Fine della Guerra contro l’Impero Austro-Ungarico.
Perché si arrendono.
Loro. L’esercito Austro-Ungarico.
Si arrendono agli italiani, dopo 41 mesi di combattimenti lungo il fronte nord est e sul Mar Adriatico.
Si arrendono al Regio Esercito. Perché non ce la fanno più. Il fronte interno, la popolazione, è stremata, sfinita… non hanno più cibo, carbone, rifornimenti: men che mai per i soldati al fronte.

L’Imperatore mangia pane di segale.
Il cosiddetto “blocco navale” di recente memoria, ma che esisteva già dalla notte dei tempi, impedisce il rifornimento dei due Imperi Centrali, l’Austro-Ungarico e il loro potente e scellerato alleato, l’Impero Tedesco.
I mari del Nord sono controllati e bloccati dalla flotta britannica, che in queste cose, …ci capisce!
Da lì non passa neanche uno spillo.
La competenza del blocco dell’Adriatico e quindi di Trieste, seconda città dell’Impero AU e più grande porto dell’Adriatico, era invece della Regia Marina Italiana, che aveva predisposto il suo blocco navale, addirittura stendendo una lunghissima catena di ferro con le maglie di sbarramento, collegate a 1200 torpedini esplosive, profonda 50m metri, alternata da campi minati e pattugliamenti continui.
Neanche da lì passa uno spillo! La marina Austro-Ungarica ci perde subito quattro sottomarini nel tentativo di passare.

In tal modo, gli Imperi a poco a poco, esaurite le riserve interne, esauriscono anche le forze propulsive.
Per prima capitolò l’Austria-Ungheria.
Anche grazie alla incessante e martellante opera di persuasione e sensibilizzazione effettuata da una ragazza di Lucca.

Zita di Borbone-Parma, l’ultima Imperatrice!
Zita, nome completo Zita Maria delle Grazie Adelgonda Micaela Raffaela Gabriella Giuseppina Antonia Luisa Agneseera nata a Villa Pianore, a Capezzano (Camaiore – LU), il 9 maggio 1892, e morta il14 marzo 1989; aveva i titoli di Imperatrice d’Austria, Regina di Boemia, e regina Apostolica di Ungheria.
Ma soprattutto fu proclamata dopo la sua morte a 97 anni, “Serva di Dio”.
Fervente cattolica, italiana, aveva sposato l’Arciduca Carlo d’Asburgo succeduto a Francesco Ferdinando dopo la sua precoce dipartita a opera di uno studente serbo bosniaco, tale Gavrilo Princip di anni 19 e mesi 11, che lo aveva “seccato” con la moglie a Sarajevo il 28 giugno 1914, scatenando l’inferno della Prima Guerra Mondiale.
Carlo viene nominato “Kronzprinz”, principe ereditario e di conseguenza Zita Imperatrice consorte.
Ma la sua presenza alla corte austriaca non è facile.
La sua origine italiana è imbarazzante e… pesante! Lei è italiana, quindi volente o nolente… impersonifica il “nemico”!
Due dei suoi fratelli combattono come Ufficiali nel Regio Esercito contro l’Esercito AU.
Una situazione quasi kafkiana.

Gli austriaci non erano per niente teneri nei suoi confronti; e neanche gli italiani, che al contrario, la ritenevano una traditrice!
Ma lei non perse mai il buonsenso e la sua naturale eleganza e semplicità: continuò incessantemente a perorare la fine della guerra contro l’Italia per terminare le sofferenze inaudite del popolo e dei soldati al fronte.
Il Prof. Umberto SERENI, in occasione della sua morte, come Consigliere Provinciale chiese ed ottenne dal Presidente Andreucci di far esporre in Palazzo Ducale sede della Amministrazione Provinciale, il Tricolore a mezz’asta, in segno di lutto.
In fin dei conti era morta l’ultima Imperatrice d’Europa, di chiare origini lucchesi!
Qualche anno dopo alcuni parenti dell’Imperatrice, vennero a Lucca per cercare e ringraziare quel signore che aveva fatto quel gesto di riguardo.
Si fermarono a pranzo alla Buca di Sant’Antonio e chiesero a Giuliano Pacini se conosceva il Prof. Sereni, che casualmente stava entrando nel locale!
E lo ringraziarono del riguardo che aveva avuto nei confronti di Zita di Borbone -Parma, l’ultima Imperatrice d’Europa.
Premesso ciò, torniamo ai primi di novembre del 1918.
Nella tarda e fredda mattinata del 29 ottobre, un capitano austriaco di madre italiana, Camillo Ruggera che successivamente si farà “austricare” il nome in Kamillo, nativo di Predazzo, scelto per la sua conoscenza della lingua italiana, si avvicina furtivo alla linea del fronte, a Serravalle, tra Rovereto e Ala. È munito di una bandierina bianca, una trombetta e un soldatino di scorta.

Urla ai soldati italiani che vuol parlare con un ufficiale; quelli manco lo considerano e gli sparano con una mitragliatrice!
Questi giochetti di far finta di arrendersi per poi avvicinarsi e sparare accadevano spesso al fronte, e ci si fidava poco.
Il capitano Ruggera si arrabbia, molto, perché un colpo ha ferito alla gamba il suo soldato e imprecando in italiano insiste e convince quelli di fronte che vuol parlamentare!


