La solitudine agognata dei (politicanti) numero 1

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C’era una volta la politica. Quella che cercava la gente. Che voleva coinvolgerla, averla presente, partecipe.

Quella in cui un candidato in pectore, prima di accettare una candidatura, che chiedeva garanzie intendeva che i migliori portatori di voti si candidassero. Possibilmente, che i leader della coalizione ci mettessero la faccia con la presenza diretta. Poi magari si trattava per mettere in lista, se non era possibile avere il leader alleato, almeno una persona davvero rappresentativa.

Questa politica c’era ma non c’è più. Fa quasi sorridere oggi…

Non che quella politica fosse un mondo idilliaco. Disfunzioni ce ne erano a bizzeffe. Ma la relazione c’era. E nelle liste ci mettevano persone che avessero capacità di intercettare molte altre persone. Di collegare la gente.

Oggi no. 

La Puglia ci consegna lo scenario di un candidato che non vuole persone in lista che possano fare incetta di voti.

Perchè? 

Ma naturalmente perché altrimenti sarebbero poi soggetti forti con cui dover discutere e mediare. 

E questo non va. Perché se sei il più forte, non hai troppa paura degli altri. Ma se ti senti fragile cominci a preoccuparti.

E così la candidatura Decaro vive in una dimensione bloccata, intermedia. In uno stato indefinito: “candidato” e, contemporaneamente, “non candidato”.

“Se in consiglio c’è Emiliano, non c’è discontinuità”. Il che lascia già un po’ incerti: se Decaro esiste è perché Emiliano lo ha portato, financo creato. Ma in politica, si sa, la riconoscenza non esiste. e, ultimamente, neppure l’appartenenza. Quindi Emiliano deve ritirarsi. Salvo poi dire che Emiliano può fare l’assessore… 

Ma se era davvero la discontinuità che si stava cercando l’assessorato va in una direzione inconciliabile: è all’interno del consiglio e ogni decisione viene presa alla sua presenza e sotto la sua influenza.

Certo: ad essere maliziosi si potrebbe dire che quello che Decaro vuole non è la discontinuità quanto piuttosto non avere un potere che lo possa condizionare: un consigliere non lo puoi dimissionare; un assessore lo puoi sempre licenziare.

E così Decaro disegna interno a sé un cerchio magico: un cerchio dove, per entrare, bisogna essere abbastanza deboli da non impressionare nessuno. Un cerchio che gli garantisca la solitudine di cui, nella sua visione del potere, il numero uno, chi comanda, ha bisogno di stare per poter governare. E questo cerchio non riguarda solo le persone che sono più strettamente attorno al leader (o leaderino) di turno. Questo cerchio si estende a tutte le istituzioni: tutta la giunta (che deve essere sotto controllo e sotto la sua minaccia) e poi anche tutto il consiglio regionale (e questa è una novità).

Quindi parte il secondo veto: niente Nichi Vendola. La motivazione ufficiale è la stessa: “C’è bisogno di discontinuità!”.

Ma viene da chiedersi: quanto profonda deve essere questa discontinuità? E discontinuità dal tuo stesso partito, dalla tua alleanza e da chi ti ha portato su e sostenuto fino ad oggi?

E, soprattutto, quanto debole deve essere un candidato perché sia accettabile da Decaro?

E poi: ma Decaro non era mister preferenze? Con la forza di 500’000 voti con cui è andato da sindaco di Bari in Europa di chi dovrebbe avere paura?

Forse però, in quel magnifico exploit del sindaco barese, c’entra un pochino Emiliano… E, sempre forse, il nostro è un po’ ringalluzzito e sogna in grande senza preoccuparsi troppo di costruire un vero consenso che risponda a lui. Come dire: si è vestito delle penne del pavone (Emiliano) e ora vorrebbe che fossero sue soltanto ma la prova dei fatti potrebbe smentirlo. Ed infine, sempre forse, anche un oratore come Vendola sarebbe un ostacolo ad una navigazione senza limiti e confini.

Nel frattempo le voci si rincorrono: “Decaro è pilotato da una forza maggiore che non si fa vedere”; “Decaro è teleguidato da Renzi”; “No Decaro ha un asse con Bettini e Conte”; “Ve lo dico io, Decaro punta più in alto: punta a sfidare Schlein per la segreteria”.

Così restiamo qui, un po’ interdetti, un po’ curiosi di vedere la prossima puntata di questa telenovela. 

L’unica cosa certa è che questi personaggi sono pavidi. E preoccupati di avere sempre un “cadrega” pronta per sedersi quando la musica cessa. Come nel gioco che si faceva da bambini. Solo che per loro questo gioco non finisce mai…

Andrea Bicocchi
Andrea Bicocchi
Imprenditore, editore de "Lo Schermo", volontario. Mi piace approfondire le cose e ho un'insana passione per tutto quello che è tecnologia e innovazione. Sono anche convinto che la comunità in cui viviamo abbia bisogno dell'impegno e del lavoro di tutti e di ciascuno. Il mio impegno nel lavoro, nel sociale e ne Lo Schermo, riflettono questa mia visione del mondo.

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