Lo chef Francesco Lunardi: da Sidney a Montecarlo per coniugare tradizione e innovazione

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Il giovane chef Francesco Lunardi ci ha aperto le porte del suo ristorante “Lunardi’s”, sito nella centralissima Piazza Carrara a Montecarlo. Tra un bicchiere di vino e un po’ di cibo, immersi nella suggestiva cornice dell’antico borgo sulle colline lucchesi, Lunardi ci ha raccontato la sua cucina, le sue esperienze e il suo progetto.

Da dove nasce la tua passione per la cucina?

In realtà la mia passione per la cucina nasce una prima volta e poi rinasce più forte in un momento successivo, in due fasi ben distinte della mia vita. Nasce quando ero piccolino, mentre guardavo la mia nonna cucinare, impastare le torte e fare la frolla: un po’ quello che succede a ogni ragazzo che si appassiona di cucina in Italia…è sempre merito della nonna! Poi, una volta finita la scuola sono partito per l’Australia: ecco, in quel momento la mia passione per la cucina sembrava essersi attenuata. La mia voglia di cambiare continente nasceva proprio dalla forte volontà di cambiare stile di vita, perché ero stanco delle cucine italiane, disordinate, confuse e troppo ancorate alla tradizione. Una volta arrivato lì, pensando di cambiare lavoro, sono invece riuscito ad entrare in grandi cucine, dove la diligenza, la tecnica, la precisione e l’innovazione erano tratti distintivi: tutto questo ha immediatamente fatto rinascere la mia passione per la cucina.

Qual è stata l’esperienza che più ti ha segnato e qual è il tuo vissuto professionale?

Ovviamente l’esperienza che più di tutte mi ha segnato è quella che ho fatto in Australia. Un po’ per la grandezza degli chef con cui ho lavorato e un po’ per questa multietnicità, anche culinaria, che caratterizza quella magnifica terra. Avevo al mio fianco giapponesi, coreani e brasiliani: tutte persone con visioni totalmente differenti rispetto alla mia, anche in relazione all’approccio al cibo e agli ingredienti. Tutto questo all’inizio mi ha un po’ destabilizzato perché era lontanissimo dal mondo che avevo lasciato qui in Italia, molto classico, molto tradizionale e anche molto egoista. Poi però questo mix è diventato una fonte di ricchezza incredibile per me, sia come persona che come chef: sono infatti riuscito ad ampliare la mia visione di cucina, e adesso voglio riproporre la sintesi delle mie esperienze anche qui.

Qual è la tua cucina preferita?

Non ti nego che mi piace molto la cucina asiatica, perché sono una persona che ama tantissimo i sapori forti. Però, ecco, credo che a livello qualitativo i prodotti italiani siano i migliori al mondo, senza alcuna concorrenza. Infatti la mia intenzione è quella di recuperare i piatti della nostra tradizione – fatti con prodotti esclusivamente italiani – e riproporli con tecniche rinnovate e soprattutto con sapori spiccati e decisi.

Come coniughi le tue radici, le tue esperienza e la tua cucina?

Metto tutto ciò che sono nei piatti che preparo. Sono una persona a cui piacciono molto il pericolo e il rischio, e questa cosa si coniuga con tutte le mie esperienze di vita. Come lego tutto questo alla mia cucina? Proponendo piatti della tradizione che – con quell’azzardo che mi caratterizza da sempre – vengono trasmessi attraverso un messaggio diverso rispetto a quello originale! Faccio un esempio: una persona che viene a mangiare qui si aspetta una semplice pomodoro e mozzarella perché nel menù c’è scritto “caprese”, e invece l’azzardo sta nel preparare un piatto attraverso un’interpretazione mai vista, che passa dal connubio e dalla sintesi di più stili differenti.

Da poco, insieme a tuo fratello, hai aperto il tuo ristorante a Montecarlo: che cosa ti ha spinto verso questa nuova avventura?

La voglia di mettermi in gioco era tanta. Io e mio fratello non capivamo come mai certe buone tendenze estere legate al cibo e al vino non fossero riproposte qui in Italia: tutte cose che ci avevano piacevolmente stupito e che ci avevano aperto gli occhi su come funziona il mondo della ristorazione all’estero. Il nostro obiettivo, quindi, è quello di rivitalizzare il panorama culinario dimostrando a chi verrà a cena che il mondo della cucina è cambiato così tanto che, ormai, ci sono tecniche e modi di servire sempre più innovativi e interessanti.

Che progetto avete in mente?

Questa è una risposta semplice e complessa allo stesso tempo: il nostro ristorante cerca di offrire piatti della tradizione – e quindi relativamente semplici – accompagnandoli con un tocco di novità, attraverso rivisitazioni e apporti derivanti dalle nostre esperienze. Siamo partiti da poco, e ci impegniamo ogni singolo giorno per trasmettere il messaggio che vogliamo dare: una cucina contadina con un tocco di innovazione, anche con un’atmosfera che possa smorzare quell’eleganza e quella classicità che spesso si ritrova nei ristoranti di livello in Italia. Ecco, noi vogliamo proporre piatti della stessa qualità in un contesto che sia anche molto più confortevole.

Entriamo nel tuo regno, la cucina: qual è il piatto che senti più tuo e perché?

Non appena atterrai a Sidney venni subito inserito in pasticceria: quest’esperienza mi ha segnato tantissimo, perché fui catapultato in un mondo completamente diverso: in pasticceria c’è molta più tecnica, precisione e pulizia. Ecco, ancora oggi creare dolci è una cosa che mi rende molto felice. Quindi, per rispondere alla tua domanda, direi che la “lemon tarte” è un piatto che sento molto mio, anche perché è un omaggio veramente sentito all’Australia e alla mia esperienza lì. Poi, passando al salato, tengo molto al nostro tortino al coniglio, che per me rappresenta il connubio perfetto tra la tradizione contadina italiana e la rivisitazione anglosassone di servire la carne dentro a una torta. Infine, senza dubbio, mi esalta preparare la nostra insalata di pici fatti a mano e serviti freddi: un classico toscano, molto saporito e molto fresco, che abbiamo rivisitato e che sta riscuotendo un grandissimo successo.

Quando vai nel ristorante di qualche tuo collega, che cosa ti piace mangiare?

Mi piacciono i sapori forti, quindi sperimento sempre cercando una lavorazione dietro il piatto che mi renda felice: amo la selvaggina, il piccione, l’anatra e tutti quei sapori che prendono la bocca completamente.

Giovanni Mastria
Giovanni Mastria
Nato a Lucca, classe 1991. Scrivo con passione di cultura, attualità, cronaca e sport e, nella vita di tutti i giorni, faccio l’Avvocato. Credo in un giornalismo di qualità e, soprattutto, nella sua fondamentale funzione sociale. Perché ho fiducia nel progetto "Oltre Lo Schermo"? Perché propone modelli e contenuti nuovi, giovani e non banali.

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