Cassa integrazione a Lucca, è polemica. La storia di Martina, una mamma lavoratrice che vuole giustizia

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Nonostante tutto sembri quasi tornato alla normalità, ora che l’emergenza sanitaria pare sia sotto controllo, resta comunque l’altro grande interrogativo di tutti i lucchesi che affrontano con altrettanto timore: l’emergenza economica.

Con il lockdown è stato inevitabile fermare tutto e la maggior parte dei lavoratori si è trovato senza impiego, bloccato nelle quattro mura di casa, con la promessa di una cassa integrazione che ancora però dopo mesi tarda ad arrivare o non corrisponde a quanto aspettato.

La situazione è tremenda, non sappiamo come mangiare”, “sto aspettando i soldi da marzo e non riesco a pagare le bollette”, “questa situazione è lo specchio dell’Italia”: si infiamma così la polemica dei lucchesi, a suon di rabbia e delusione, verso quella classe politica che invece di tutelare sembra essersi dimenticato di tutti coloro che ancora sono in ginocchio.

Abbiamo parlato con Martina Rotondo, una giovane mamma lavoratrice lucchese avvilita e vittima di una mala gestione da parte del governo.
Martina ha 24 anni, una figlia piccola e tante ambizioni, non ha paura di urlare a gran voce la sua disillusione nei confronti di un’Italia allo sbando, dove la fiducia ha lasciato spazio ormai alla rabbia.
Portavoce di tutti coloro che troppo spesso restano in silenzio ed esempio di quella generazione che critichiamo e giudichiamo come sbandati e senza obiettivi, questa giovane donna sa cosa vuole e ci ha raccontato come ha dovuto tristemente scoprire di essere stata licenziata da sola, quanto ha aspettato una cassa integrazione che è poi arrivata con una spiacevole sorpresa, passando inevitabilmente per la questione, ancora taciuta nella società, di quanto sia inevitabilmente difficile essere madri e donne realizzate in questa Italia lasciata ai luoghi comuni e al bigottismo.

Martina tu sei una giovanissima madre lavoratrice, com’era la tua vita prima del Covid?
Sì, sono una giovane madre di 24 anni con una bambina di un anno e mezzo di nome Giorgia e prima dell’arrivo di questa pandemia anch’io, come molti altri, mi dividevo tra casa, lavoro e figli. Ero una mamma che cercava di far coincidere tutto nel miglior modo possibile, ero finalmente riuscita a riprendere in mano la mia vita lavorativa dopo la nascita di mia figlia. Avevo finalmente di nuovo la possibilità di essere presa in considerazione, nonostante il mio essere madre.

Pensi sia difficile affermarsi professionalmente quando si hanno dei figli?
Sì, decisamente. Mi sento di dire che oggi, nel 2020, noi donne non siamo libere di poter diventare madri o almeno di esserlo senza che i rapporti lavorativi inevitabilmente cambino. Perchè maternità e lavoro ancora non coincidono? Me lo chiedo spesso. Guardo mia figlia e mi domando quando arriverà il momento di lasciarsi alle spalle la paura di perdere il proprio lavoro o ancora peggio la fiducia dei propri datori di lavoro in un eventuale rientro solo per il desiderio di farsi una famiglia, che dovrebbe poi essere la cosa più naturale del mondo.

Tu, nel gennaio 2020, avevi trovato lavoro e non era solo un lavoro ma la tua rivincita.
Decisamente, avevo faticato tanto per mesi e anni per quel lavoro e gli avevo sempre dato la priorità ma qualcosa è andato storto. Ho iniziato il mio lavoro, quello che sognavo, la commessa in un negozio di scarpe e accessori, l’8 gennaio 2020 a Lucca. Era molto impegnativo, lavoravo 40 ore alla settimana e praticamente partivo la mattina di casa e rientravo la sera la maggior pare delle volte. Non sentivo la fatica, mi piaceva moltissimo, chi mi conosce sa quanto ami stare in mezzo alle persone e proprio per questo entravo in casa felicissima degli obiettivi che ero riuscita a raggiungere, grazie anche a chi mi ha insegnato in quel momento.

Poi è arrivato il Coronavirus, cosa è successo?
Devo dire che il destino non mi ha aiutato! Dopo nemmeno due mesi dall’assunzione e a un mese dal rinnovo del mio contratto un virus sconosciuto è entrato a far parte della nostra vita e che ad oggi ne fa ancora parte e probabilmente ne farà parte per sempre.
Ricordo la preoccupazione iniziale, l’evolversi della situazione giorno dopo giorno e la paura che aumentava ad ogni persona che entrava in negozio e che spesso non curante di quello che stava succedendo tossiva e starnutiva senza rispetto mettendoci tutti a rischio. Da un giorno all’altro poi la chiusura totale del negozio, come quella di tutti gli altri ovviamente, ed io che in quel momento ero già a casa da qualche giorno, esattamente dal 3 marzo, perché mia figlia non stava bene.
Ecco, da quel giorno non sono più rientrata in quel negozio ed ho dovuto scoprirlo da sola!

