Le partite del sabato pomeriggio ai Tre Alberi o al campo Balilla

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Un paio di zaini da una parte, una manciata di maglioni dall’altra, ed ecco che ci sono due porte. Questo era il rito basilare per iniziare una partita da calcio sotto agli spalti delle mura, meglio se nella zona detta dei “Tra Alberi”, che per tantissimo tempo è stato un punto di riferimento per i giovani che avevano voglia di tirare due calci al pallone. Il sabato pomeriggio era una festa, svariati gruppi di ragazzi si trovavano in questo grande prato e nascevano sfide, tornei e anche belle amicizie. Il format era semplice, si formavano le squadre e si giocava fino a quando le gambe e il fiato non cedevano per la stanchezza. Il più delle volte finiva che il sole in cielo era già tramontato. Poi di nuovo in sella alla bici e appuntamento alla settimana dopo.

Altrettanto diffusa era l’usanza di andare a giocare a calcio al campo Balilla, sempre sotto alle Mura. In quel caso il terreno era già provvisto di porte con pali e traverse, per sentirsi veri calciatori. Non mancavano neppure le strisce per delimitare il perimetro del campo da gioco e tutte le aree. Che ci fosse l’erba corta, verde e fresca, o che ci fosse il fango (o per meglio dire la “mota”), il Ballila è stato un ritrovo incredibile dove giocare a pallone a perdi fiato. Lo si poteva fare il sabato pomeriggio, perché di domenica ci venivano disputate delle partite ufficiali, e talvolta anche di altri sport – come il baseball -, alle quali la maggior parte delle persone assisteva osservandole dall’alto delle Mura, come se fossero stati in un’autentica tribuna da stadio. In quel periodo resisteva ancora una discreta pista d’atletica intorno al campo, un’immagine impensabile per chi pensa a quella zona della città con gli occhi di una persona di oggi.

Tommaso Giacomelli
Tommaso Giacomelli
Giornalista e giurista, le passioni sono per me un vero motore per vivere la vita. Sono alla ricerca inesausta della verità, credo nel giornalismo libero e di qualità. Porterò il mio contributo a "Lo Schermo" perché si batte per essere una voce unica, indipendente e mai ordinaria.

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