– Il Covid è un alibi! – ci risuonano in testa, queste parole che abbiamo sentito da un educatore di lunga esperienza e di solido background accademico. Si parlava della percezione, netta negli operatori, di un aumento forte dei segnali di sofferenza dei giovani negli ultimi anni.
– I problemi erano già tutti lì, il Covid forse è stato un catalizzatore ma adesso è diventato un alibi prima di tutto per noi adulti. Così rischiamo di non fare i conti con il nostro lascito e le nostre responsabilità – ed invero, considerando che è stato un evento epocale, il ricordo del biennio 2020-2021 è così poco presente oggi da assomigliare tanto ad una rimozione collettiva.
Il Covid ha scatenato la tempesta perfetta, portando il lockdown in un mondo, quello dei giovani e giovanissimi di oggi, caratterizzato da accesso “illimitato” alle informazioni: sovrabbondanti, facili da reperire e da somministrare; non vagliate per qualità, non ponderate sulla base del contenuto educativo; non filtrate in base agli effetti legati al consumo.
Si è abbattuto su ragazzi iperconnessi, e quindi individualisti: perché il modello di ruolo dell’influencer è una relazione uno-a-molti, in cui conta solo la persona che è esposta in ogni sfaccettatura alla moltitudine indifferenziata, senza che quest’ultima si faccia gruppo. E questo meccanismo è replicato in piccolo nelle relazioni di ognuno verso gli “amici-follower”, con l’ulteriore conseguenza di aver eliminato il “luogo” in cui andare per trovare gli amici, il posto cui si sente di appartenere.
Il tutto immerso in un flusso generazionale in declino perché la società, per altri versi così liquida e mutevole, sembra prospettare ai figli un’unica certezza – per la prima volta, quella di un minor benessere rispetto ai genitori. Una società che per converso non offre saldi appigli quanto a modelli di ruolo positivi né appare più in grado di sintetizzare un sistema fondamentale di valori condivisi, stallando così nella funzione pedagogica che le è propria (nelle dimensioni della famiglia, dell’educazione, del civismo).
Una delle missioni del CNV è dedicata alle politiche giovanili: siamo educatori e costruttori di progetti per giovani cittadine e cittadini e questo ci impone di misurarci con la realtà in cui operiamo, cercando di comprenderne i meccanismi e i mutamenti. Proviamo dunque a cominciare, con questo contributo, un viaggio di approfondimento oltre “l’alibi”, perché questo quadro che abbiamo cominciato a tratteggiare non è l’eccezione, la devianza da cronaca nera: ciò di cui stiamo parlando è la normalità, la quotidianità dei nostri giovani nella tempesta.
Foto di Todd Trapani su Unsplash
[…] (Leggi anche: Giovani nella tempesta #1) […]
[…] anche: Giovani nella tempesta #1 e Giovani nella tempesta […]