Gli Accordi di Abramo: Una Nuova Architettura Geopolitica nel Medio Oriente

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Genesi e Fondamenta degli Accordi

Gli Accordi di Abramo, siglati il 13 agosto 2020 tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, rappresentano un momento di svolta nella diplomazia mediorientale. Questi accordi di normalizzazione, che hanno successivamente incluso il Bahrein, hanno segnato la fine di decenni di ostilità dichiarata tra Israele e parte significativa del mondo arabo sunnita. Il nome stesso evoca la figura biblica di Abramo, padre delle tre religioni monoteiste, simboleggiando un possibile ponte tra diverse tradizioni religiose e culturali.

La genesi di questi accordi affonda le radici in una convergenza di interessi strategici che ha gradualmente superato le divisioni ideologiche del passato. Durante gli anni Settanta e Novanta, le monarchie del Golfo avevano gareggiato nel sostegno pubblico alla causa palestinese, arrivando persino ad applicare l’embargo petrolifero del 1973 contro Stati Uniti ed Europa per pressare Israele. Tuttavia, l’emergere di nuove minacce regionali ha progressivamente modificato questo paradigma.

Il Confronto Strategico nel Mondo Arabo

Il cuore pulsante di questa trasformazione risiede nella rivalità tra l’Iran sciita e le monarchie sunnite del Golfo, con l’Arabia Saudita in prima linea. Questo confronto ha ridefinito completamente gli equilibri regionali, creando una nuova architettura di alleanze dove la minaccia iraniana ha assunto priorità superiore rispetto alla questione palestinese.

L’Iran, attraverso il suo “Asse della Resistenza”, aveva costruito una rete di influenza che si estendeva dal Libano alla Siria, passando per l’Iraq e lo Yemen. Hezbollah in Libano, le milizie sciite in Iraq, gli Houthi in Yemen e il regime di Assad in Siria costituivano i pilastri di questa strategia di accerchiamento delle monarchie sunnite. Di fronte a questa minaccia esistenziale, paesi come gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein hanno trovato in Israele un alleato naturale, capace di fornire tecnologie avanzate di difesa e intelligence di prim’ordine.

L’Arabia Saudita, pur non aderendo formalmente agli accordi, ha di fatto benedetto questa normalizzazione, permettendo agli Emirati e al Bahrein di agire come suoi proxy diplomatici. La convergenza di interessi tra Riyadh e Tel Aviv si è manifestata in particolare nella comune preoccupazione per il programma nucleare iraniano e per l’espansionismo regionale di Teheran.

Il Nuovo Scenario Post-Assad

Gli eventi degli ultimi mesi hanno drammaticamente accelerato questi processi geopolitici. La caduta del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024 ha rappresentato un terremoto strategico per l’Iran, segnando la fine della “mezzaluna sciita” che collegava Teheran al Mediterraneo. Come osserva un analista esperto, “l’Asse della Resistenza sembra essere stato sconfitto – strategicamente, diplomaticamente e militarmente”.

Parallelamente, Israele ha inflitto colpi devastanti a Hezbollah, riducendone le capacità militari dell’80% secondo fonti israeliane e decapitandone la leadership storica. L’eliminazione di Hassan Nasrallah, segretario generale del partito, ha simbolicamente segnato la fine di un’era per il movimento sciita libanese. Questi sviluppi hanno drasticamente indebolito la capacità dell’Iran di proiettare potenza nella regione attraverso i suoi proxy.

Prospettive di Stabilizzazione e Sfide Future

Il nuovo quadro geopolitico apre prospettive inedite per la stabilizzazione regionale, ma presenta anche nuove sfide. Da un lato, l’indebolimento dell’Iran e dei suoi alleati riduce significativamente le tensioni settarie che hanno alimentato conflitti per decenni. La possibilità di un’integrazione più profonda tra Israele e il mondo arabo sunnita potrebbe generare benefici economici e di sicurezza per tutti i partner coinvolti.

Tuttavia, permangono ostacoli significativi. L’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e la conseguente guerra a Gaza hanno temporaneamente frenato il processo di normalizzazione, con l’Arabia Saudita che ha congelato i negoziati per un proprio accordo con Israele. La questione palestinese, seppur declassata nelle priorità regionali, continua a rappresentare un elemento di sensibilità per l’opinione pubblica araba.

La caduta di Assad ha inoltre creato un vuoto di potere in Siria che potrebbe generare nuove instabilità. L’ascesa di gruppi jihadisti, seppur “riabilitati” dalla comunità internazionale, solleva interrogativi sulla sostenibilità a lungo termine della stabilità siriana. Israele, dal canto suo, ha approfittato del caos per consolidare il controllo su territori strategici, generando nuove tensioni.

Conclusioni

Gli Accordi di Abramo rappresentano più di una semplice normalizzazione diplomatica: costituiscono il fondamento di una nuova architettura di sicurezza regionale basata sulla convergenza di interessi strategici piuttosto che su affinità ideologiche. Il drammatico indebolimento dell’Iran e del suo asse di alleanze ha creato un’opportunità storica per consolidare questa nuova configurazione geopolitica.

Tuttavia, la stabilizzazione duratura della regione dipenderà dalla capacità di tutti gli attori coinvolti di gestire le transizioni in corso, dalla ricostruzione della Siria alla risoluzione delle tensioni residue legate alla questione palestinese. Il successo di questo processo determinerà se gli Accordi di Abramo si riveleranno una parentesi temporanea o l’inizio di una nuova era di cooperazione e stabilità nel Medio Oriente.

Eduardo

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