Giuseppe Ungaretti (1888-1970) è stato uno dei massimi poeti della letteratura mondiale del XX secolo. Nacque ad Alessandria d’Egitto, ma era figlio di gente lucchese: di San Concordio il padre, emigrato in Egitto per lavorare come sterratore al canale di Suez, di Sant’Alessio la madre. In un componimento riferito all’agosto del 1916, quando era soldato sul fronte orientale italiano durante la Prima guerra mondiale, troviamo questi versi:
«[…] Stamani mi sono disteso
in un’urna d’acqua
e come una reliquia
ho riposato.
[…]
Ho ripassato
le epoche
della mia vita.
Questi sono
i miei fiumi.
Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil’anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre.
Questo è il Nilo
[…]
Questa è la Senna
[…]».
Ungaretti riassume così i tre luoghi fondamentali della sua vita fino a quel momento: la Lucca delle origini, l’Egitto in cui crebbe, la Parigi dove si trasferì nel 1912. Il titolo della poesia è I fiumi. Con la città dei genitori egli sviluppò un rapporto intenso e complesso, che denota un senso di appartenenza radicato, sempre ribadito, non offuscato da alcuni contrasti che pure vi furono.
Credo insomma che la proposta lanciata da Umberto Sereni, d’intitolare a Giuseppe Ungaretti il nuovo ponte sul Serchio, sia molto intelligente, e senza remore condivisibile: da una parte sarebbe un modo per annodare più strettamente il nome del grande letterato a Lucca e al suo territorio; dall’altra, un omaggio al poeta che forse meglio di tutti ha immortalato nella storia il fiume che scende dalle pendici del monte Sillano e sfocia nel mare nella zona del parco di San Rossore.
Penso che non si possa non sposare una causa tanto limpida, sensata e unificante.