(Giosuè Carducci: Odi barbare, Scoglio di Quarto)

Notte tra il 6 e 7 maggio 1860.
Due piroscafi a vapore, il “Piemonte” e il “Lombardo”, partiti dallo scoglio di Quarto vicino Genova, (per non dar troppo nell’occhio alle spie dei Borboni…) carichi di un migliaio di garibaldini, al comando di Garibaldi con vice Nino Bixio, arrivano sul traverso dell’Elba.
Durante la prima parte della traversata verso la Sicilia, Garibaldi fa fare l’inventario delle armi imbarcate; un grosso rifornimento che doveva avvenire a Bogliasco era “saltato” per beghe di spionaggio e di contrabbando; le sole armi imbarcate risultano quelle personali di taluni, armi leggere… insufficienti. Poi mancavano le cartucce, le munizioni e anche i viveri! La faccenda della partenza si era svolta un po’ alla buona maniera, buio, notte fonda, nonostante il quadro li rappresenti di giorno… qualche urlo, entusiasmo tanto… soldi al solito pochi… erano partiti, ma molto alla carlona. Adesso cominciavano i problemi veri. Era necessario approvvigionare il materiale!
Scartato l’approdo all’Elba per la presenza di una forte flotta borbonica alla fonda, che non era esattamente sulla stessa sua policy… Garibaldi chiese a bordo se qualcuno “conoscesse” a Orbetello, sulla costa toscana. Giuseppe Bandi, futuro fondatore del “Telegrafo”, poi il Tirreno di Livorno, disse che ci conosceva un certo Giorgini di Lucca, fratello di un suo insegnante liceale, e che questi comandava la fortezza deposito di Orbetello. In aggiunta disse che conosceva anche Arus il gonfaloniere, Agostino Cappelli ufficiale del genio e un prete, Don Bellucci, che anche se era prete, era di animo liberale. “Perfetto” disse Garibaldi, andiamo dal Colonnello Giorgini intanto.
I Giorgini sono una famiglia di patrizi lucchesi dal 1795.
Il Colonnello Giorgio Giorgini (1816-1894) era il primo di quattro fratelli; un fratello Giovan Battista detto Bista, docente universitario e deputato del Regno d’Italia, sposa una sorella del Manzoni, Vittoria. Il quarto fratello anche lui Giorgio, abbandonata la carriera militare si occuperà delle cave e di una segheria; avevano degli interessi verso Montignoso, a quel tempo territorio di Lucca. Come si vede era una famiglia lucchese piuttosto ramificata.
E sodale con il movimento rivoluzionario Garibaldino!
Tanto che il Bandi, inviato da Garibaldi in avanscoperta come emissario, (perché la prudenza non è mai troppa…!) si fa ricevere dal Colonnello Giorgini, che organizza un incontro con Garibaldi.
Il quale lo “imbomba” con una storia di incontri e accordi segreti con il Re Vittorio Emanuele. Naturalmente non aveva niente di scritto per non compromettere la monarchia, ma il Re aveva autorizzato questa spedizione (e in parte è anche vero, perlomeno non l’aveva impedita, pur sapendolo…).
Il Colonnello Giorgini è confortato in questo dalla presenza di numerosi soldati in uniforme dell’esercito sardo e dalla bandiera Savoia di Vittorio Emanuele, fatta innalzare sul Piemonte, quindi crede onestamente che la spedizione sia “autorizzata” e abbia il placet monarchico.
E quindi rifornisce di armi, capsule innescanti, polvere e cariche i garibaldini; per sovrappiù Garibaldi adocchia un vecchio pezzo di artiglieria nel giardino del deposito, messo li come arredamento, e lo fa caricare, assieme ad altri due prelevati in un altro deposito.… poi il Giorgini gli fa provvedere anche per i viveri, pane, carne salata, frutta secca e tabacco, quindi fa caricare il carbone a Porto Santo Stefano, vicino Talamone. Per tutta riconoscenza, i garibaldini sbarcati, non appena rifocillati, cominceranno a dar fastidio alle ragazze del posto, (van capiti, la navigazione è lunga…) e allora Garibaldi per evitare risse e clamore dà l’ordine di imbarco immediato e la ripartenza per la Sicilia!
A Marsala sbarcheranno tre giorni dopo l‘11 maggio.
Il Giorgini invece una volta comunicato ai superiori questa storia, subirà un processo militare e una punizione, con degradazione!
Verrà reintegrato nel grado e promosso Generale dopo il 1870.
Succede…




