Il garfagnino che ispirò il Presidente Biden

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Questa, è una storia che unisce due realtà molto lontane eppure straordinariamente vicine.

La prima è quella che popola, insieme alla pandemia in atto, la cronaca internazionale di maggior attualità, ovvero la notizia che vede come sempre più certa, ora dopo ora, la conferma dell’elezione a quarantaseiesimo presidente degli Stati Uniti d’America di Joe Biden, nato nel 1942 a Scrancton, Pennsylvania. L’altra è quella di un’impresa di un uomo partito dalla Garfagnana più di un secolo fa e diventato il più grande impresario teatrale e cinematografico del pianeta.

Ad unire queste realtà, la Pennsylvania da una parte e la Garfagnana dall’altra, è la città di Scrancton, che dopo Philadelphia e Pittsburgh è la terza più grande dello Stato e capitale della Contea di Lackwanna. Proprio come la rinomata tenacità garfagnina, questa cittadina sembra aver concentrato nel suo Dna, una forte propensione all’impresa e allo sviluppo non solo personale. Si è contraddistinta per essere la prima città dove nel 1880 è stata introdotta l’elettricità, ancor prima che New York ( dove apparve nel 1882). L’”Electric City” , come veniva chiamata, era soprannominata anche “La Parigi della Pennsylvania”, appunto, “la città dei lumi”, diventando anche la città di riferimento di un importante Centro Ferroviario. Oltre a questo, c’era un altro aspetto di rilievo, che forgia e nutre il “benessere” di una comunità, sempre: il tessuto culturale. Nucleo pulsante di quel tessuto è il teatro cittadino. Una di quelle “cose” che oggi equipariamo alle sale da bingo e che ora, nel 2020, anche al di là delle emergenzesanitarie, sono fisiologicamente considerati “superflui”, carrozzoni per perditempo ( questo mentre piovono milioni di visualizzazioni su videoclip musicali gravi e aggravanti in stile signora “Niente Covid” , prodotti e alimentati dall’analfabetismo funzionale per il quale abbiamo la colpa di non cercare vaccino, anzi, di incrementare).

Il teatro, a Scrancton ( paese natale anche dell’autore del musical Grease) ha accolto produzioni molto importanti, con Joan Crawford, Harry Houdini, George Burns, I frattelli Marx, insomma, la storia più densa di fascino e intensità creativa degli States di quegli anni e non solo, quel tipo di vitalità che ritroviamo in film recente come The Greatest Showman. Quel Teatro eri il “Poli”.

E qui veniamo all’altra parte della storia. Il Teatro fu costruito nel 1907 da Silvestro Zefferino Poli, un immigrante italiano, partito dalla Garfagnana, figurinaio di Coreglia, con l’abilità della scultura ma soprattutto intelligente, forte e visionario, come si confà con la tradizione della nostra comunità lucchese,

Si è guadagnato da vivere facendo inizialmente l’imprenditore alimentare, con le cialde – i cialdoni che verso Gallicano e Bolognana si fanno con i testi e si mangiano con la panna – e investendo, con intuito, in quello che era il suo progetto: affinché le persone si realizzassero, c’è necessità che i loro sogni si alimentino con il benessere che producono le emozioni.

Il Poli, allora, comincia ad organizzare le prime “vaudeville” ( spettacoli di varietà e cinematografo, proiettando i films dei fratelli Lumière), diventa il “signor Wonderland”, e costruisce una fitta rete di teatri.

Dalla Garfagnana, con le mortificazioni quotidiane subìte nel sentirsi additato come immigrato ( “quando succedeva qualcosa, non era tanto l’attenzione sull’accaduto ad emergere, quanto il fatto che avesse coinvolto degli immigrati”, si racconta in un documento del tempo). Con tutta la forza delle sue risorse uniche e insostituibili –sulle quali ognuno potrebbe sempre puntare – nel contesto giusto della grande crescita economica degli Stati Uniti D’America, il garfagnino Poli diventa il più importante impresario teatrale e cinematografico del pianeta. Ad un certo punto, dopo una tragedia familiare – gli morì l’unico figli ed erede, Edward – vendette il suo patrimoio alla Fox, e lì cominciò un’altra storia.

Il Poli, a Scrancton, fu il primo teatro di alta classe nella città, dove in programma c’erano film, vaudeville e l’opera, con una storia teatrale molto significativa. E facendo moltissimo per lo sviluppo della città. E infatti la strada dove era, la Wyoming Avenue, era conosciuta come la “Great White Way”. Luogo di ispirazione, sostegno e speranza. Il Poli ha aiutato la città anche dando uso del teatro per raccogliere fondi per gli ospedali della zona e ha sempre affermato che il teatro potesse essere luogo di incontro per i lavoratori che passavano i loro giorni nelle miniere di carbone o nelle ferrovie, e che nella facoltà ricreativa delle emozioni potessero rigenerarsi e avere sempre innanzi un orizzonte di crescita. Il Poli, poi chiamo Ritz, ha nutrito profondamente gli animi e l’ispirazione dei suoi concittadini, dato lo straordinario impatto culturale che aveva. Tutto o suoi abitanti, anche il piccolo Biden, rimasto a Scrancton fino all’età di 10 anni. Non abbiamo prove, al momento, ma vista la diffusa cultura ed educazione della città, sarà sicuramente stato al Riz Theatre almeno una volta.

Biden – e non ne facciao una riflessione politica – ha affrontato sicuramente un percorso personale in salita. Accadimenti e perdite personali, ferite, stop ingenerosi, eppure, già a 29 anni eletto senatore del Delaware e quindi vice presidente di Obama e adesso, a 78 anni, mister president. Sembra quasi di assistere ad un grande atto di teatro. Come lo è ogni nostra azione e reazione.

Il Teatro insegna che le relazioni umane hanno una trama e il nostro modo di agire e reagire è la risposta alle domande che ci angosciano oltre ad essere la definizione di ciò he siamo.

Questa storia racconta molte cose. Racconta dell’importanza delle radici per godere dell’ossigeno. L’importanza della fantasia e della necessità del coraggio per ogni impresa, piccola e grande, in primis la nostra attuale resilienza quotdiana. L’importanza di “essere in forma”, che sta anche nella capacità di reagire velocemente, adattarsi con eleasticità ai moti imprevisti e cogliere le opportunità. L’importanza di raccontare le storie e fare memoria, che è l’unica nostra vera “salvezza”. L’importanza delle emozioni e l’ingrediente “segreto”, quello dell’amore. Il “prendersi cura”, malgrado tutto, e ostinatamente. Sempre.

(Un particolare e sentito ringraziamento alla dott.ssa Marinella Mazzanti e alla Fondazione Museo Cresci di Lucca).

Debora Pioli
Debora Pioli
Pianista e italianista di formazione, con specializzazione in comunicazione politica, dell’arte e della differenza di genere. Librettista d’opera, autrice di prosa e poesia, lavoro come content strategist e personal writer. Madre di Viola e Leonardo. Mi piace stare “Oltre Lo Schermo.”

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