‘Immuni’: Paolo, sviluppatore informatico, ci spiega perché la nostra privacy è al sicuro e cosa ancora non funziona dell’app

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Lo sappiamo dai tempi di Darwin e della giraffa con il collo lungo che sopravvive solo chi meglio si adatta alle circostanze e, di sicuro, il Covid-19 sta inevitabilmente ribaltando la nostra quotidianità costringendoci ad inventare un nuovo ‘punto di vita’. 

La seconda ondata non è uguale alla prima e questo è vero. Aggiungerei volentieri un ‘per ora’, ma chi sono io per dirlo. E’ evidente però che la nostra convivenza con il virus si sta amaramente trasformando in una gara a chi è più libero. Tra ‘mascherati’ e ‘no-mask’, il tutto sta prendendo una piega tanto inaspettata quanto inquietante. A questo proposito mi preme precisare, per i no-mask soprattutto, che non è vero che la mascherina è sempre obbligatoria anche all’esterno in quanto esiste un’eccezione a tale regola nel caso in cui sia garantita la distanza di sicurezza rispetto a persone non conviventi e non congiunte. Imbavagliamenti e complotti stanno quindi a zero. Che tra l’altro, per prenderla con ironia, il design delle mascherine sta raggiungendo livelli altissimi rendendo il tutto un po’ meno pacchiano. 
 

Ma ora veniamo al nodo. Al centro delle polemiche c’è sempre lei, Immuni, l’app voluta dal Governo, che dopo mesi non ha ancora convinto i lucchesi. Secondo un piccolo sondaggio svolto nella piana infatti, su un campione di 128 persone, di cui 45 studenti di età compresa fra i 16 e i 18 anni, soltanto in 15 la utilizzano, ovvero una ogni 9. E anche il dato regionale non conforta perché in Toscana possiedono l’app solo il 12,5 per cento delle persone aventi uno smartphone (405mila circa). Gli aspetti che spaventano di più restano sempre due: la privacy e la credibilità.

Abbiamo allora parlato con Paolo, sviluppatore informatico di professione, che, studiando l’app, ha chiarito alcuni punti fondamentali dal punto di vista tecnico riguardo il trattamento dei dati personali e il funzionamento del sistema, sottolineando come Immuni sia in realtà stata creata proprio per essere trasparente: “L’applicazione non si basa sull’obbligo – spiega – perché nessuno, tranne il diretto interessato, verrà mai a sapere dell’incontro con il positivo. Né il dove né il quando. Si basa solo sul buon senso e sulla responsabilità e quindi sulla libertà”.  

Come si presenta l’app dal punto di vista tecnico? Veramente compromette la privacy? 

Posso dire che è fatta molto bene. Dietro ci sono degli sviluppatori ben preparati. Inizio con il precisare che l’app, sia in back-end che in front-end, è open source: chiunque potrebbe leggere il codice con cui è stata creata e questo è già un buon indice di trasparenza perché ogni persona con competenza in materia sarebbe capace di scoprire eventuali tracciamenti sospetti. Vorrei poi sottolineare che non si appropria di alcun dato sensibile e non lavora con il Gps a differenza di quanto si crede, ma solamente con il bluetooth. Non può quindi registrare la localizzazione di nessuno e non usa neppure i dati della cella a cui il telefono è collegato. Recuperare la posizione di qualcuno sarebbe impossibile. Non sa chi sei, sa solamente chi è il tuo telefono però non può appunto identificare a chi appartiene. Gli ID sono creati tutti in maniera casuale. Ho studiato anche l’algoritmo che c’è dietro tale generazione e posso dire che non c’è alcun modo di rintracciare l’utente. Con Android, per un limite di sistema, è necessario attivare la geolocalizzazione al solo scopo di permettere al sistema di notifiche di Google di ricercare i segnali bluetooth low energy e salvare i codici casuali degli smartphone intorno a noi. Tuttavia questa operazione non permette comunque di tracciare alcun percorso. Inoltre non dà alcun fastidio perchè non invia nè notifiche nè pubblicità, avverte solo nel caso in cui ci sia stato un contatto con un positivo”.   

E’ vero che scarica la batteria? 
No. Immuni usa la modalità ‘bluetooth low energy ‘e quindi il consumo di batteria viene ridotto. Instagram per esempio ne consuma molta di più. Ma in ogni caso questo dipende anche dal tipo di smartphone che si possiede e da quanto viene utilizzato durante la giornata”.

Quali sono allora le criticità? Secondo te perché non è ancora ben vista?

Intanto a livello istituzionale non sono riusciti a sponsorizzarne bene l’utilizzo. Immuni non previene il contagio, Immuni serve per bloccarlo. Per evitare che si creino focolai. Il problema vero dell’app comunque, quello che purtroppo ne rende ancora troppo scarsa l’efficacia, è tutto quello che succede dopo la segnalazione dell’incontro con un positivo. Io una volta ricevuta la notifica mi metto in quarantena ma, essendo asintomatico, a volte passano anche giorni prima che qualche operatore Asl si occupi del mio caso e, considerando che quasi tutti hanno un lavoro e una famiglia da mandare avanti, questo direi che non la rende molto credibile. Immuni funziona dal punto di vista tecnico, ma manca la struttura del dopo notifica. Sono stati fatti dei passi avanti per carità, ma ancora non ci siamo. Un altro problema è la registrazione della positività. Può succedere che passi molto tempo prima che un nuovo caso venga registrato e questo a causa delle difficoltà riscontrate nel contattare l’operatore sanitario che dovrebbe validare il codice ID del positivo. Negli ospedali però ce la stanno mettendo tutta e sono convinto che con il tempo il sistema sarà più veloce”.

A tuo parere funzionerà nel futuro?

Per funzionare dovrebbero scaricarla tutti quelli che hanno uno smartphone, altrimenti sarà inutile. Tecnicamente parlando sarebbe veramente una soluzione utile e geniale. Potrebbe davvero, in ottica futura, tutelarci da molte delle conseguenze di un altro tracollo sanitario. La privacy è rispettata sotto ogni aspetto. Credo che sia anche inutile parlare di profili social, condivisioni o Google Maps, tanto lo sappiamo tutti che in quel caso i nostri dati non sono protetti ma pubblicare ‘ci garba’ quindi che vuoi fare. Forse dovremo semplicemente saper distinguere e unire l’utile al dilettevole. Chiaramente ognuno è poi libero di fare quello che vuole, ma dal punto di vista tecnico è oggettivamente trasparente. Chi ha l’app è anonimo e sceglie come agire in caso di notifica: questa è libertà”.

Alla luce di queste informazioni è evidente che al centro ci sia ancora quella gara a chi è più libero di cui parlavo prima. Ma la libertà non è quella sfrenata che vediamo nei film o quella di chi ribadisce il diritto di ‘fare come gli pare’. La libertà senza responsabilità non esiste. La realtà è cambiata, in peggio purtroppo, ma tutto quello che ci sta succedendo è comunque irreversibile.

Non è vero che Immuni nega la libertà come tanti scrivono sui Social – conclude Paolo – perché una volta arrivata la segnalazione è la persona stessa che può decidere se chiamare l’Asl e mettersi in quarantena oppure fare finta di niente. Nessuno lo verrà a sapere. Non c’è alcuna imposizione. Io, se posso dare un parere, preferisco scaricare un’app e tentarle tutte prima di arrendermi ad un lockdown o perdere l’azienda. Su Internet leggo sempre che non funziona però chi può dirlo se più della metà degli italiani non la utilizza ancora? Vedo un tentativo di resistenza da tutte le parti che non credo porterà a niente di buono

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