Comincio a collaborare con lo “Schermo”, invitato – con un atto di fiducia nei miei confronti di cui son certo si pentirà presto – da Andrea Bicocchi. Lo faccio con una qualche titubanza, perché l’espressione di un pensiero spesso s’illude che ci sia qualcuno interessato ad ascoltarlo. E forse anche per il timore di non poter essere costante nella mia collaborazione. Magari alternerò scritti e video. Ci provo. Da lucchese d’adozione, arrivato dritto da Brescia (son direttore della Fondazione Ragghianti da sette anni, dal giugno del 2016). Da persona libera e non irregimentata, non collaterale a nessuno schieramento. A volte fatico a parteggiare per me stesso, figuriamoci se posso riconoscermi in una compagine politica! Come si sarà intuìto, amo l’ironia. Cerco di trovare il buono in (quasi) tutti, perché credo nelle individualità, più che nei raggruppamenti.

Un valido studioso lunigianese, uomo di grande carisma, Germano Cavalli, che purtroppo non è più tra noi, quand’ero più giovane m’insegnò che «non si può far cultura in nome delle divisioni» (parole sue). Meditarci su, ponendo mente a quanto avviene ora in vista del centenario pucciniano – ed è un esempio tra i molti possibili –, magari aiuterebbe ad andare nella direzione giusta, purché ci siano onestà intellettuale e buona fede.

Ma via, è il primo articoletto, e non voglio insegnar nulla a nessuno, tanto più in una città che mi ha da subito bene accolto e fatto sentire a casa. Perciò, pur consapevole di scrivere cose in gran parte scontate, ho deciso di dedicare un piccolo elogio semiserio a Lucca, visto che è costume lamentarsene tanto, e forse troppo! Io mi ci trovai subito a mio agio. A chi la conosce parrà scontato quanto sto per affermare, ma davvero qui ci troviamo in una Toscana sui generis. Serietà, compostezza, senso del giusto mezzo, prudenza, garbo, riservatezza, indisponibilità a indulgere agli scherzi, moderazione, oculatezza, gelosia del proprio privato (difficile ricevere inviti a cena in casa): queste sono caratteristiche tipiche dei Lucchesi. Politicamente, nei tempi repubblicani antecedenti ai rivolgimenti del 1992, fu non a caso una città “bianca”, feudo della DC, di cui era locale espressione primaria Maria Eletta Martini, vicepresidente della Camera, seguace della corrente di Moro e Zaccagnini. Il decoro contegnoso, comunque, non rende immuni i Lucchesi da forti passioni civiche, che si esprimono talvolta in una conflittualità accesa – questa, sì, genuinamente toscana – ma anche in un attaccamento lodevole ai beni architettonici e artistici della loro città: un conservatorismo in larga misura sano, seppure forse talora un po’ eccessivo.

Il livello culturale medio è alto, sì, e non ascriverei Lucca alla “provincia”: nonostante le modeste dimensioni, è stata per secoli una piccola capitale, e a tutt’oggi credo che si senta tale, non a torto. Bisogna certo precisare che esiste una differenza fondamentale tra il dentro e il fuori le Mura: confine fisico e psicologico che segna la geografia della città. È di moda, specie fra i politici, enfatizzare l’importanza delle periferie, ma a Lucca ciò che è davvero rilevante – mi assumo ogni responsabilità di quest’affermazione – è il nucleo storico, modello intatto di un’urbanistica miracolosa nella propria armonia discreta. Chiese, palazzi, piazze, viuzze, il Fillungo (una sorta di Broadway che taglia obliquamente la pianta ortogonale d’impronta romana), le insegne rimaste delle vecchie botteghe, l’Anfiteatro, l’estro della Torre Guinigi con i secolari lecci sulla sommità, la delicatezza della statua funebre di Ilaria del Carretto: molte le attrattive di Lucca, che però si può fregiare in particolar modo dell’atmosfera e della magia che sprigiona, soprattutto di notte e d’inverno, quando i “grandi eventi” si sono chetati e le folle dileguate. Ebbene sì: io, come faceva Gillo Dorfles, rimpiango l’“intervallo perduto”: le pause servono, eccome. Anche nell’afflusso turistico.

Ah, sia ricordato per inciso, qui sono nati Geminiani, Boccherini, Catalani, Puccini (ma il teatro, invece che a lui, resta ancora intitolato al giglio borbonico, mah!), perciò la musica scorre nelle viscere profonde.

Non fingo di scordarmene: Lucca è la città natale di Carlo L. Ragghianti. Prometto di scriverne: credo che meriti di essere ricordato, perché fu uno degli Italiani più ragguardevoli del XX secolo.

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