Chi è Putler e che guerra è in corso?

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In questi giorni abbiamo sentito molte definizioni dello zar del Cremlino. Ma tutte convergevano verso l’idea di pazzia.

La pazzia. È il nome che diamo per tutti i comportamenti che ci sembrano incomprensibili, illogici, autodistruttivi, non razionali. Ma poi ci capita di mettere insieme due parole: “lucida” e “follia”. E facendolo mettiamo in luce che talvolta vediamo della razionalità in comportamenti che riteniamo non vantaggiosi, non conciliabili con la nostra visione del mondo.

La “follia” è, talvolta, un giudizio dovuto ad un punto di vista profondamente lontano dal nostro. Alieno.

Hitler era un folle.

Ma non nel senso di illogico. E neppure nel significato di senza uno scopo, senza un senso per le sue azioni. La follia del più terribile dittatore del ventesimo secolo era di altra natura.

Era una follia con una missione. Aveva una visione del mondo e della sua patria che aveva radicato nella cultura del suo tempo. Aveva una missione “alta” a cui ha dedicato tutta la vita.

Era quello che chiameremmo “un visionario”.

E quella visione, pur distorta e aberrante vista dalla prospettiva di chi ne ha conosciuto tutte le terribili ma logicissime e coerenti conseguenze, aveva trovato un seguito. Aveva contagiato un intero popolo. Ed anche molti altri popoli, molte altre persone fuori dalla Germania.

E qui sta il punto: un visionario non è mai solo nella sua visione.

E Putin è un uomo con una visione.

È cresciuto nel KGB, la polizia segreta russa. Potentissima, con enorme libertà di azione, addestratissima. Esperti di spionaggio e sorveglianza. Raccolta di informazioni e disinformazione. Cresciuti nel mito della patria comunista (ma poi la patria è la patria e il comunismo resta una parte non essenziale per il nostro uomo).

Ha poi assistito alla rovina di quel mito, di quell’ideale, di cui lui era una parte privilegiata.

Ha subito l’onta di uno stato che era divenuto preda di malavita, dissolutezza e scorribande straniere. Ha visto i suoi ideali calpestati dalla facile comunicazione dell’occidente.

È uno degli uomini che erano memori di quanto il nome della Russia fosse temuto nel mondo fino al crollo del muro di Berlino. E di quanto poco pesasse alla fine degli anni 90. È quindi un uomo che si è sentito umiliato dal mondo occidentale. E che ha cercato un riscatto.

Da quando è al potere ha ricostruito una certa stabilità della sua nazione. Ha ridotto il peso della corruzione. Ha ridimensionato la criminalità. Ha ricostruito un’idea di Russia imperiale. E non è un caso se ha ritirato fuori i simboli degli zar.

È quindi un uomo che si prepara da tempo a riaffermare una visione della Russia dei tempi della guerra fredda. Perché quella visione è la visione di una Russia potente, autorevole, temuta.

I dettagli ci aiutano a capire il progetto di Putler.

Il debito pubblico della Russia è appena il 17% del PIL. Un valore talmente basso da essere irragionevole. Soprattutto in un paese che ha ancora enormi sacche di povertà. Un debito così basso non si concilia neppure con l’idea che lo stato possa essere stato utilizzato da potenti per arricchirsi. O con l’idea della corruzione. Con questi numeri è più facile pensare che i vari oligarchi siano docili strumenti nelle mani di chi comanda che il contrario.

Le riserve in valuta estera sono altissime. 630 miliardi, pari a circa il 40% del PIL. Più del doppio del debito pubblico.

Quindi Putin si è preparato. Se non alla guerra, almeno all’isolamento. Ha un piano di lungo termine e una visione. Quindi non è certo solo. C’è sicuramente una ampia fascia di comando che ne condivide gli ideali e la visione.

Pensare che le sanzioni, specialmente quelle direttamente rivolte al suo personale patrimonio, abbiano un vero effetto deterrente su di lui è ingenuo.

Putin ha spesso detto ai suoi interlocutori frasi come “voi credete di conoscermi ma vi sbagliate”.

È vero. C’è un’incomunicabilità di fondo. Una visione del mondo talmente diversa da rendere aliene le due prospettive.

Ma, simmetricamente, anche Putin non capisce del tutto la nostra vita. È vittima dell’idea che il benessere coincida con decadenza. Che le nostre società siano incapaci di combattere. Che la libertà sia una specie di “veleno per lo spirito”.

È abbastanza evidente che sia rimasto spiazzato dalla resistenza dell’Ucraina. È Probabile si aspettasse che la paura avrebbe sgretolato la catena di comando. E che l’occidente avrebbe assistito più o meno impassibile al suo colpo di mano.

Ha misurato che non è così che le cose stanno andando.

Le sanzioni stanno avendo effetti importanti. Ma, soprattutto, il mondo occidentale, quello delle democrazie, sta parlando con molte voci ma con un solo messaggio.

Quindi, vittoria? Non corriamo troppo.

Ancora non è chiaro che strada si sta aprendo davanti a noi. Putler ha ancora molte opzioni militari: è indubbio che non abbia fatto il massimo sul piano della forza. Anzi… Per quanto tremendo da dire, fino a qui ha “moderato le forze”.

L’isolamento politico-economico della Russia (esito che sostanzialmente sarà inevitabile) era probabilmente più un obiettivo da conseguire per il nostro uomo che un effetto indesiderato. E le trattative (che in questo momento non possiamo capire se sono una vera proposta o una cortina fumogena) ci segnalano solo che siamo ad uno dei bivi di questa storia.

Che è anche un bivio della storia di tutto il nostro mondo.

Putler può ancora prendere strade drammatiche. Può segnare il destino di tutti noi e trascinarci in una guerra totale. E, difficilmente, può essere fermato dall’esterno o eliminato. Non è un uomo solo, è il rappresentante di un pensiero che ha altri (probabilmente molti) seguaci. È un uomo magnetico e visionario che sa contagiare in questa visione.

Putler non è quindi rovesciabile? È quindi ineluttabile?

Neppure questo è necessariamente vero. È Possibile che ci sia un moto interno che ribalti il potere in Russia. Possibile ma, per le ragioni che abbiamo detto, improbabile.

C’è chi dice (e dirà) che le sanzioni sono inutili. Che fanno più danni a noi che a chi decide a Mosca.

Anche questo non è vero. Ma più della loro utilità partica, conta il senso di partecipazione che generano nelle nostre società.

Putler va trattato con il “rispetto” che si deve avere quando si affronta una sfida “mortale”. E con altrettanta determinazione. Non va sottovalutato. Non possiamo avere incertezze. Perché è un uomo con una missione che ha forgiato una classe dirigente (e forse anche un popolo) che ha una grande determinazione nel raggiungere l’obiettivo di ricostruire la “grande Russia” (Russkiy Mir). Ha chiesto loro di essere impavidi. Gli ha chiesto di credere nella sua “visione” della  patria.

Dobbiamo dimostrare che siamo altrettanto determinati, che siamo altrettanto impavidi, che abbiamo altrettanta fede.

Perché è questa determinazione, questo coraggio, questa fede che possono sgretolare la visione che Putler ha costruito. Che possono opporre una visione positiva a quella distorta che ha costruito lui.

Che, quindi, può farci vincere questa guerra.

Andrea Bicocchi @Andrea_Bicocchi

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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