Il gioco del calcio nella Repubblica di Lucca

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Non si deve immaginare una partita di calcio odierna, con undici giocatori per parte e un arbitro a seguire ogni azione, tuttavia ai tempi della Repubblica di Lucca, nelle occasioni speciali si giocava a pallone in un modo rudimentale e decisamente poco convenzionale. Eppure un embrione dello sport più amato della nazione veniva praticato anche nella città murata. Probabilmente suonerà strano, ma le formazioni delle due squadre erano formate da centocinquanta giocatori. Eppure era proprio, in quei tempi andati, si scendeva in campo in tanti quanto una folla. Nonostante questa abnorme differenze, in realtà si possono trovare molte somiglianze tra lo sport attuale e l’antico “Gioco del Pallone al Calcio“.

Innanzitutto c’erano già i capitani, che però appartenevano alle famiglie nobili, mentre la il resto dei giocatori erano dei semplici rappresentati del popolo. Ovviamente il gioco era molto più violento, tanto che pare che calci e pugni non venissero lesinati tra giocatori avversari, una cosa che sicuramente oggi non si fa più. C’era poi anche l’arbitro, anzi a dire il vero c’era una coppia di direttori di gara; non sappiamo come si mettessero d’accordo in caso di diversa valutazione, tuttavia svolgevano un compito quasi da controllori della disputa. Leggermente differente era il gol, infatti questo veniva segnato mandando la palla non in una rete ma oltre la corda che delimitava il fondo del campo avversario.

Il gioco veniva praticato in tutte le festività più importanti, dunque in quei frangenti il campo si allestiva, con tanto di tribune, a “Piaggia Romana”, la zona vicina alle mura dove ora si colloca il Giardino Botanico. Particolarmente importante e celebre fu l’esibizione dell’11 aprile 1709, alla quale assistette il re di Danimarca Federico IV, che pare però fosse distratto dal ricordo della nobildonna lucchese tanto amata qualche tempo prima, e purtroppo per lui non più disponibile.

Tommaso Giacomelli
Tommaso Giacomelli
Giornalista e giurista, le passioni sono per me un vero motore per vivere la vita. Sono alla ricerca inesausta della verità, credo nel giornalismo libero e di qualità. Porterò il mio contributo a "Lo Schermo" perché si batte per essere una voce unica, indipendente e mai ordinaria.

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