A questo punto gli italiani, tenendolo sotto tiro, lo fanno avvicinare, lo impacchettano, lo bendano e lo portano al comando, a Abano.
Nel frattempo curano il soldatino austriaco ferito, lo rifocillano e gli danno da mangiare.
Il Comando Italiano si scuserà per il “deplorevole incidente”.
Il capitano Ruggera ha con sè una “lettera di intento”, a firma del suo comandante il generale Von Webenau, con la quale gli austriaci intendono aprire le trattative per l’ARMISTIZIO!
Stupore generale!
In fin dei conti gli austriaci sono penetrati profondamente in territorio italiano!
È quasi inverosimile, impensabile, che a questo punto siano loro a chiedere l’Armistizio!
…Ma l’Austria-Ungheria non ce la fa più!
La notizia è straordinaria; il Comando Italiano non perde tempo.
Organizza subito la trattativa di resa.
Rimandano Ruggera indietro perché ritorni accompagnato dai comandanti austriaci il 30 Ottobre.
Luogo delle trattative; una sgraziata e anonima villa di campagna, Villa Giusti vicino Padova, prestata per la bisogna dal Senatore Conte Vettor Giusti del Giardino.
Qui si discutono i termini dell’armistizio.
Ugo Ojetti addetto stampa del Regio Esercito sentenziò: «Più brutta non la si poteva trovare» parlando di Villa Giusti: «brutta, gialla, stinta e nuda».
Era perfetta per umiliare il nemico!

Gli italiani stavolta si superano nell’organizzare la faccenda!
Predispongono anche il tavolo delle trattative di resa con il posto per il Re nel caso voglia intervenire, (poi non verrà…) e fanno segare le gambe di una sedia, perchè nel caso si fosse seduto, era poco carino che il Re penzolasse le sue corte gambe (era piccoletto) e quindi si ovvia in tal modo: si vede benissimo nelle foto una sedia “regale” diversa, accorciata!
Gli avevan scorciato anche la sciabola, da cui il nomignolo “Re Sciaboletta”.
Addirittura un ufficiale di cavalleria italiano che parla benissimo il tedesco e il francese, si traveste da cameriere per ascoltare i loro discorsi mentre li serve a tavola!
Anche gli inservienti e l’autista capivano benissimo il tedesco e avevano il compito di ascoltare e riferire i discorsi e i commenti degli austriaci!
Funge da interprete il Capitano Giovanni Battista Tennert cognato di Cesare Battisti; alle presentazioni il generale austriaco Weber dirà : “Conosciamo bene questo cognome…!”
Il 1 Novembre iniziano le trattative; a premessa furono sospese le ostilità, nell’attesa della firma definitiva.
Ma le trattative procedono con difficoltà; gli austriaci logicamente cercano di ottenere il massimo, le navi, i territori, i materiali; tergiversano, telegrafano a Vienna ogni dettaglio, perdono tempo…
Ad un certo punto, nella notte tra il 2 e 3 novembre il Generale Badoglio perse la pazienza e alzandosi di scatto, con un pugno sul tavolo, esordì: “Io sono qui venuto per discutere lealmente da soldato fra soldati, non per sottilizzare su ripieghi e cavilli! Poiché così è, considero come nulli e non avvenuti gli accordi conclusi. La battaglia continua”, e ordinò: “Si revochi immediatamente l’ordine di sospensione delle ostilità”.
Di fronte a questa dura posizione il Generale Weber si prese la responsabilità di accettare le condizioni italiane e di far cessare “l’inutile massacro”.
Alla fine gli austriaci capitolano su tutto.
Il 3 novembre si firma il trattato di Armistizio alle 15,20.
Sarebbe entrato in vigore alle 15 del 4 Novembre.


La Chiesa di Santa Maria in Mandria lì vicino fece suonare le campane a festa.
Fu innalzato il Tricolore su un albero della Villa Giusti.
Di fatto, la guerra era finita! Anche se finirà completamente l’11 Novembre, presso Compiegne in Francia con la resa anche della Germania.

Gli Alleati riserveranno ai generali tedeschi un trattamento assai peggiore dei nostri; li faranno salire su un angusto vagone ferroviario per firmare l’atto di resa.
Umiliandoli così bell’ammodo.
Però poi grosso modo vent’anni dopo, i tedeschi restituiranno pan per focaccia, costringendo i francesi a salire, loro, sullo stesso vagone per firmare la resa della Francia all’esercito tedesco il 22 giugno 1940.
Corsi e ricorsi della Storia, succede…
In queste ventiquattro ore di intervallo, tra la firma e l’efficacia vera e propria dell’Armistizio, il Generale Diaz non perde tempo: approfittando che ormai la notizia è diffusa e conosciuta e le ostilità di fatto son terminate, ordina che tutte le unità avanzate si spingano più a Nord e ad Est possibile!
Consolidare e completare il successo della battaglia di Vittorio Veneto!
Alle 15 del 4 novembre i nuovi confini saranno dove si arriva!
E allora è tutta una corsa a risalire l’Adige, verso Nord e il Friuli verso Est!
Molte unità italiane per la gran fretta sorpassano addirittura le unità nemiche che si stanno ritirando, senza combattere!
…“La fulminea e arditissima avanzata del XXIX Corpo d’Armata su Trento, sbarrando le vie della ritirata alle armate nemiche del Trentino…”
Quelli li guardano come a dire: “Ma ‘ndo c…o vanno questi così di corsa?!”
I soldati austriaci non conoscono i termini della resa e gli italiani intanto si spingono più a nord possibile, sul Brennero, che diventerà poi il confine naturale, sbarcano a Trieste occupandola e arrivano a Udine!

In questa corsa ci fa piacere ricordare una piccola unità militare, il Reggimento Cavalleggeri “ALESSANDRIA” (14°), che occupa e libera Trento il 3 Novembre 1918!
Il reggimento era partito da Lucca, al comando del Colonnello Tarditi, dalla Caserma “Umberto I” poi “Lorenzini” in Corso Garibaldi 5, e lì ritornerà con la Bandiera di Guerra che ha sventolato su Trento liberata.

E scusate se è poco!