Nessuno ti ha avvertito che il tuo contratto non sarebbe stato rinnovato?
No, il tempo scorreva veloce, le domande aumentavano e i dubbi anche: che ne sarà di noi? Riapriremo? Supereremo mai questo brutto colpo? Passarono i giorni, le settimane e piano piano in me svaniva qualsiasi speranza di poter ripartire e la luce sembrava sempre più lontana e alla fine la mia previsione non era poi così sbagliata. Nell’ultima riunione che ho fatto, una conference-call, mi parlarono di cassa integrazione rassicurandomi del fatto che era stata richiesta e accolta.

Era la verità?
Parto col dire che questa cassa integrazione ci è stata proposta, come per tutte le altre aziende, come a tutela di noi lavoratori anche se, in realtà, di tutele ce ne sono state poche visto che, per tutti quelli come me che avevano un contratto in scadenza, non c’è stato modo di poter prolungare dato che al momento che si richiede la cassa integrazione le assunzioni si bloccano e questo è uno dei tanti requisiti perché l’azienda possa richiederla.

Quindi, dopo che nessuno ti ha comunicato che il tuo contratto non sarebbe stato rinnovato, è almeno arrivata la cassa integrazione?
Passarono settimane e dalla CIG (Cassa Integrazione Guadagni) nessuna notizia. Sono trascorsi mesi in cui le risposte non arrivavano ma allo stesso tempo le bollette e gli affitti non si fermavano, mesi in cui ho passato ore e ore in attesa al telefono con l’Inps dove nessuno aveva idea di dove fossero questi soldi e che tra una risposta maleducata e l’altra mi sentivo dire: “signora ma lei cosa pretende? Siamo tutti sulla stessa barca”.

Come hai vissuto questi mesi sospesi?
Ho avuto fortunatamente l’appoggio del mio compagno che ha sempre lavorato e della nostra famiglia. Ce la siamo cavata e siamo stati fortunati, a differenza di tante famiglie che davvero non sapevano cosa mangiare, costretti a convivere con la disperazione e alla ricerca di risposte concrete.

Alla fine sei riuscita a percepire la cassa integrazione?
Oggi, solo oggi, 16 giugno dopo 3 mesi e tanta fatica è arrivato il pagamento e con lui la sorpresa: la mia cassa integrazione per 5 settimane non copre nemmeno l’80% del mio stipendio, bensì solo il 60% che oggettivamente non è utilizzabile nemmeno per il 20% delle spese mensili di casa mia. Qualcuno potrebbe pensare che non mi accontento mai e forse è così ma nessuno dovrebbe accontentarsi di fronte a queste ingiustizie.

Come stai vivendo questa cosa?
Sono arrabbiata e delusa, mi chiedo come si possa vivere così, con quale spirito? Come fa chi non ha altre entrate? Ci penso ogni giorno e non mi do pace. Sono sicura che si poteva gestire meglio tutta questa situazione e non riesco purtroppo ad esprimermi in modo più pacato perché mi sono sentita presa in giro, come ormai tutta l’Italia.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Voglio parlare a nome di tutti, tutti quelli che come ancora non sono potuti rientrare a lavoro perché secondo il governo non sono indispensabili e per tutti quelli che hanno deciso di non riaprire più perché non c’erano i presupposti. Non doveva andare così, questa è l’unica cosa che mi sento di dire. Vorrei anche dare un grande abbraccio a tutti coloro che durante questa pandemia hanno perso i loro cari e non hanno potuto dare loro un saluto dignitoso.
Cosa ci dobbiamo aspettare da un governo che pensa a come far ripartire i campionati di seria A mentre ancora non sappiamo cosa ne sarà dei nostri bambini a settembre?
Andrà tutto bene davvero? Io non ci credo più.

Bianca Leonardi
Bianca Leonardi
Classe 1992, Lucca. Una laurea in giornalismo e tanta voglia di dar voce a chi troppo spesso resta in silenzio. Lavoro da anni nella comunicazione e nell'organizzazione di eventi, saltando tra musica, teatro e intrattenimento. Perché "Lo Schermo"? Perché siamo giovani, curiosi e affamati di futuro.

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