migliore amica, a volte litighiamo, come in tutte le amicizie, ma la maggior parte del tempo andiamo d’accordo. Abbiamo trovato un equilibrio tutto nostro”, inizia così il racconto di Agnese, 18 anni, che di essere dislessica l’ha sempre saputo, fin dall’asilo, quando doveva imparare a memoria le filastrocche e le maestre si resero conto delle sue difficoltà rispetto agli altri bambini.

Ci sono occhi che vedono in modo diverso, come quelli di Agnese, che fanno fatica ‘a prendere tutte quelle lettere che ‘ballano’. La dislessia è un disturbo che rientra, insieme alla disgrafia, la disortografia e la discalculia, nei DSA, i disturbi specifici dell’apprendimento. Parliamo di sviluppo atipico o neuro-diversità, quindi non di patologia. In altre parole, una persona con DSA ha intelligenza e capacità cognitive adeguate alla sua età ma apprende con più difficoltà e a ritmo più lento rispetto ai suoi coetanei. Disturbi di cui si parla ancora poco, forse per ‘paura’, forse perché sono, ancora per molti, qualcosa di nuovo e di diverso.

Ma non per Agnese, che ha deciso da poco di aprire una pagina Instagram, dsainmodosemplice, perché certi temi si affrontino sempre di più, nelle scuole e non solo, perché chi ancora ha difficoltà a rapportarsi con questo disturbo o se ne vergogna sentendosi sbagliato scopra che più che un nemico è soltanto una qualità aggiunta da sviluppare.

Mi chiamo Agnese, ho diciotto anni, frequento il liceo, faccio atletica e sono dislessica. Questo disturbo era una cosa nuova sia per me che per la mia famiglia ma sin da subito ci siamo messi a lavoro per capire come gestire la situazione nel modo giusto senza avere paura di lei. ‘Lei’ è un disturbo dell’apprendimento sì, che però non mi impedisce di fare quello che voglio. Ho scoperto di esserlo alle elementari, non riuscivo a leggere come tutti gli altri, ma già all’asilo mi avevano preso ‘sott’occhio’. Appena diagnosticato mi sentivo inferiore ai miei compagni, troppo indietro, incapace di imparare. In terza liceo invece ho iniziato ha portare il mio computer a scuola per riuscire più facilmente a prendere appunti; mi chiedo ancora perché abbia aspettato così tanto: mi agevola e mi permette di seguire la lezione in modo corretto. Ho vissuto nella paura del giudizio degli altri e questo solo perché la dislessia non viene ancora affrontata nel modo giusto e ancora troppe persone non sanno cosa sia o non vogliono accettarla”.

All’interno del sistema scolastico mi è capitato di trovare docenti più aperti, pronti a capirmi e a trovare il metodo giusto, che si adattasse alle mie difficoltà; ma ho avuto di fronte anche insegnanti che invece che aprirsi mi hanno ‘messo un muro’ ed è proprio li che ho dovuto rimboccarmi le maniche e fare da sola. Non posso dire di non essere stata male e di non aver pianto, a volte mi sono anche ritrovata a chiedermi ‘perché sono dislessica?’. Adesso però, con il passare degli anni, sono onorata di essere una Dsa”.

“Ad oggi – continua Agnese – dopo aver passato giornate dure in cui non capivo come affrontare la dislessia, sono totalmente a mio agio con lei, siamo amiche e senza non sarei io. Ho trovato anche il metodo di studio giusto: utilizzo mappe concettuali e strumenti compensativi che mi permettono di affrontare il percorso scolastico in maniera serena”.

L’obiettivo di Agnese è quello di raccontare la propria esperienza a più persone possibili perché i DSA siano considerati come qualcosa che semplicemente esiste. Vorrebbe, un giorno, creare una community per sensibilizzare, tramite conferenze e dirette, sul tema, con l’auto di esperti: “Da poco ho creato una pagina Instragram, mi trovate come dsainmodosemplice. Ho voluto aprirla – dice – perché ho voglia di parlare di come vivo la dislessia, di come ho affrontato questa difficoltà e anche perché ho davvero capito che ancora oggi molte persone vedono questo disturbo come qualcosa di anormale. Si ha paura di sperimentare e andare incontro a cose nuove ma tutti devono conoscere perché sono sempre di più i giovani che scoprono di essere dislessici. Vorrei che il mio messaggio arrivasse a chi, come me, in passato ha avuto paura di esserlo”.

Non sentitevi sbagliati. Non vi manca niente anzi, avete una qualità in più, qualcosa di diverso da tutto il resto e diverso non significa per forza ‘brutto’. Fate della dislessia un punto di forza come sto facendo io. Non vi vergognate di parlare di voi, fatevi valere sempre. Tra l’altro all’interno del sistema scolastico siamo tutelati da una legge, la 170, che riconosce tutte le nostre difficoltà. Non abbiate paura quindi di far valere i vostri diritti se qualcuno tenta di sminuirvi o di mettervi i bastoni fra le ruote. Facciamoci forza a vicenda e proviamo a cambiare le cose partendo da noi. Accettiamoci e raccontiamoci”.

Fortunatamente ad oggi c’è un legge, la 170 appunto, che riconosce e descrive questi quattro disturbi dell’apprendimento e sottolinea la necessità di diagnosi rapide, affidabili e percorsi di abilitazione efficaci. Descrive le norme e i criteri precisi per identificare precocemente i DSA e dare supporto nei percorsi di studio a persone con tali disturbi. Ma non basta purtroppo perché non mancano nelle scuole episodi di incomprensioni, ‘leggerezze’. C’è ancora troppa ignoranza sul tema.

Agnese ci ‘insegna’ allora che ad un Dsa che non impara nel modo in cui ‘noi’ insegniamo, bisogna semplicemente insegnare nel modo in cui lui/lei impara.

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